Spiegazione ufficiale del CIO su Imane Khelif: perché le è permesso di partecipare alle Olimpiadi
Il clamore mediatico che ha accompagnato la partecipazione alle Olimpiadi della pugilatrice, Imane Khelif, e più ancora la vittoria contro l'italiana, Angela Carini (ritiratasi dopo aver subito un colpo in pieno viso), ha spinto il CIO a intervenire ufficialmente nella vicenda. Lo aveva già fatto nei giorni scorsi per ribadire come non ci fossero affatto ombre sulla verifica del sesso dell'algerina, accertata da documenti ufficiali e comprovata da riscontri analitici: è una donna, non un "uomo" (tesi avanzata da chi aveva acceso i riflettori sui valori di testosterone presenti nel sangue) né una persona trans. E ha tutto il diritto di competere ai Giochi di Parigi.
"Troppo dolore, fa malissimo", sono state le prime parole dell'azzurra che ha spiegato come si è sentita dopo aver abbandonato il ring: abbastanza per rinfocolare la polemica contro la nord-africana e, anche se non è nelle sue intenzioni, dare sponda a chi già dalla vigilia ha soffiato sul fuoco dell'ingiustizia definendo il match "non equo" e quello dell'identità di genere (divenuta terreno di scontro politico). Il comunicato del Comitato Olimpico tira una linea spartiacque e traccia la strada per il futuro.
"Ogni persona ha il diritto di praticare sport senza discriminazioni – è l'incipit della nota nel solco dell'inclusività e dei regolamenti -. Tutti gli atleti che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 rispettano i regolamenti di ammissibilità e di iscrizione della competizione, nonché tutti i regolamenti medici applicabili stabiliti dalla Paris 2024 Boxing Unit (PBU). Come per le precedenti competizioni olimpiche di pugilato, il sesso e l'età degli atleti si basano sul loro passaporto".
Tra le righe c'è anche il riferimento specifico (anche se non menzionate direttamente) a Khelif e alla taiwanese Lin Yu-tin che pure è finita nell'occhio del ciclone per le stesse motivazioni. Tutto nasce dalla decisione dell'IBA di estrometterle dalla scorsa edizione dei Mondiali di boxe a competizione in corso in seguito all'esito dei riscontri ottenuti sul DNA. Il caos odierno si spiega anche così: frutto non solo della differenza di approccio, di strane manovre ai vertici della governance ma soprattutto della lotta di potere che s'è scatenata da quando il CIO (in base all'articolo 3.7 della Carta olimpica) ha di fatto disconosciuto lo status dell'International Boxing Association come Federazione Internazionale, decisione confermata anche dalla sentenza del Tribunale Arbitrale dello Sport.
"Abbiamo visto nei resoconti informazioni fuorvianti su due atlete donne che gareggiano alle Olimpiadi di Parigi 2024. Le due atlete gareggiano da molti anni in competizioni internazionali di pugilato nella categoria femminile, tra cui le Olimpiadi di Tokyo 2020, i Campionati del mondo dell'International Boxing Association (IBA) e i tornei sanzionati dall'IBA. Questi due atleti sono stati vittime di una decisione improvvisa e arbitraria da parte dell'IBA. Verso la fine dei Campionati mondiali IBA del 2023, sono stati improvvisamente squalificati senza alcun giusto processo. Secondo i verbali dell'IBA disponibili sul loro sito web, questa decisione è stata inizialmente presa solo dal Segretario generale e dall'Amministratore delegato dell'IBA. Il Consiglio direttivo dell'IBA l'ha ratificata solo in seguito e solo in seguito ha richiesto che una procedura da seguire in casi simili in futuro fosse stabilita e riflessa nei Regolamenti IBA. I verbali affermano anche che l'IBA dovrebbe stabilire una procedura chiara sui test di genere".
Dov'è il marcio? Il CIO mette un dito nella piaga quando cita il caso di Khelis e Lin Yu-tin e fa riferimento al trattamento ricevuto, allora come oggi, dalle due pugilatrici. "L'attuale aggressione si basa interamente su questa decisione arbitraria, presa senza alcuna procedura adeguata, soprattutto considerando che questi atleti gareggiavano ad alti livelli da molti anni. Un simile approccio è contrario alla buona governance. Le regole di ammissibilità non devono essere modificate durante la competizione in corso e qualsiasi modifica alle regole deve seguire le procedure appropriate e basarsi su prove scientifiche. Il CIO si impegna a proteggere i diritti umani di tutti gli atleti che partecipano ai Giochi Olimpici, come da Carta Olimpica, Codice Etico del CIO e Quadro Strategico del CIO sui Diritti Umani . Il CIO è addolorato per gli abusi che i due atleti stanno attualmente subendo".