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Olimpiadi Tokyo 2020

“Siamo sicuri che è una donna?”: l’orrendo sospetto sull’argento nei 200 femminili alle Olimpiadi

Christine Mboma ha vinto la medaglia d’argento nei 200 metri alle Olimpiadi di Tokyo, ma c’è chi getta pesanti ombre sulla sua strepitosa prestazione. La 18enne namibiana ha realizzato un tempo pazzesco, nuovo record mondiale Under 20. “È una chiara ingiustizia nei confronti delle donne che sono sicuramente donne”, l’attacco durissimo.
A cura di Paolo Fiorenza
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Non c'è pace per Christine Mboma, 18enne atleta namibiana già oggetto di polemiche nell'avvicinamento alle Olimpiadi. La giovane velocista e mezzofondista africana era stata estromessa ad inizio luglio dalla partecipazione ai 400 metri olimpici – nei quali aveva uno dei migliori tempi stagionali al mondo – per il livello troppo alto di testosterone, stessa sorte riservata alla connazionale e coetanea Beatrice Masilingi. Due giovanissime dai tempi mostruosi sulle quali si era abbattuta la World Athletics, regolamento alla mano: negli eventi femminili dai 400 metri al miglio il livello di testosterone non deve infatti superare un certo limite.

Secondo il Comitato Olimpico della Namibia, alle due ragazze è stato riscontrato "un livello naturale di testosterone alto" dopo che si sono sottoposte a test specifici per atleti con differenze di sviluppo sessuale. Mboma e Masilingi hanno una condizione che si chiama iperandrogenismo, ovvero appunto una eccessiva produzione di ormoni sessuali maschili da parte delle ghiandole endocrine: è la stessa situazione in cui versa la campionessa sudafricana Caster Semenya – due volte medaglia d'oro olimpica negli 800 a Londra e Rio – a sua volta fermata nel 2019, dopo l'introduzione del nuovo regolamento. La Federazione internazionale adesso impone che le atlete che superino il limite di 5 nanomoli di testosterone per litro di sangue debbano sottoporsi ad un trattamento farmacologico per abbassarlo e rientrare nei parametri, se vogliono partecipare alle competizioni sulle distanze che vanno dai 400 metri al miglio.

Queste atlete non possono dunque iscriversi a 400, 800, 1500 metri e miglio. Christine Mboma ha ripiegato allora – si fa per dire – sui 200 metri, dove ha piazzato un'altra prestazione pazzesca sulla pista dello Stadio Olimpico di Tokyo: medaglia d'argento col tempo di 21"81 – record mondiale Under 20 – dietro la giamaicana Elaine Thompson, sopravanzando di 6 centesimi la statunitense Thomas. Una grande gioia per la 18enne namibiana, offuscata dalle parole rivoltele dopo la corsa dall'ex velocista polacco Marcin Urbas, che ci è andato giù durissimo: "Vorrei chiedere alla Mboma un test approfondito per essere sicuri che sia una donna. Il suo vantaggio di testosterone sulle altre partecipanti è visibile ad occhio nudo. Nella corporatura, nel modo di muoversi, nella tecnica, è schiacciante anche in velocità e resistenza. Ha i parametri di un ragazzo di 18 anni, a quell'età il mio personale era di 22"01, guardate il suo tempo a Tokyo".

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Dal canto suo, la giovane namibiana è assolutamente dentro le regole per quanto riguarda la sua partecipazione ai 200 metri, avendo ricevuto l'autorizzazione a competere a Tokyo da parte del Comitato Olimpico Internazionale. Tuttavia secondo Urbas è ingiusto che la Mboma stia battendo i record mondiali juniores con estrema facilità grazie alla sua situazione ormonale: "Con la progressione e il miglioramento della sua tecnica, presto scenderà a 21 secondi nei 200 metri e a 47 secondi nei 400 metri. È una chiara ingiustizia nei confronti delle donne che sono sicuramente donne". Al di là del merito della vicenda, non deve essere facile a 18 anni vivere tutto questo per Christine. E le polemiche sono destinate a proseguire.

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