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Semenya si sfoga, le chiama torture: “A 18 anni dissi ai giudici ‘Vi faccio vedere la vagina’”

“Pensavano avessi il c***o”. Inizia così il racconto di Caster Semenya nell’intervista con HBO Real Sports. La vicenda personale ne ha fatto uno dei simboli degli atleti con differenze nello sviluppo sessuale. “Mi hanno fatto ammalare, mi hanno fatto ingrassare, avevo attacchi di panico… temevo anche mi venisse un colpo al cuore”.
A cura di Maurizio De Santis
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Caster Semenya ha attaccato duramente in vertici dell'Atletica Leggera internazionale.
Caster Semenya ha attaccato duramente in vertici dell'Atletica Leggera internazionale.

Caster Semenya oggi ha 31 anni e da quando ne aveva 18 combatte contro i pregiudizi, i sospetti, le allusioni più mortificanti sui tratti del viso, sulla muscolatura e perfino sulla voce. Per due volte è stata campionessa olimpica sugli 800 metri poi d'un tratto quella distanza (e non solo) per lei è divenuta un tabù. "Secondo la World Athletics e i suoi membri – disse con amarezza – sono un maschio se devo correre i 400 metri, gli 800, i 1500 e il miglio. Invece sono una femmina nei 100, 200 metri e negli eventi a lunga distanza. Che sciocchezza è mai questa?".

I ricorsi alla Corte Arbitrale dello Sport (Tas) e alla Corte Suprema Federale Svizzera sono stati respinti. La mezzofondista e velocista africana non ha potuto difendere alle Olimpiadi di Tokyo i titoli che aveva conquistato a Londra 2012 e Rio 2016. Ma non si è arresa facendo appello anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo. In attesa è scesa in pista su distanze più lunghe, registrando a marzo anche un ottimo tempo di 8′ e 54″ su 3.000 metri.

"Pensavano avessi il cazzo", ha raccontato Semenya in un’intervista con HBO Real Sports. Niente giri di parole, lo scontro con i vertici dell'Atletica Leggera è totale. Quando aveva 18 anni ai giudici di gara che dubitavano della sua identità rispose in maniera molto diretta: "Sono una femmina. Se vuoi vedere che sono una donna, ti faccio vedere la vagina. Va bene?".

L'atleta sudafricana è due volte campionessa olimpica sulla distanza degli 800 metri.
L'atleta sudafricana è due volte campionessa olimpica sulla distanza degli 800 metri.

La vicenda personale ne ha fatto uno dei simboli degli atleti con differenze nello sviluppo sessuale. Biologicamente e legalmente donna (la Federazione internazionale la sottopose anche ad alcuni test per accertarne il sesso) ma costretta per la sua "diversità" a fare una scelta: accettare la somministrazione di farmaci, alcuni molto pesanti e dagli effetti collaterali tanto devastanti quanto pericolosi, sottoporsi a un'operazione oppure dire addio alle gare femminili per cimentarsi tra gli uomini.

Qual è la causa della sua "diversità"? Semenya è nat con testicoli interni e soffre di iperandrogenismo che provoca un livello alto di produzione di ormoni maschili, il testosterone, da parte delle ghiandole endocrine, surreni e ovaie. Una concentrazione nel sangue superiore ai 5 nanomoli per litro è la soglia di sbarramento per essere considerata biologicamente (secondo le norme della Iaaf) non più una donna ma un uomo. Il suo caso è stato preso sotto l'ala protettiva di Human Right Watch che ha evidenziato come non vi sia alcuna evidenza scientifica né degli standard di femminilità strettamente legati ai livelli di testosterone né sul fatto che un parametro maggiore di quest'ultimo migliori le prestazioni.

Semenya ha fatto ricorso anche Corte europea dei diritti dell’uomo per vedere affermato il diritto a correre anche le gare dalle quali è stata interdetta alla Iaaf.
Semenya ha fatto ricorso anche Corte europea dei diritti dell’uomo per vedere affermato il diritto a correre anche le gare dalle quali è stata interdetta alla Iaaf.

"Torturata". È l'espressione molto forte che adotta per accusare la Federazione internazionale di averla obbligata a sottoporsi a terapie che – dice – hanno rischiato perfino di provocarle un infarto. "È stato come pugnalarmi con un coltello ogni giorno", ha aggiunto per rendere bene l'idea su quanto sia rimasta provata dalla necessità indotta di abbassare artificialmente il suo livello di testosterone per gareggiare tra le donne. "Mi hanno fatto ammalare, mi hanno fatto ingrassare, avevo attacchi di panico… temevo anche mi venisse un colpo al cuore. Avevo 18 anni, volevo correre, volevo arrivare alle Olimpiadi. E non avevo scelta".

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