Rugbista sarà risarcita con 10 milioni per un placcaggio: “Fu eseguito per vendetta, con disprezzo”
La sentenza dell'Alta Corte è senza precedenti. La giocatrice di rugby, rimasta paralizzata dopo un placcaggio durante una partita del campionato di quinta divisione inglese, ha vinto la causa: aveva citato in giudizio l'avversaria per le lesioni gravissime subite. Il tribunale inglese ha accolto le motivazioni delle querelante e ha disposto un risarcimento di dieci milioni di sterline (poco più di undici milioni in euro).
Un verdetto che fa giurisprudenza per lo sport dilettantistico femminile e segna una linea spartiacque rispetto al futuro: Dani Czernuszka, 34 anni, all'epoca tra le fila delle Sirens del Club Rams di Reading, dal 2017 è in sedia a rotelle per quell'incidente di gioco che il giudice ha ritenuto volontario (anche se non con l'intenzione di arrecare un danno del genere).
Dietro il gesto tecnico e atletico di Natasha King (delle Bracknell Ladies, riconosciuta colpevole) c'era un impulso differente rispetto a quello agonistico. "Un deliberato atto di ritorsione escogitati per schiacciare la mia cliente sebbene non avesse intenzione di ferirla", è la posizione espressa dall'avvocato della ricorrente, Robert Weir KC.
Cosa l'aveva spinta a comportarsi in quel modo? L'ipotesi della vendetta di gioco, rivelatasi credibile per il Tribunale, era scaturita da un'azione precedente durante la quale, nonostante la stazza maggiore, non era riuscita ad afferrare la rivale. Per la rabbia e l'adrenalina s'era lasciata sfuggire un'espressione minacciosa: "Quel fo***to numero sette, la spezzerò!", è la frase contenuta nella deposizione di Czernuszka a corredo della tesi che l'animosità del placcaggio fosse sproporzionata. La vigoria utilizzata nascondeva altro: voglia di rivalsa messa in atto a mo' di rappresaglia.
La difesa aveva puntato tutto sul "rischio implicito di infortunio", che la parte lesa aveva accettato praticando una disciplina dove c'è un certo tipo di contatto fisico, e sull'accidentalità dell'evento. Non era una ripicca né un regolamento di conti, solo uno scontro di gioco che ha avuto conseguenze inattese.
Il giudice, Martin Spencer, è stato di diverso avviso e nel pronunciare la sentenza ha parlato di atto "eseguito con sconsiderato disprezzo. Stava cercando un'opportunità per vendicarsi, la nebbia rossa era metaforicamente scesa sugli occhi dell'imputato. Ha agito senza alcun riguardo per la sicurezza dell'avversaria".
Il verdetto è entrato nel merito dell'azione compiuta offrendo anche una spiegazione tecnica della dinamica del placcaggio effettuato in un modo che non è riconosciuto nel rugby. "Ha spinto l'avversaria all'indietro e, soprattutto, verso il basso usando tutto il suo peso e la sua forza per schiacciarla compiendo una manovra che era pericolosa e suscettibile di causare lesioni".
L'indennizzo cospicuo non restituirà certo l'uso delle gambe e una ‘vita normale' a Dani Czernuszka (oggi madre di 3 figli) ma le consentirà anzitutto di adottare tutti gli accorgimenti tecnici e architettonici necessari per aiutare una persona nelle sue condizioni a vivere in una casa che sia anche a sua misura.
La donna adesso è impegnata su un altro fronte (assieme al marito si occupa della raccolta fondi per persone disabili) e non ha abbandonato la propria passione per lo sport. Ha solo cambiato disciplina ma è rimasta intatta nonostante tutto: ora è una giocatrice di hockey su ghiaccio e fa parte della nazionale speciale.
"Questa sentenza fa chiarezza anche rispetto a tante falsità che erano state dette su di me – ha ammesso Czernuszka -. Quanto accaduto non è certo per colpa del rugby ma resto delusa per l'atteggiamento dell'avversaria, dei suoi tecnici e dell'arbitro".