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Rio 2016, tuffi: Mears e Johnson più forti della paura

Sette anni fa, Mears è rimasto in coma tre giorni: gli davano il 5% di possibilità di sopravvivere. Il 21 gennaio 2009 Steele Johnson sbatteva la testa sulla piattaforma in allenamento. Il tuffo che l’ha quasi ucciso gli riesce meglio di tutti. A Rio hanno entrambi vinto una medaglia nel sincro.
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Tougher than the rest. Chris Mears e Steele Johnson hanno in comune ben più di una medaglia olimpica nei tuffi a Rio 2016. Sette anni fa, quasi negli stessi giorni, hanno rischiato di morire. Ma non hanno permesso al dolore e alla paura di cancellare un sogno.

Mears, 3 giorni di coma – Mears, oro a sorpresa nel sincro da 3 metri con l'amico Jack Laugher, con cui per anni si è allenato a Leeds dividendo anche la camera, a tre anni ha perso la madre per un cancro al seno. A 16 anni, a gennaio del 2009, è già una promessa della disciplina in Gran Bretagna. È a Sydney per lo Youth Festival quando scoprono che ha contratto il virus di Epstein-Barr, responsabile anche della mononucleosi e di alcuni tipi di linfoma. Quando arrivò in ospedale i medici gli diedero soltanto il 5% di speranze di sopravvivenza. I medici lo rimandano a casa, ma il dramma è appena iniziato. Tornato in albergo, soffre di una crisi che dura sette ore. Quando papà Paul e la sua nuova compagna Katy lo riportano in ospedale, Chris è in coma. I medici non gli danno più del 5% di possibilità di sopravvivere. Chris si risveglia dopo tre giorni. Per i dottori rischia danni al cervello e disabilità fisiche, ma le sue capacità di recupero si rivelano prodigiose.

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"La vita è breve" – Ha una cicatrice all'addome lunga 12 centimetri, ma dopo diciotto mesi è già sul trampolino, di nuovo, per i Giochi del Commowealth del 2010. “Quando ti dicono che hai il 5% di possibilità di sopravvivere, allora cominci a vedere la vita in una prospettiva diversa” ha detto al Telegraph. “È fantastico aver superato un momento così, mi ha reso una persona più forte, più determinata, mi ha fatto lavorare ancora più duro”. Ha rimesso in piedi la strada verso un sogno con il quinto posto a Londra 2012 e l'oro ai Giochi del Commonwealth 2014. “Nel 2009 non ero uno che si allenava tanto, la vita mi passava davanti e non mi concentravo troppo su quello che facevo. Quello che ho passato mi ha insegnato, per quanto possa essere triste, che la vita è breve e una serie di cose che la gente normalmente non vuole sentire”.

Produce musica – Così ha continuato a inseguire tutte le sue passioni. Perché Chris, che si sta abituando ad essere chiamato campione olimpico, ha un temperamento artistico. È un modello e un produttore di musica elettronica con un contratto già firmato con Universal. Grazie al suo agente, lo stesso di Nico le Scherzinger, ex fidanzata di Lewis Hamilton, ha già partecipato a diversi dj set anche a Ibiza e pubblicato il suo primo singolo, Mexico, distribuito l'anno scorso in America latina. “Non è solo un hobby per me” ha detto Mears, “è quello che voglio fare nella vita quando avrò smesso con i tuffi. È importante per me avere una valvola di sfogo e non dedicarsi solo allo sport”.

Johnson come Louganis – Quasi nello stesso momento, il 21 gennaio 2009, Steele Johnson si sta preparando a una mattina di allenamento come le altre. Ha 12 anni, ma ha già scelto i tuffi come la sua strada. Oggi che ha conquistato un argento storico dalla piattaforma, nel sincro con Boudia, rivela che il suo preferito è da sempre il triplo e mezzo raggruppato. Il tuffo che quel giorno di sette anni fa l'ha quasi ucciso. Come Greg Louganis a Seoul 1988, Johnson sbatte con la testa sulla piattaforma. Precipita nell'acqua senza conoscenza. È immobile mentre il cranio si apre e l'acqua si tinge di rosso.

Si fa crescere i capelli – Il coach, John Wingfield, gli tiene ferma la testa in attesa dell'ambulanza. “Me l'ha tenuta insieme” ha ammesso Johnson, “mi ha salvato la vita”. In ospedale gli inseriscono un tubicino nella ferita per drenare il cloro e gli ricuciono la ferita con 33 punti. Non lo trattengono per la notte, lo rimandano a casa. Da allora ha visto solo le fotografie dell'incidente, e ha nascosto la ferita facendosi crescere i capelli. C'era anche un video, pubblicato sulla piattafo TiVo, ma coach Wingfield l'ha immediatamente fatto cancellare. Johnson, forse troppo piccolo per tentare un tuffo così difficile, è talmente su di giri per essere sopravvissuto da tornare sulla piattaforma appena un mese dopo. E a fine anno vince due ori e un argento ai Campionati Panamericani junior a Calgary, in Canada. La fede, che ha salvato anche Boudia dal vizio del fumo e dai tentativi di suicidio, fa il resto.

La fede lo salva – “Allora ero incredibilmente egoista” ha raccontato. “Poi ho capito. Dio mi ha dato l'abilità di tuffarmi. Sì, ho avuto quell'incidente. Capita. Ma ho ancoa quell'abilità, e ho ancora la passione per i tuffi. Non ho più il desiderio egoista di essere il ragazzo che è quasi morto ed è arrivato alle Olimpiadi. Ora sento che Dio mi ha tenuto in vita e mi ha dato la possibilità di fare quel che faccio”.

Problemi di memoria – Solo lo scorso gennaio, in occasione del settimo anniversario dell'incidente, Johnson ha accettato di raccontare tutta la storia in una video-confessione su Yutube. Per la prima volta, ha parlato apertamente delle sue difficoltà di memoria, dei suoi problemi a ricordare parti della sua vita prima e dopo l'incidente. Problemi di cui non aveva mai parlato, nemmeno con il suo storico coach al college, a Purdue, Adam Soldati. “Per anni l'ho tenuto nascosto praticamente a tutti” ha spiegato. “La mia ragazza di recente mi ha aiutato molto a recuperare la memoria. Perché se due settimane fa mi hai detto qualcosa, è molto probabile che non riuscirò a ricordarla. Ora va meglio, ma ho ancora molti buchi sulla mia vita prima del 2008. E anche dopo”. Per esempio, ha confessato, “nel 2013 sono andato a un concerto ma non lo ricordo. Ho dovuto guardare un video per provare ad avere un senso di quell'esperienza”.

Triplo e mezzo – L'aspetto più curioso di tutta la storia, conclude, “è che il triplo e mezzo, il tuffo che mi ha quasi ucciso, è quello che mi riesce meglio”. Tough as Steele, forte come l'acciaio, titolava l'Associated Press giocando col suo nome. Più forte di tutti. Più forti della paura.

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