Italia, tonfi e trionfi a Rio 2016: Pellegrini, Campriani, sorpresa Viviani
Meglio del previsto. A Rio l'Italia fa un po' di conti e torna a casa con 28 medaglie. Contando solo ori e argenti, si tratta della sesta migliore Olimpiade di sempre per gli azzurri, a quota 20 compresa la nazionale di volley spinta dallo zar Zaytsev, da Juantorena e dal baby Giannelli che spera di centrare il primo oro olimpico, sfuggito vent'anni fa alla generazione di fenomeni di Julio Velasco. L'Italia ha chiuso con un bottino migliore solo a Los Angeles 1932 (24), a Roma 1960 e Atlanta 1996 (23), a Sydney 2000 e Atene 2004 (21). Dietro i numeri, però, si nascondono delusioni inattese e belle sorprese.
Atletica – Sono le donne, almeno con i piazzamenti, a regalare gli unici sorrisi all'atletica azzurra, partita senza speranze di medaglia dopo l'infortunio di Tamberi. Manca qualche picco di prestazione al maschile, in termini anche di primati personali, ma il finale è in crescendo. Positivo il quarto posto di Antonella Palmisano, la pugliese delle Fiamme Gialle che dal 2012 si allena a Ostia, nella 20 km di marcia, soprattutto per il calvario di problemi fisici che l'ha condizionata come prima dei Mondiali dell'anno scorso, dove fu quinta.
Come Alessia Trost, in una finale dell'alto del tutto rovinata da una progressione scriteriata (1.88-1.93-1.97-2.00 m). La friulana, che ha un personale di 1.98 ma dal 2013 non supera il metro e 94, si ferma a quota 1.93. Peccato soprattutto per il primo tentativo a 1.97, mancato davvero di poco: le avrebbe garantito la possibilità di lottare per l'oro, assegnato alla misura più bassa dal trionfo di Sara Simeoni a Mosca 1980. Di più non si poteva chiedere, invece, alla 4×400 azzurra che ha migliorato il record italiano in semifinale (3:25.16) e centrato la seconda finale olimpica di sempre per l'Italia nella staffetta lunga.Chigbolu, Spacca, Folorunso e Grenot (ottava sui 400) hanno eguagliato quello storico sesto posto di Patrizia Lombardo, Cosetta Campana, Marisa Masullo ed Erica Rossi a Los Angeles 1984.
Nuoto – In vasca, rispetto a Londra è cambiato poco per il nuoto azzurro. Quattro anni fa, l'Italia aveva chiuso con otto finali e due semifinali, a Rio il bilancio racconta di quattro semifinali, sei finali e tre medaglie: l'oro di Paltrinieri e i due bronzi di Detti. Il toscano ha migliorato di sei secondi il suo personale nei 1500 di sei secondi e nei 400 ha costruito il bronzo sfiorando il record italiano di Rosolino vecchio di sedici anni. Solo un altro azzurro ha migliorato il suo personale, Luca Dotto sui 50 stile, al suo miglior tempo dall'argento mondiale del 2011.
Resta comunque, questa, l'Olimpiade di Paltrinieri che domina i 1500 con il quarto miglior tempo al mondo di sempre e regala all'Italia l'ottavo oro olimpico, a otto anni dall'ultimo trionfo targato Federica Pellegrini, insieme portabandiera e delusione azzurra. Il bis Paltrinieri-Dotto, prima volta che l'Italia porta due uomini sul podio in una stessa gara olimpica dai tempi di Domenico Fioravanti e Davide Rummolo nei 200 rana a Sydney 2000, è il primo sigilli del centro federale di Ostia, coordinato dal tecnico Stefano Morini (già vice di Alberto Castagnetti) dall'autunno del 2010.
Tuffi – Così, l'azzurro delle piscine (anche se l'acqua era più che altro verde per problemi ai filtri certo indegni di un'Olimpiade) è soprattutto l'azzurro di Tania Cagnotto che con Francesca Dallapè si è presa l'unica medaglia che le mancava all'ultima gara della carriera e ha dimenticato il podio sfumato a Londra per 20 centesimi.
Pallanuoto – Unica nazione a portare entrambe le squadre, maschile e femminile, alle semifinali di pallanuoto, l'Italia ha chiuso con due podi dai toni più che positivi. “E' un miracolo sportivo” ha detto il ct Fabio Conti, una bella chiusura di carriera per Tania Di Mario. Meritatissimo il bronzo del Settebello, fermato solo in semifinale dalla fortissima Serbia, al secondo podio olimpico consecutivo.
Scherma – È un po' mancata, tra le discipline che tradizionalmente regalano all'Italia i bottini migliori ai Giochi, la scherma. Difficile, certo, ripetere le sette medaglie di Londra, anche perché mancavano il fioretto femminile a squadre (oro quattro anni fa) e la sciabola maschile a squadre (bronzo a Londra), perché le fiorettiste a Rio erano due, solo Errigo e Di Francisca, perchè è stata l'Olimpiade della sciabola femminile, presente con due prove, dove l’Italia è più debole. È mancato il sigillo di Arianna Errigo, la numero 1 del mondo che ha chiuso un quadriennio da dominatrice con la delusione più grande, l'eliminazione negli ottavi nella prova individuale Splende l'oro di Garozzo nel fioretto, come gli argenti di Elisa Di Francisca e Rossella Fiammingo, che ha battezzato la spedizione azzurra nella spada femminile (ed era anche avanti 11-7 in finale).
Inatteso, e per questo più bello, l'argento della spada maschile a squadre, fuori un anno fa all'Europeo al minuto supplementare contro la Repubblica Ceca agli ottavi, e battuta a Rio solo da una Francia che dal 2000 domina la specialità. Peccato solo per Garozzo, numero 2 de mondo, frustrato negli ottavi da un Park in grande giornata. È in salute, al di là delle medaglie, la squadra di sciabola maschile (bene Berrè e il debuttante Curatoli, dietro Occhiuzzi e Montano) anche se sono mancate le prestazioni individuali, brucia soprattutto l'uscita di Occhiuzzi al primo turno. Tanti rimpianti, infine, per il quarto posto di Giorgio Avola nel fioretto maschile, per la rimonta subita dal 14-8 dall'americano Alexander Massialas.
Ginnastica – Amaro, amarissimo, il quarto posto di Vanessa Ferrari, alla seconda beffa olimpica consecutiva al corpo libero. “Nel 2012 me l'hanno nettamente rubata, qui potevano darmela o no. E' più o meno la stessa cosa. Recriminazione alla giuria? No, non ho niente da dire” ha detto Vanessa, che si è esibita sulle note del Nessun Dorma, mentre Pavarotti cantava di un mistero chiuso nel profondo dell'anima e di un nome che nessun saprà. Ma il nome di Vanessa lo conosciamo bene. E insegna che non servono medaglie per essere campioni.
Tiro – Niccolò Campriani ha insegnato e ha imparato a non avere paura. Con i due ori, nella carabina ad aria compressa e nella tre posizioni, Campriani ha arricchito la trionfale rassegna olimpica per l'Italia nelle gare di tiro. Un'edizione impreziosita dai titoli di Diana Bacosi (che ha chiuso davanti a Chiara Cainero uno storico gold-medal match fra mamme) e Gabriele Rossetti, che ha rimesso in piedi una finale iniziata malissimo nello skeet e fatto meglio di papà Bruno, bronzo nella fossa olimpica a Barcellona '92. Gli argenti di Pellielo e Innocenti completano l'opera e portano l'Italia al quarto posto nel medagliere di tutti i tempi delle gare di tiro.
Ciclismo – Ma è il ciclismo la sintesi migliore dell'Olimpiade azzurra. Tutti aspettavano Vincenzo Nibali, che però è caduto a 12 chilometri dall'arrivo quando era in testa dopo un fantastico lavoro di squadra. Se dalla strada è arrivato solo il bronzo di Elisa Longo, in pista si festeggia l'oro a sorpresa di Elia Viviani, caduto pure lui ma senza conseguenza, nell'omnium, la prova multipla della pista. Il veronese, sesto a Londra ma in testa prima dell'ultima gara, è migliorato nettamente nell’inseguimento, nel giro lanciato e nel chilometro da fermo: oggi è il corridore più completo in circolazione. Notevole, anche se vale solo il sesto posto finale, il record italiano di Tatiana Guderzo, Silvia Valsecchi, Simona Frapporti e Francesca Pattaro nell'inseguimento a squadre.
Arco e judo – Era lecito attendersi qualcosa in più dal tiro con l'arco, che ha sognato solo con il quarto posto nella gara femminile a squadre (miglior piazzamento azzurro di sempre). Al di sotto delle aspettative Nespoli e Galiazzo tanto nell'individuale quanto nella prova di squadra. Incoraggiante l'atteggiamento del baby David Pasqualucci. Decisamente diverso il rientro della nazionale di judo, tornata con i complimenti di Marcus Vizer, presidente della federazione internazionale, e Thomas Bach, capo del CIO, presente alle finali che hanno portato all'oro Fabio Basile (66 chili), il numero 200 nella storia olimpica azzurra, e all'argento Odette Giuffrida (52 chili). Simboli di un'Italia calcio-centrica che ogni quattro anni trova sempre nuove strade per appassionare.