Rio 2016, Bolt passa la prova del nove per la leggenda
Un fulmine in ultima frazione. Usain Bolt, lanciato da Powell, Blake e Ashmeade, brucia tutti in ultima frazione e conquista per la nona volta consecutiva un oro olimpico. Raggiunge così Paavo Nurmi e Carl Lewis che ha vinto lo stesso numero di ori ma in quattro edizioni e in altrettante specialità (ai 100, 200 e 4×100 va aggiunto il salto in lungo). La terza tripletta 100-200-4×100 lo mette nell'Olimpo dei più grandi di sempre. Argento al Giappone col record asiatico (37.60). E' la finale più veloce di tutti i tempi ai Giochi, con sei nazioni sotto i 38 secondi netti. Gli Usa, inizialmente terzi, vengono squalificati per una violazione della zona di cambio, che è lunga 20 metri. Il cambio incriminato sarebbe il primo: Mike Rodgers avrebbe passato il testimone a Justin Gatlin, secondo le prime ricostruzioni, ancora nella zona di precambio, in quei dieci metri in cui aspetta l'atleta che deve ricevere il testimone, che però può passare di mano solo nella zona designata, né prima né dopo. Il bronzo va così al Canada col nuovo record nazionale (37.64).
Alison molto… Felix – Gli Usa si "accontentano" dell'oro nella staffetta veloce femminile, dopo un percorso decisamente tortuoso. Squalificate per aver fatto cadere il testimone in batteria e poi ripescate perché Allyson Felix è stata disturbata nell'occasione dalla frazionista brasiliana, hanno corso una seconda qualificazione da sole, firmando il miglior tempo. E in finale sono diventate il primo quartetto a vincere un oro olimpico nella 4×100 dalla corsia 1 dal 1972, dal trionfo degli Usa al maschile a Monaco. Tianna Bartoletta, Allyson Felix, English Gardner e Tori Bowie hanno chiuso in un ottimo 41.02, il loro secondo miglior tempo di sempre dopo il 40.82, record olimpico e mondiale, di Londra 2012. Seconda la Giamaica (41.36), che ha pagato il secondo cambio decisamente lungo fra Elaine Thompson e Veronica Campbell-Brown. Shelly-Ann Fraser-Pryce può solo difendere l'argento dall'attacco della sorprendentissima Gran Bretagna, bronzo con il nuovo record nazionale (41.77, migliorato di cinque centesimi): è la prima medaglia olimpica per le britanniche in questa gara da 32 anni.
Staffetta da record – L'Italia si qualifica per la finale con tanto di record italiano nella staffetta 4×400 (3:25.16). Benedicta Chigbolu, Maria Elena Spacca, Ayumide Folorunso e Libania Grenot (alla seconda finale a Rio) confermano come la 4×400 sia il punto di forza della nazionale azzurra da Barcellona 2010. Un bel crescendo per le azzurre, in finale con il sesto tempo assoluto, il terzo per le squadre europee, nel quadro di una spedizione nell'atletica certo non memorabile tanto per piazzamenti quanto per prestazioni, in troppi casi inferiori anche a quanto visto agli Europei di Londra. "Nell'unione c'è la forza" ha detto la Panterita, che tornerà in pista con il quartetto azzurro alle 3 della notte fra sabato e domenica.
Spacca, nomen omen – “Sono troppo felice, ci siamo parlate prima e ci siamo dette che dovevamo arrivare in finale e fare il record italiano”, ha detto Spacca, nomen omen si direbbe, indirizzata all'atletica dal maestro delle elementari, sposata da due anni con Christian Pompa, mezzofondista che si è dedicato agli 800, ai 1500 e ai 3000 siepi.
Chigbolu, nipote d'arte –“Siamo venute qua con tantissima sicurezza e sapevamo che potevamo fare il record italiano e centrare questa finale olimpica" ha aggiunto Chigbolu, l'oro in staffetta ai Giochi del Mediterraneo del 2013, con l'atletica nel sangue: il nonno paterno Julius, infatti, è stato finalista del salto in alto a Melbourne '56, e presidente della Federatletica nigeriana. "Ringrazio tutti per questo, abbiamo fatto un ottimo lavoro a San Paolo e si vede sui cambi che ora sono perfetti”.
Folorunso e Grenot show – “A volte bisogna pensare poco, ma mi sentivo bene in spinta e alla fine continuavo a correre. Quasi non vedevo più Libania, mi chiedevo dove fosse, poi però l’ho lanciata e pregavo che arrivasse questo record!” ha concluso Folorunso, non ha nascosto nemmeno in zona mista la sua profonda fede cristiana (pentecostale, nel suo caso). Nigeriana di origine, ha raggiunto la madre a Fidenza nel 2004, e non ha ancora rinunciato al suo sogno di diventare pediatra. Per fortuna sua e dell'Italia ne aveva eccome in quarta frazione la Panterita, figlia di un sindacalista e di una giornalista, primatista italiana e campionessa europea sui 400, capace di una buonissima progressione in ultima frazione.
5000, Cheruyot vola – Vivian Cheruyot, la campionessa del mondo, si prende di forza i 5000 a Rio con il nuovo record olimpico, 14:26.18, comunque sei secondi più lento del suo personale. E' doppietta kenyana con Obiri secondo e la grande favorita, l'etiope Ayana che cercava la doppietta 5-10 mila, ha evidentemente pagato la stanchezza. Ha provato ad attaccare da molto lontano, come ai Mondiali di Pechino dell'anno scorso. Ma sul cambio di ritmo delle kenyane, capaci di un ultimo 3 mila da 8:23, sotto il parziale che aveva permesso a Tirunesh Dibaba di firmare il record del mondo a Oslo nel 2008, Ayana non ha più tenuto.
Non rapidissima la partenza della lepre, la giapponese Uehara. Il passaggio al primo chilometro è di 2:59.9, decisamente sotto il record del mondo. Ayana prova a far salire il ritmo, con una serie di giri da 65 secondi. L'etiope forza un terzo chilometro da 2:47, ma dietro il trio di kenyane Obiri, Cherono e Cheruiyot, distanti di soli 5 secondi a metà gara, accelera. Cherono si stacca, le altre due agganciano e passano Ayana. Cheruyot, argento a Londra sui 5000 (e bronzo sulla distanza doppia) è la migliore del terzetto sullo scatto, Ayana non ha il cambio secco e sull'accelerazione perde una cinquantina di metri dalle due kenyane. Cheruyot vince così con un tempo inferiore di 13 secondi rispetto al personal beat sulla distanza di Ayana, che oggi è andata quasi tre secondi più piano del suo parziale nei secondi 5 mila nella gara del primato sui 10000.
Asta – E' la gara della grande assente, Yelena Isinbayeva. Diventa la gara del trionfo greco di Ekaterini Stefanidi, la più continua quest'anno, che vive però a Cleveland. E' un trionfo col brivido perché all'ultimo tentativo l'americana Sandy Morris, argento, manca davvero di pochissimo il 4,90 m che le avrebbe dato l'oro: tocca appena l'asticella con la coscia sinistra dopo averla scavalcata e finisce beffata, un po' come Lawson che ha perso l'oro nel lungo per aver toccato la sabbia con la mano sinistra, una trentina di centimetri dietro il punto di atterraggio, all'ultimo salto.
Bronzo alla 19enne neozelandese Eliza McCartney campionessa nazionale a marzo con 4,80 metri, nuovo record d'Oceania e miglior prestazione di sempre per una teenager (l'undicesima nella storia). Un primato eguagliato in finale da Alana Boyd, cui non basta realizzare il miglior salto di sempre per un'australiana nell'asta alle Olimpiadi: i tre errori nelle prime quattro misure la relegano solo al quarto posto.