Rigivan torna a Dragona dopo l’oro: “Chi fa la cacio e pepe più buona lo porto con me a Los Angeles”
“Questa è di Dragona”. Rigivan Ganeshamoorthy appena torna a casa scherza con tutti e risponde così a una signora che affettuosamente gli chiede se la medaglia d’oro che ha al collo è la sua.
Rigivan, detto “Rigi”, è un atleta paralimpico specializzato nel lancio del peso che non ha ormai bisogno di presentazioni. Il primo settembre Rigivan, infatti, ha battuto tre record aggiudicandosi una medaglia d'oro.
Quando torna a casa, nella frazione romana di Dragona, viene accolto da una piazza colma di persone che applaudono mentre l’auto sorpassa lo striscione che recita “Rigi orgoglio di Dragona”.
Al suo arrivo la gente si riversa sulla strada al grido di “Grande Rigi”, gli stringono la mano, si fanno foto con lui e lo acclamano, e lui, con il sorriso che lo caratterizza, mostra la medaglia d’oro, la sua prima medaglia d’oro.
“Prima della gara ho fatto delle prove, sono andate malissimo, il disco non arrivava a 20 metri. Poi sono andato lì con la strizza. Ho detto: cavolo, mò vediamo se riusciamo a coprire almeno, non dico un primato, ma un quarto posto, o un terzo. Invece, spiega Rigivan, è uscito fuori il record del mondo.”
Il suo preparatore atletico, Enrico Ruffini, la pensa diversamente. “Lui, di suo, ha grandi capacità, è un ragazzo eccezionale, dove lo metti farebbe la differenza. Diciamo che il ragazzo era predestinato a vincere qualcosa di importante. Io lo sapevo. E ha vinto l’oro.”
Una volta sceso dall’auto Rigi si dirige nel parco “Donne Vittime del Femminicidio” accompagnato dalla sorella Tujana Ganeshamoorthy, la compagna Alice, il preparatore atletico Enrico Ruffini e la grande folla di amici e conoscenti impazienti di stringergli la mano e abbracciarlo per congratularsi dell’incredibile vittoria.
“Vorresti lanciare un messaggio a tutta Dragona per questa accoglienza?” chiede un cronista a Rigivan che, con la medaglia d’oro stretta tra le mani, gli risponde con il suo classico “Che ve devo dì? Che ne so.” Per poi concludere con una battuta; “Chi fa la cacio e pepe più buona me lo porto a Los Angeles.”