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“Quella ragazza potevo essere io”, l’Italia del volley si ferma in memoria di Mahjabin Hakimi

Un minuto di raccoglimento da osservare in memoria di Mahjabin Hakimi prima della prossima giornata di campionato. Il volley italiano si ferma in maniera simbolica per ricordare la ragazza uccisa dalla barbarie dei talebani. Il dolore di Miryam Sylla: “Lo sport deve rendere le persone libere non vittime. Il mondo ha fallito”
A cura di Maurizio De Santis
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Un minuto di silenzio sui campi della pallavolo per commemorare Mahjabin Hakimi, la giocatrice afgana uccisa e decapitata dai talebani. Un gesto simbolico che sarà osservato nel prossimo week-end di gare per non spegnere l'attenzione su una vicenda drammatica e raccapricciante. "Lo sport deve rendere le persone libere non vittime. Il mondo ha fallito. Mahjabin poteva essere mia sorella, potevo essere io", le parole di Myriam Sylla spiegano bene lo sgomento per quanto accaduto e arrivano a corredo della decisione del presidente della Fipav, Giuseppe Manfredi.

Una giovane ragazza barbaramente uccisa perché ‘colpevole' di amare la pallavolo – si legge nella nota della federazione -. Come tante ragazze della sua età, Mahjabin giocava a pallavolo e sognava di diventare una campionessa. Faceva parte della nazionale giovanile afghana e militava nel Municipality Volleyball Club Kabul. A differenza di alcune sue compagne, non era riuscita nei mesi scorsi a lasciare l'Afghanistan e mettersi in salvo.

La Lega di Serie A femminile intende organizzare con urgenza un'iniziativa per denunciare quanto sta accadendo in Afghanistan e per esprimere la più sincera solidarietà alle vittime del regime talebano. Perché lo sport sia ovunque veicolo di emancipazione, di crescita personale e sociale. E non di morte.

Atleta, donna, capitana. Sylla torna sulla vicenda e non usa giri di parole per esprimere dolore e angoscia, la rabbia che ti sale dentro e non trova sfogo, quella sensazione d'impotenza quando ti trovi di fronte a qualcosa più grande di te. "È una vicenda che riguarda tutti noi, non solo me. Non è ammissibile, nel 2021, che una ragazza che insegue un sogno trovi la morte".

Le sue riflessioni fanno il paio con quelle che Mauro Berruto, ex ct della nazionale maschile di volley, condivide sui social network: "Si è riaccesa la luce sul dramma delle donne sportive e sulla catastrofe umanitaria in Afghanistan. Servono corridoi umanitari ma questo non significa trattare coi talebani".

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