Olimpiadi Parigi 2024

Perché l’Algeria ha lanciato fiori nella Senna durante la cerimonia delle Olimpiadi di Parigi

Dietro il gesto della delegazione algerina c’è un episodio drammatico: lo ha fatto per commemorare il massacro dei connazionali avvenuto a Parigi il 17 ottobre 1961, quando la polizia francese sedò nel sangue una manifestazione di protesta.
A cura di Maurizio De Santis
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Rose rosse nella Senna. La delegazione dell'Algeria le ha lanciate durante la sfilata nel giorno della cerimonia ufficiale di apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024. Lo ha fatto per commemorare il massacro dei connazionali avvenuto a Parigi il 17 ottobre 1961, quando la polizia francese (guidata dal prefetto Maurice Papon) sedò nel sangue una manifestazione di protesta dei cittadini nordafricani. Era stata la sede transalpina del Fronte di Liberazione Nazionale a lanciare un appello per la mobilitazione per contestare il coprifuoco che era stato imposto "francesi musulmani d'Algeria" (non potevano uscire di casa dalle 20.00 alle 5.00). Fu uno dei tanti episodi – a lungo taciuti dalla Francia – che caratterizzarono il clima di tensione a corredo della lotta per l'indipendenza dello Stato nordafricano dalla Francia.

Cosa accadde il 17 ottobre 1961 a Parigi

Gli agenti avevano ricevuto un ordine preciso: reprimere quella manifestazione che fu una sorta di adunata per 30 mila tra algerini e franco-algerini che arrivavano dalla dalla bidonville di Nanterre (situato nella banlieue a nord-ovest di Parigi). Dovevano essere fermati con ogni mezzo, a ogni costo. L'azione fu violenta, nonostante al corteo partecipassero anche donne e bambini. Le persone che si trovavano in strada quella sera furono aggredite, offese e picchiate. Alcune restarono gravemente ferite. Altre ancora, uccise dai colpi sparati dalle forze dell'ordine in quei momenti di caos assoluto.

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La ricostruzione dei fatti di allora racconta anche di molti algerini assassinati a sangue freddo o gettati vivi nella Senna. Cadaveri di uomini impiccati vennero addirittura ritrovati nei boschi. In migliaia furono arrestati, rinchiusi e seviziati in centri di detenzione. Numerose famiglie non sono mai riuscite a trovare le salme dei loro cari. Uno dei sopravvissuti a quella mattanza, Said Abtout, rivelò all'Agenzia France-Press cosa accadde, il terrore vissuto: "I poliziotti iniziarono a massacrare le persone, colpendole con i manganelli sulla testa, prendendole a calci in testa".

L'ammissione di colpa dello Stato francese: "Crimini imperdonabili"

Tre anni fa, durante una cerimonia di commemorazione, l'ex presidente Emmanuel Macron parlò di "crimini imperdonabili per la Repubblica" che provocarono "una tragedia a lungo taciuta, negata o occultata". Il prefetto di polizia, Maurice Papon, che ordinò la repressione venne condannato nel 1997 per crimini contro l’umanità, tra i capi d'imputazione gravissimi anche un ruolo determinante nell’organizzazione della deportazione ebrea all’epoca di Vichy. Quanto al numero delle vittime effettive, il bilancio ancora oggi è incerto.

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