Perché è illegale esporre il nome di Taiwan alle Olimpiadi di Parigi, anche se qualcuno ci prova
Lee Yang e Wang Chi-lin hanno vinto la prima medaglia d'oro per Taiwan alle Olimpiadi di Parigi 2024: nella finale del doppio di badminton hanno battuto la coppia cinese (Liang Weikeng e Wang Chang). Entrambi sorridono, sono orgogliosi per l'impresa sportiva che ha un grande valore per sé e per il Paese che ai Giochi è stato ammesso ma col divieto di utilizzare nome, bandiera e inno propri.
Quel che è accaduto di nuovo, questa volta durante la cerimonia di premiazione, ha acceso i riflettori sulla strana condizione che vivono gli atleti della piccola nazione insulare, qualcosa di simile alla posizione del team dei rifugiati o degli Atleti Individuali Neutrali. Ma con un'aggravante: in questo caso un Paese c'è ma, almeno per tutto il periodo dei Giochi, non deve figurare ufficialmente.
Sugli spalti, alle spalle del podio, uno spettatore ha esposto un cartello che mostrava la sagoma di Taiwan. Una sorta di macchia bianca in mezzo a un mare rosso di labari cinesi. È riuscito a mostrarlo per pochi secondi, quel foglio gli è stato subito strappato dalle mani da uno steward.
Anche questo spiega perché la delegazione si chiama Taipei Cinese e il drappo esposto sul podio era diverso rispetto a quello tradizionale (un campo rosso con un rettangolo blu nel quale spicca un sole bianco con dodici raggi triangolari). Qual è il motivo di questa scappatoia? È un compromesso politico che, in un momento già difficile per la comunità internazionale, coinvolge la Cina che rivendica l'isola come proprio territorio.
Il portavoce del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), Mark Adams, è intervenuto a chiarire che l'episodio, quel che s'è visto in diretta tv, altro non è che quanto rientra nel novero delle norme e delle condizioni di ingresso alle sedi olimpiche indicate a gli spettatori su ogni biglietto. Chi entra negli stadi delle Olimpiadi sa che può esporre solo bandiere dei Paesi e dei territori partecipanti ai giochi e proibiscono qualsiasi striscione che veicoli messaggi politici.
È lo stesso motivo per cui a una studentessa taiwanese, che assisteva alla sfida di badminton tra la squadra della sua terra e la Cina, è stato portato via uno striscione che raffiugrava il contorno della sua isola natale e recava la scritta in cinese "jiayou Taiwan" (Vai Taiwan).
"Avevo ancora quel messaggio tra le mani e ho notato un uomo della sicurezza che continuava a parlare con il suo collega con il walkie-talkie. Poi è arrivata una persona che me l'ha portato via. Non stiamo facendo nulla di sbagliato. Perché dovremmo essere trattati in questo modo?".
Il ministero degli esteri di Taiwan ha parlato dell'incidente come violento, contrario ai valori olimpici e facendone un caso diplomatico. In risposta, il CIO ha affermato che c'erano "regole molto chiare" che vietavano gli striscioni.