Maurizio Stecca non ha più il Covid: “Ma i medici mi hanno detto che non sarò più quello di prima”
La battaglia è vinta, il virus non c'è più, l'ospedale è alle spalle. Ma la guerra andrà ancora combattuta, contro un nemico davvero aggressivo e che non lascia tregua: il Covid se n'è andato, ma ha lasciato conseguenze pesanti nel fisico di Maurizio Stecca, 58enne ex campione del mondo di pugilato che era stato ricoverato a metà dicembre per l'aggravarsi dei sintomi dopo essere risultato positivo. Il primo febbraio il romagnolo è stato dimesso ed è tornato a casa, come annunciato da lui stesso su Facebook: "Dopo 50 giorni di ospedale e clinica riabilitativa e lutto familiare torno a casa. Mi porto con me una esperienza di vita che ti fa capire, oggi ci sei domani… Grazie di cuore a tutti".
La permanenza nell'ospedale trevigiano di Ca' Foncello aveva fatto temere il peggio: il più giovane dei fratelli Stecca era infatti stato intubato e sedato per giorni in terapia intensiva, prima di risvegliarsi a fine anno ed annunciare di "aver vinto il match della vita". Da allora è partita una lenta riabilitazione che è ben lungi dall'essere conclusa e che comunque non restituirà l'ex pugile così com'era prima.
"I medici mi hanno detto chiaro e tondo che non sarò più quello di prima – racconta l'oro olimpico di Los Angeles '84 al Corriere della Sera – Magari non sarò in grado di fare certe cose, ma io cercherò di riprendermi per continuare con la carriera da allenatore. Ho fatto già dei progressi. Sono arrivato quasi al 100% del parametro riabilitativo stabilito dall'équipe dell’Ospedale di Motta di Livenza, dove tornerò dal 9 febbraio per altre due settimane di cure riabilitative. Se penso che all'inizio non riuscivo ad alzarmi dal letto e nemmeno ero in grado di mettere in ordine i passi, per la paura che le gambe potessero cedere!".
È il temuto Long Covid, ovvero gli effetti a medio-lungo termine del coronavirus, anche quando l'infezione ha lasciato il corpo ed il test restituisce esito negativo: "Il virus mi ha scombinato i polmoni, il cuore, il sistema immunitario, addirittura la tiroide, tutto il corpo. Oggi ancora non sento i sapori e mi accorgo di non poter più salire le scale velocemente, come ero abituato a fare. Devo anche fare attenzione ai battiti: subito dopo il ricovero ne avevo 120 al minuto, mentre da sportivo professionista ero abituato ad essere bradicardico".
Maurizio Stecca è un lottatore, nella vita già ha incontrato ostacoli importanti. La boxe lo ha temprato a non mollare ed anche questa volta vuole riprendersi tutto quello che può: "Ho lottato e vinto contro l'avversario che mi è capitato. Questa non è la prima sfida che affronto. A 33 anni, quando ho finito la carriera, ho passato 8 mesi in casa, depresso, perché non sapevo che cosa avrei fatto dopo il pugilato. Poi è arrivata la malattia, l'Epn (emoglobinuria parossistica notturna, una patologia rara), che per 10 anni mi ha costretto a trasfusioni di sangue e per due volte mi ha fatto finire in coma. Avevo già avuto un assaggio delle difficoltà di salute, ma il ricovero di 50 giorni causato dal Covid è stato peggiore, perché da un momento all’altro avrei potuto non risvegliarmi più. La mentalità del pugile è stata fondamentale. Lo sport che ho fatto mi ha insegnato lo spirito di sacrificio. Ed è quello che voglio fare ora: non abbandonarmi".
L'ex campione del mondo dei pesi piuma ribadisce che da solo non avrebbe potuto farcela e sottolinea che il vaccino gli ha salvato la vita: "È soprattutto merito del vaccino se sono qui. Probabilmente non mi sarei svegliato dalla rianimazione, se non fosse stato per le due dosi ricevute". Stecca oggi è tecnico e ambasciatore della Federazione pugilistica italiana ed è pronto a riprendere il discorso dove lo aveva lasciato: "Prima di tornare ad allenarmi e a colpire un sacco ci vorranno ancora tre o quattro mesi. Continuerò senz'altro a fare il mio lavoro, ma con più cautela. Intanto sabato 5 febbraio torno ad un evento. A Vicenza c'è uno stage delle promesse venete del pugilato, che coinvolgerà ragazzi dai 13 ai 17 anni. Io sarò lì come supervisore. La malattia sicuramente mi ha indebolito. Ma il mio corpo ha sempre sofferto: nelle diete, negli allenamenti, nei combattimenti. Sono abituato".