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Mary Cain obbliga la Nike al risarcimento milionario: non l’aveva tutelata da abusi fisici e mentali

L’ex donna più veloce d’America nel mezzofondo, Mary Cain dopo quasi 4 anni dalla denuncia ha costretto al patteggiamento l’ex allenatore Alberto Salazar e il colosso Nike per una cifra vicina ai 20 milioni di euro. Nel 2019 li aveva denunciati per “abusi a livello mentale e emotivo”, indicando nella multinazionale una responsabile diretta per non aver supervisionato e averla adeguatamente tutelata.
A cura di Alessio Pediglieri
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Mary Cain nel 2013 a soli 17 anni partecipò ai Mondiali nei 1.500 e conquistò il record indoor sui 10.000
Mary Cain nel 2013 a soli 17 anni partecipò ai Mondiali nei 1.500 e conquistò il record indoor sui 10.000

L'ex mezzofondista statunitense Mary Cain è riuscita a ottenere giustizia dopo la denuncia per aver subito abusi ripetuti sia a livello fisico sia mentale da parte del suo ex coach, Alberto Salazar. Una causa in cui l'atleta americana aveva tirato in mezzo anche il colosso Nike, reo di non aver supervisionato la situazione, senza tutelarla adeguatamente. Per questo motivo, l'allenatore e l'azienda hanno accettato di patteggiare conferendo a Cain una cifra di quasi 20 milioni di euro, quale risarcimento.

Si è conclusa così, dopo quasi quattro anni di tribunali, la torbida vicenda che aveva visto coinvolta la oggi 27enne mezzofondista di New York, con un accordo che vedrà la Nike e l'ex coach Alberto Salazar a dover pagarle una ingente somma di denaro per chiudere prima del verdetto del giudice la causa per abusi fisici ed emotivi denunciati da Cain nel 2019. Il colosso dell'abbigliamento sportivo e l'allenatore, dovranno corrisponderle una cifra pari a circa 20 milioni di euro, pattuita per chiudere la questione.

Campionessa precocissima, Mary Cain  fu definita la "donna più veloce d'America"
Campionessa precocissima, Mary Cain  fu definita la "donna più veloce d'America"

I termini dell’accordo sono rimasti secretati ma le prime indiscrezioni ufficiose sono subito arrivate alla stampa, malgrado gli avvocati rappresentanti della Nike e di Salazar avessero rifiutato di commentare la notizia di un patteggiamento promosso proprio su istanza di un legale dell'azienda, coinvolta nella causa per responsabilità oggettiva, non avendo fornito a Mary Cain l'adeguato supporto nonché supervisione necessaria che avrebbe potuto evitare l'accaduto.

I fatti risalgono al 2019, quando Mary Cain si rivolse al New York Times denunciando gli abusi subiti. Cain, classe 1996, era considerata la "donna più veloce d'america" in grado di sorprendere tutti con prestazioni eccezionali arrivando in finale ai Mondiali 2013 a Mosca nei 1.500 metri per poi fregiarsi del record indoor sui 10.000 per ben due volte, a soli 17 anni. Poi il lento e inesorabile declino fino al 2016 per un primo ritiro e il ritorno nell'atletica nel 2019 per poi chiudere per sempre nel 2020.

Proprio nel 2019, Cain fece saltare il banco dell'atletica mondiale rivelando di essere stata "abusata emotivamente e fisicamente da un sistema progettato da Alberto e approvato da Nike". Una denuncia che scatenò polemiche in America ma che ottenne anche incredibile sostegno come da parte degli stessi dipendenti Nike, che protestarono e scioperarono a sua difesa. Il suo coach d'allora, Alberto Salazar negò tutte le accuse e così nel 2021 Cain intentò la causa, definendo l'allenatore un "uomo di controllo" le cui tattiche offensive includevano commenti inappropriati sul suo corpo e umiliandola in vari modi, anche pubblicamente. Nike, sosteneva Cain, non aveva fatto abbastanza per proteggerla.

Così il coinvolgimento diretto anche della multinazionale, responsabile del comportamento dei manager con cui aveva stretto rapporti commerciali: "Il compito di Nike era quello di garantire che Salazar non trascurasse e non abusasse degli atleti che allenava" ha sostenuto la linea accusatoria di Cain. Gli avvocati di Nike e Salazar hanno negato sempre le accuse, definendole "false e persino contraddette dalla sua stessa testimonianza e dichiarazioni pubbliche" ma alla fine ad aver avuto ragione è stata proprio Mary Cain che ha obbligato la controparte al patteggiamento.

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