Marco Belli: “Valentino Rossi al Ranch ha creato una pista pazzesca, ma oggi non è lui il più veloce”
Mani sporche, segnate dal lavoro e dalla passione, sorriso candido, voce appassionata, testa brillante, sempre pronta a lanciarsi si nuovi progetti: Marco Belli è una figura di spicco nel mondo del motociclismo e un punto di riferimento per il flat track. Nella sua carriera ha vinto tanto sia in Italia, sia in Europam: titoli, vittorie, successi, esperienze successi, esperienze e innovazioni. Nato nel 1971 a Varese, Marco è cresciuto con una passione innata per le moto, coltivata nell’azienda di famiglia e sviluppata grazie a un contesto unico, fatto di grandi figure del motociclismo italiano. Pilota, istruttore e fondatore della “Di Traverso School”, con il quale insegna come andare in moto, di traverso, ai suoi allievi. Tra le varie vesti di Marco Belli c'è anche quella di consulente del tracciato più famoso nel panorama del flat track in Italia, il Ranch di Valentino Rossi.
Partiamo dall’inizio: come nasce la tua passione per le moto?
La mia passione è nata in maniera molto naturale. Sono cresciuto con le moto praticamente accanto a casa, grazie all’azienda di famiglia che tratta, ancora oggi, clacson per veicoli. Era un luogo dove le moto erano una presenza costante, e in particolare ricordo un Negrini 38 che mio cugino milanese lasciava parcheggiato lì. Da bambino lo usavo per girare intorno al cortile, un mix di cemento e ghiaia. Quelle prime esperienze, fatte di cadute e ginocchia sbucciate, hanno acceso in me una scintilla. Inoltre, mio padre e mio fratello correvano in enduro, e io mi sono ritrovato in un ambiente dove il motociclismo era una parte naturale della vita. Ho avuto anche la fortuna di crescere vicino a figure come Marco Lazzati, direttore corse della Cagiva, e Lino Tonti, il progettista della Guzzi. Questo contesto unico ha alimentato la mia passione, dandomi una base solida da cui partire.
Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo del motociclismo agonistico?
Il mio vero approccio al mondo delle corse è arrivato a 17 anni, quando ho partecipato a un corso di guida sicura su un ovale storico a Castiglione Olona, il primo in Italia. Era un corso basato sulla perdita di aderenza, una delle basi del flat track. Ricordo di esserci andato con la mia Beta rossa 125, una moto che avevo adattato alla meglio per quelle condizioni. La prima volta che ho perso il posteriore è stata un’esperienza quasi mistica, un mix di paura ed eccitazione. Da quel momento in poi, non ho più smesso, iniziando a gareggiare e a scoprire il mondo del racing su vari terreni.
Hai vinto molti titoli nel flat track. Cosa ti ha portato a scegliere questa disciplina?
Il flat track mi ha conquistato per la sua essenza: è una disciplina che unisce tecnica, velocità e sensibilità. Ho avuto l’opportunità di competere a livello internazionale, vincendo titoli in Italia, Inghilterra e Stati Uniti. Una delle esperienze più formative è stata correre contro leggende come Scott Parker e Jay Springsteen. Questi momenti mi hanno insegnato molto, sia come pilota che come persona. Il flat track ti mette alla prova in modi unici: impari a gestire la derapata, a controllare l’imprevisto e a sfruttarlo a tuo vantaggio.
Oggi sei il fondatore della “Di Traverso School”. Com’è nata questa idea e qual è la sua missione?
La Di Traverso School è nata nel 2014, con il supporto di partner come Yamaha, Dainese e altri. L’idea era di creare una scuola che insegnasse non solo le tecniche del flat track, ma anche un approccio diverso alla guida: più consapevole e meno orientato alla pura competizione. Devo dire che è un progetto che ci da tante soddisfazione ormai da tanti anni. Per fortuna ci sono gli sponsor che aiutano a mantenere i conti in ordine, ma siamo soddisfatti di come vanno le cose.
Da qualche tempo avete lanciato anche una costola del progetto, la "Di Traverso Adventouring". Cos'è?
Oltre ai corsi base, oggi ci occupiamo anche di adventouring, accompagnando le persone alla scoperta di un motociclismo più contemplativo. Non si tratta solo di imparare a guidare, ma di vivere un’esperienza unica, immergendosi nella natura e nella cultura motociclistica. È qui che lasci da parte l'adrenalina delle corse e ti godi in rilassatezza il senso della lentezza, del viaggiare per il gusto di farlo.
Raccontami del tuo legame con Valentino Rossi e il suo Ranch.
Il mio rapporto con Valentino è iniziato grazie a suo padre, Graziano. Nel 2009 stavo sviluppando una moto specifica per il flat track, la Zaeta, e Graziano cercava un mezzo simile per allenare Valentino nel flat track. Perché come disciplina è molto allenante per i piloti che fanno le gare in pista. Da lì è nata una collaborazione che mi ha portato al Ranch, quando ancora si chiamava "la Cava". Ho avuto la possibilità di lavorare con Valentino e con i ragazzi della VR46 Academy, seguendo lo sviluppo del Ranch come luogo di allenamento. Valentino ha saputo adottare il flat track come parte integrante del suo metodo di preparazione per la MotoGP. Ancora oggi sono l’unico esterno alla VR46 ad avere libero accesso al Ranch, un onore che custodisco con grande orgoglio.
Com'è stato collaborare con un nove volte campione del mondo e con un personaggio mediaticamente esposto come Rossi?
È un uomo con un carisma importante, ma che sa metterti subito a tuo agio. Da questo punto di vista è impressionante la capacità di entrare in relazione in maniera informale con lui. E poi la passione smisurata che ha per le moto, per le corse, per l'adrenalina. È incredibile. Ed è stato bello che sia lui che Graziano abbiano riconosciuto in me una sorta di istituzione nel mondo del flat track e hanno ascoltato i miei consigli.
Ma quindi il Ranch, a livello tecnico, è una buona pista?
Scherzi? È spettacolare. Tecnica, complicata, pendenze, saliscendi, terreno umido il giusto. È davvero un parco giochi per bambini appassionati. Stoner è andato a Tavullia dopo l'EICMA ed è+ andato subito fortissimo, ma non è vicino ai tempi che fanno Valentino e i ragazzi dell'Academy. Ovviamente loro si allenano tutte le settimane e a breve ci sarà anche la 100 chilometri dei campioni. Ormai è una gara a calendario. Un'istituzione, un appuntamento fisso. come il Rally di Monza a fine stagione quando correva anche Valentino.
Chi è il più veloce al Ranch?
Qualche anno fa era Valentino, ormai da qualche tempo Luca Marini è fortissimo, sia in un senso che nell'altro. Perché è una pista che si può percorrere sia in senso orario, sia antiorario così da allenare anche cose differenti, prima più in discesa e poi più in salita.
Tra le tue tante passioni c’è anche quella per i terreni. Raccontaci della tua collezione di terre raccolte dai circuiti.
Sì, è una cosa che mi appassiona moltissimo. Ogni circuito ha una terra unica, con caratteristiche che influenzano il modo in cui la moto si comporta. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono preparatori di pista che sono veri e propri guru. La composizione del terreno è fondamentale nel flat track: sabbia, argilla, limo, ogni combinazione crea una dinamica diversa. Raccogliere un campione di terra per me è come portare a casa un pezzo di quella pista, un ricordo tangibile delle emozioni vissute. Le ho collezionate tante e archiviate in un sacchetto apposito con nome del circuito, località e data nella quale ho corso. Era bellissimo quando sulla rivista Riders pubblicavamo le mie terre e raccontavo un aneddoto di qualla gara. Per me è un tuffo nel passato. Ho anche un campione di sale di Bonneville, un luogo che ha un significato speciale per ogni motociclista.
Credit: le foto delle terre sono state realizzate da max&douglas per la rivista Riders