Manuel Poggiali: “Perdere Simoncelli fu devastante, la morte di Salvadori ci parla del pericolo”
Anche i piloti hanno dei coach, sembra scontato, forse, ma non lo è. Manuel Poggiali, ex campione del mondo di 125, è dall’inizio dell’anno il coach di Pecco Bagnaia ed Enea Bastianini. Gli abbiamo fatto qualche domanda sul suo ruolo. Si percepisce che alcune informazioni sono “top secret” per Ducati, ma l’allenatore sammarinese risponde come meglio può alle nostre curiosità.
La figura dell’allenatore, se così possiamo definirlo, nel mondo del motorsport e soprattutto nel mondo della MotoGP è abbastanza giovane, fresca. Una novità che ha cambiato in qualche modo la percezione dello sport come individuale o solitario. Un po’ come per il tennis. In campo ci va il giocatore con le sue insicurezza, con le sue paure, con i suoi valori, con la sua fame. Esattamente come il pilota è da solo sulla sella e quando chiude la visiera esiste solo l’asfalto, i cordoli e gli avversari, ma prima, fuori dal circuito, c’è una squadra a sostenerlo, Un team fatto di mentori, ingegneri, telemetristi, direttori e anche coach e assistenti alla guida. Non solo una spalla psicologica, ma un esperto di pista che guarda i dati e mette a disposizione la propria esperienza per migliorare la performance del pilota.
Ci siamo sentiti un anno fa quando Fabio Di Giannantonio, all’epoca nel team Gresini, non aveva ancora ingranato. Com’è cambiata la stagione per lui e quanto è cambiato lui? Rischiava di perdere il posto in MotoGP e oggi è un pilota coriaceo e completo.
Posso dire che sono molto contento per Fabio e del percorso che sta facendo. La vittoria in Qatar nel 2023 è stata magnifica. Una stella che brilla nella sua carriera e i podi sul finale della scorsa stagione hanno rappresentato il cambiamento più importante.
Parlando di te, da Gresini al team ufficiale Ducati Lenovo. Cosa cambia? Pressione? Asticella? Compiti?
In Ducati factory ho trovato un ambiente molto costruttivo e con colleghi con i quali ho legato fin da subito. Gli obiettivi sono il focus principale sui quali ruotano tutte le dinamiche. È impegnativo ma ovviamente anche molto stimolante.
Sei nel box con Bagnaia e Bastianini. Ci puoi raccontare i loro modi di vivere il weekend? Pregi e difetti. Dove devono migliorare e quali sono i loro punti di forza?
Sono contento di lavorare con Pecco ed Enea nel team factory con i quali stiamo cercando di raggiungere il miglior risultato in palio, diventare campioni del mondo – Ducati ha già vinto il titolo costruttori con sei gare d’anticipo, nda – per ora è l'unica mia preoccupazione. Bagnaia e Bastianini sono due grandi piloti e ottime persone, vivono i loro weekend da professionisti in modo impeccabile ed in qualche caso anche con quella spensieratezza e leggerezza che è fondamentale nel gestire le emozioni, le pressioni – sia sportive che mediatiche. I punti di forza e quelli meno forti rimangono qualcosa di privato, almeno per me. Sono il centro del nostro lavoro e sono motivo di analisi costante. Per correttezza rimangono questioni interne, consapevoli di quello che occorre e può farci migliorare.
Dovessi definirli in una parola?
Bagnaia è un campione dalla sensibilità sopraffina, mentre Enea Bastianini è un talento "bestiale".
Cosa ne pensi del regolamento per la nuova MotoGP del 2027?
Nel 2027 cambieranno molte cose per cui al momento opportuno vedremo cosa accadrà. Ad ogni modo il lavoro per quella stagione o le prossime in genere è costantemente materia giornaliera.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro? Ti vedi coach anche tra qualche anno o una figura più manageriale?
Sul mio futuro ci penso e lavoro quotidianamente come è giusto che sia… mi piacerebbe crescere ed ambire a posizioni diverse, vedremo se ne avrò la possibilità ed allo stesso tempo le capacità.
Non posso chiudere questa intervista senza chiederti di Luca Salvadori. Ogni volta che capita una tragedia del genere si pensa fondamentalmente a due cose: che se ne è andato facendo ciò che amava e, la seconda, che i piloti sanno che il rischio c’è ed è altissimo. Come ti fa sentire questa cosa? Come cambia la testa di un pilota quando se ne va qualcuno del settore in una corsa di moto?
Sono momenti di shock quando apprendi la notizia o vivi certe scene, come per Salvadori ci sono stati altri casi precedenti che mi hanno colpito. Su tutti la morte di Marco Simoncelli con il quale ho vissuto la mia infanzia motociclistica ed a seguire nel motomondiale. Perdere il Sic fu devastante. Penso che tutto sia sotto esame ed allo stesso tempo in costante miglioramento come ad esempio materie legate alla sicurezza. Il pilota è consapevole ed inconsapevole allo stesso tempo, ma lo sport motociclistico è pericoloso. La vita in genere è una scelta con pro e contro, i piloti spesso non vengono valorizzati abbastanza dal pubblico generalista anche per questi motivi. Il rapporto rischio-spettacolo è un tema fondamentale e che meriterebbe più dignità.
Mi racconti una tua giornata tipo, sia quando c’è il weekend di gara, sia quando il calendario vi regala una pausa dell’impegno di pista.
Le giornate durante il week end sono belle piene, continua attività di pista, analisi e meeting. I vari “scomparti” ed attività si riuniscono incrociando quanto emerge dalle analisi e poi si incontrano i tecnici con i piloti.
Ma quando non ci sono le gare?
Quando non c’è il weekend di gara si pensa a quello che è finito, a quello che verrà, alle attività commerciali e agli sponsor. E ovviamente a stare un po’ con la famiglia.
Vivendo di moto ti chiedo: il Manuel pilota ti manca oppure no? Stare dietro le quinte del circuito è un buon compromesso con il tempo che passa?
A mio avviso ogni cosa ha il suo tempo, la cosa importante è fare ciò che piace e migliorare costantemente. Essere dietro le quinte è solo quanto emerge dalla televisione, figlio anche del ruolo…
Sei felice?
Sono contento, vivo questo momento in maniera molto serena consapevole che il meglio deve ancora venire.