Luca Mazzone, compagno di squadra di Zanardi: “L’handbike in discesa va al doppio dei ciclisti”
"Zanardi è una persona di cui ti innamori. È diventato un esempio positivo per tante persone per come ha affrontato le avversità e le prove che il destino gli ha riservato". Sono queste la parole di Luca Mazzone, che con Alex Zanardi e insieme a Paolo Cecchetto compone il gruppo de “i tre Tenori” che ha raggiunto importanti vittorie internazionali. Un tuffo nel mare di Giovinazzo ha reso tetraplegico all’età di 19 anni questo fortissimo atleta pugliese che, però, non ha mai pensato di arrendersi e ha continuato a dedicare la sua vita all’attività sportiva con grandissimi risultati. A Fanpage.it il pluridecorato atleta paralimpico ha parlato del suo rapporto con l’ex pilota di Formula 1, che è in coma farmacologico per i traumi riportati in un gravissimo incidente tra Pienza e San Quirico nel corso della staffetta di ciclisti paralimpici promossa dal progetto ‘Obiettivo 3'.
Luca, come ha appreso la notizia dell’incidente di Alex Zanardi?
“Stavo lavorando al pc e ho iniziato a ricevere telefonate. Io uso sempre la modalità silenziosa e non ho risposto subito, ma mi sono preoccupato per tutte queste telefonate e così ho saputo dell’incidente. La cosa che mi ha fatto più specie è sapere che tutto è successo in discesa, dove lui è un maestro e mi ha insegnato diversi trucchi per affrontarle sempre al meglio. Adesso la speranza è che tutto migliori piano piano".
Che tipo di rapporto ha con Zanardi e qual è il ricordo più bello de “i tre Tenori”?
“È un rapporto nato con la Nazionale e grazie al CT della selezione. È stata subito una persona affabile e una delle prime cose che mi ha detto è stata: ‘Tu facevi nuoto vero? Ti sei scelto un altro sport bello faticoso’. Poi nel 2013, da quando ho iniziato a far parte del gruppo azzurro, il rapporto si è stabilizzato. Ho un bel ricordo di un ritiro precedente all’ingresso nella nazionale, dove l’ho conosciuto bene e ho capito che grande persona e che grande atleta è. Era la prima volta che mi allenavo con loro e fu molto divertente. Alex è un generoso, si mette a disposizione e quando ho problemi con la bici lui mi aiuta, certe volte se la prende e me la mette a posto. Si aggiusta il cartone a terra e non si stacca dal mezzo finché non è tutto a posto”.
Ci parli dell'handbike e la presenti a chi non la conosce per niente: è un mezzo "pericoloso”, presenta un grado di rischio elevato?
“Da premettere che l’handbike è ciclismo su strada, quindi già questo fa capire i rischi e i pericoli ma allo stesso tempo la bellezza di questo sport. Io ricordo Scarponi e la sua tragica morte qualche anno fa: sono attimi, perché stai in un lembo di destino che non conosci e che può cambiare la tua vita. Questo ad esempio non può accadere in altri sort, ad esempio il nuoto che conosco bene. È un sport in cui la gente sente il sudore del lavoro, lo sforzo e che ha reso immortali tanti atleti come Bartali, Coppi e Pantani. Io l’handbike, così come il ciclismo, non lo consiglierei a mio figlio, sono sincero: non perché sia uno sport brutto, ma perché i rischi sono maggiori. Io, ad esempio, ho molta paura ad andare in discesa perché in quei tratti prendiamo delle velocità assurde e andiamo quasi al doppio dei ciclisti, essendo più aerodinamici. Di conseguenza quando siamo in salita andiamo molto, molto più piano. Prima delle gare spesso penso a mia moglie e a mio figlio, per questo preferisco farmi il mazzo in salita e non scendere ad alte velocità in discesa. Con questo non voglio dire che il ciclismo è pericoloso, questo è solo un mio pensiero. Come tutti gli sport ci sono pro e contro”.
Dopo l’oro a Nottwil nel 2015 Zanardi la definì “asso di cuori”: ci racconta perché?
"Onestamente non so il preciso motivo, ma c’è sempre stato un rapporto particolare e questo credo che derivi soprattutto dal mio passato nel nuoto. Credo che intendesse dire che fossi l’asso che mancava al gruppo per fare poker e vincere”.
Abbiamo visto molto calore e molto rispetto nei confronti di Zanardi e della sua famiglia in questi giorni: perché un personaggio come Alex è entrato nel cuore di tutti gli italiani?
“Quando sono andato in giro con lui ho sempre riscontrato un grande affetto sia per il suo passato in Formula 1 che per la sua storia attuale. È diventato un esempio positivo per tante persone per come ha affrontato le avversità e le prove che il destino gli ha riservato. Alex ha carisma, è il traino della nostra squadra e anche quando raccontava le sue storie personali non ci stancavamo mai di ascoltarlo. Di una persona così ti innamori“.
C’è un aneddoto, un ricordo particolare, che la lega ad Alex Zanardi?
“Non potrò mai dimenticare la staffetta in Canada nel 2013. Visto che io sono secondo nella staffetta, proprio davanti a lui che è il terzo, mi diceva sempre: ‘Non fare troppo il nuotatore, parti bene e non dosare’. Prima dell’ultima parte della staffetta mi disse: ‘Adesso che vai a Terlizzi (il suo paese, ndr) ti accoglieranno in processione con i petali di rosa come la madonna’. Quella battuta mi è rimasta impressa perché ho potuto ridere solo dopo la fine della gara. Un altro aneddoto mi riporta all’ultima staffetta fatta, quando i giudici non si accorgono del primo atleta, già arrivato, ci fanno perdere 20 secondi e partiamo svantaggiati. Già l’anno prima avevamo perso la medaglia d’oro a Maniago e in quel momento tutto sembrava perso, ma corro con tutto me stesso e riesco a recuperare gran parte del ritardo. Alex e Paolo recuperarono il resto e vinciamo. Tra noi c’è sempre stato un bel rapporto, non scorderò mai quando rimase sorpreso perché in una gara avevo fatto i due intertempi praticamente identici: mi fece un sacco di complimenti per questo e ricordo quel momento sempre con molto piacere”.