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Lo sconosciuto fenomeno degli scacchi era in realtà un baro: ecco come faceva

Arcangelo Ricciardi, al 51.366 posto nella classifica mondiale, aveva battuto avversari molto più quotati di lui ad un torneo internazionale ad Imperia. Ma un giudice ha capitato da dove derivava tutta la sua “bravura”: aveva inventato un trucco geniale che mescolava nuovissima tecnologia e il vecchio codice morse.
A cura di Biagio Chiariello
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Un vero e proprio fenomeno degli scacchi? No, un baro. Italiano, 37 anni, al secolo Arcangelo Ricciardi, praticamente sconosciuto a quell’universo prima di qualche giorni fa. Si era presentato così ad un torneo con maestri internazionali a Imperia ed aveva cominciato a vincere una partita dopo l’altra. Le sue erano combinazioni straordinarie, che avevano lasciato basiti avversari ben più quotati di lui, permettendogli di vincere ben 8 partite consecutive. Imperturbabile, sguardo freddo, pollice sotto l’ascella, quasi praticamente immobile. Nessuno si era riuscito ancora a spiegare quella serie incredibile di successi, visto che Ricciardi ricopriva il 51.366 posto della classifica mondiale. Quasi nessuno.

Per svelare il suo segreto è bastato un metal detector. Il presunto mostro degli scacchi nascondeva un ciondolo con dentro una microcamera con cui riceveva istruzioni sulla mossa più giusta da fare, attraverso un computer col quale Ricciardi comunicava tramite codice morse. Non pochi avevano iniziato ad insospettirsi per le sue giocate. Del resto gli scacchi non sono un gioco conosciuto per exploit tanto improvvisi come quelli del 37enne. Non diventi un fenomeno così, da un giorno all’altro. E un altro aspetto che ha alimentato il dubbio tra gli organizzatori è stato il fatto che il giocatore in questione non commentava mai le sue mosse. Non lo faceva perché semplicemente non sapeva come aveva fatto. Il giocatore ora è stato accusato di frode sportiva.

 "Abbiamo piazzato un metal detector. Sulle prime – hanno detto gli organizzatori- non aveva voluto passarci, ma noi abbiamo insistito e l’apparecchio ha suonato. Ha detto che aveva con sé una monetina portafortuna ma, approfondendo, abbiamo scoperto che al collo aveva appeso un ciondolo un po’ insolito”.

 Era quello il sistema inventato per collegarsi al computer-suggeritore che lo aveva fatto diventare un fenomeno degli scacchi. “In quarant’anni, non avevo mai visto una cosa del genere”, dice a La Stampa, Jean Coqueraut, arbitro internazionale di scacchi. “Continuavo a guardarlo – continua -. Stava sempre seduto, non si alzava mai. Molto strano, parliamo di ore e ore di gioco. Soprattutto, aveva sempre le braccia conserte, il pollice sotto l’ascella, non lo toglieva mai. E sbatteva gli occhi in modo innaturale, come se non fosse concentrato sulla scacchiera, ma perso in qualche altro pensiero. Poi ho capito: stava decifrando dei segnali in codice morse. Punto linea, punto linea. Ecco cos’era” spiega Coqueraut.

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