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Leonardo Fioravanti a Fanpage: “Voglio le Olimpiadi per far crescere il surf in Italia”

Leonardo Fioravanti è un giovanotto del 1997 ma ha una carriera incredibile: è il primo e finora unico italiano ad aver raggiunto il circuito mondiale di surf e a maggio si giocherà la qualificazione ai Giochi di Tokyo 2021. Ai microfoni di Fanpage.it questo ragazzo di Roma ha raccontato com’è nata la sua passione per il surf, di quanto sarebbe importante la sua qualificazione alle Olimpiadi per l’intero movimento italiano e come ha superato il brutto infortunio del 2015 che poteva compromettere la sua carriera.
A cura di Vito Lamorte
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"Per me il surf ai Giochi sarà importate perché farà crescere il movimento anche in paesi dove è poco praticato. Gli dà una visibilità e lo riconosce come uno sport vero". Parole e musica di Leonardo Fioravanti, il primo e finora unico italiano ad aver raggiunto il circuito mondiale di surf. Questo classe 1997 è uno degli sportivi del nostro paese più conosciuti al mondo e spera che la sua specialità possa finalmente prendersi la vetrina che merita con l'esordio a Tokyo come disciplina olimpica.

Quella di Leonardo è una storia particolare, perché nel 2015 durante la prima gara dell’anno cade e si frattura due vertebre: rischia la sedia rotelle e l’interruzione della sua giovane carriera ma in 8 mesi, con un lavoro di potenziamento mentale e fisico, riesce a tornare in splendida forma e nell’ottobre dello stesso anno raggiunge un risultato storico diventando il primo italiano a vincere il titolo mondiale ISA Under 18. Ai giochi olimpici di Tokyo, come già anticipato, ci sarà il surf per la prima volta e Fioravanti si giocherà le sue chance di parteciparvi e raggiungere un altro risultato grandioso per la sua giovane ma già importante carriera. Ai microfoni di Fanpage.it questo ragazzo di Roma ha raccontato com'è nata la sua passione per il surf, di quanto sarebbe importante la sua qualificazione alle Olimpiadi per l’intero movimento italiano e come ha superato il brutto infortunio del 2015 che poteva compromettere la sua carriera.

Com’è stato il suo 2020 e in che modo è riuscito ad allenarsi nonostante tutte le restrizioni a causa dell’emergenza legata alla pandemia?
"Io ero in Australia a marzo, quando è esploso un po’ tutto, per l’unica gara dell’anno e dopo aver vinto il 14 marzo è stato cancellato tutto. Sono rimasto lì con la mia ragazza, da marzo fino a luglio, perché non potevo andare da nessuna parte e potermi allenare senza problemi. Era il posto più sicuro e sono riuscito ad avere una vita piuttosto normale. Il fatto che la mia famiglia non abbia avuto problemi di nessun tipo mi ha permesso di restare lì ancora più tranquillo“.

Come ci sente ad essere il primo italiano a raggiungere il campionato mondiale di surf?
"Per me è un orgoglio essere il primo e l’unico italiano ad aver raggiunto il circuito mondiale ma per me è soltanto un obiettivo. Sono ambizioso, ho voglia di vincere, perché voglio arrivare ai più alti livelli possibili. Spero che questi riconoscimenti aiutino a far crescere il surf in Italia e a mostrare ai giovani del nostro paese che è possibile farlo anche da noi”.

Nel 2021 ai giochi olimpici di Tokyo il surf diventa disciplina olimpica per la prima volta. Quanto sarebbe importante una qualificazione per l’intero movimento italiano oltre che per lei a livello personale?
“Sarebbe tutto per me e per l’Italia. Per me il surf ai Giochi sarà importate perché farà crescere il movimento anche in paesi dove è poco praticato. Gli dà una visibilità e lo riconosce come uno sport vero. Tanta gente oggi non lo riconosce così ma negli ultimi anni grazie a Hollywood lo vedo solo come uno sport per divertirsi o per stare con gli amici invece è uno sport che si pratica ai livelli più alti”.

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In vista dei Giochi di Tokyo la gara fondamentale sarà a maggio a El Salvador: come si preparerà per quell’appuntamento?
“M preparo come qualsiasi gara, perché ogni gara del circuito è la gara più difficile. Gli atleti contro cui gareggi sono i più forti al mondo e ogni volta devi essere pronto. Certo, nel circuito sono 10 tappe e se sbagli puoi rimediare ma a maggio non è così. È “one shot”. Però credo che anche così si può valutare un atleta, quando ha le spalle al muro e deve essere performante. Lì devo tirare fuori qualcosa di speciale e penso di poterlo fare. Devo mettercela tutta“.

Le è mai passata per la testa l’idea di smettere dopo il brutto infortunio del 2015?
“Mai. L’unica paura che avevo era ‘Potrò tornare a surfare a quei livelli?’. Non ho mai pensato di mollare e di non farcela. Una operazione alla schiena a 17 anni mi ha portato molta paura ma avendo la mia famiglia e i miei amici accanto sono riuscito a superare questo momento“.

Dove e come è iniziato il suo viaggio nel surf?
Avevo 6 anni e ho iniziato con mi fratello Matteo, più grande di me di 8 anni; e i suoi amici. Allo stabilimento balneare dove siamo cresciuti a Cerveteri c’era un po’ di movimento verso il surf, visto che i proprietari praticavano. Piano piano siamo stati in Francia, poi in Portogallo e lì è iniziato tutto. Mi sono fatto vedere fuori dall’Italia e ho iniziato a viaggiare anche grazie agli sponsor che non mi hanno più lasciato. Da quel momento il viaggio non si è più fermato”.

Cosa risponde a chi ritiene che sia solo uno sport pericoloso? È solo pre-concetto?
“Certo, se lo fai ai miei livelli può diventare pericoloso ma se parti con la scuola di surf non è per niente pericoloso. La cosa bella di questo sport è che arrivi in spiaggia e decidi cosa fare. Bisogna sapere su quale tipo di onda e quale no. Se hai appena iniziato non è il massimo andare su onde grandi, può essere pericoloso, e per questo ci sono gli istruttori e le scuole. Se uno vuol fare qualche viaggio di surf, ci sono dei posti come la Costa Rica, dove ci sono onde grandi ma no pericolose; mentre alle Hawaii o in Indonesia è più pericoloso. Io credo che ci si fa meno male surfando che giocando a calcio”.

Quanto è importante nel surf il ruolo dell’allenatore?
“In acqua ci sei tu e tocca a te. Fai le scelte e decidi cosa fare. Avere un coach ti permette di studiare e di lavare sui dettagli, che spesso sono decisivi. Migliorare fuori dalle competizioni è importante perché ti permette di alzare il livello. Il coach ti aiuta a prepararti per il momento, per essere al 100%“.

Quali sono i suoi obiettivi per il prossimo futuro?
"Tokyo e il circuito mondiale hanno lo stesso peso, non c’è uno più importante dell’altro. Vorrei arrivare tra i primi 10 al mondo e poi le Olimpiadi. La medaglia e i top 10 sarebbe un anno speciale".

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