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La lettera dell’allenatore di calcio alla mamma di un bimbo “scarso”

La madre ritira il figlio dagli allenamenti perché lo ritiene poco adatto al calcetto, il mister le scrive pubblicamente: “Lo sport è condivisione e crescita, non solo competizione”.
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"È scarso ". Con questa motivazione una madre ha deciso di interrompere l'attività del figlio, allievo di calcio in una squadra umbra, la Real Virtus di Passaggio di Bettona, in provincia di Perugia. La decisione non è passata inosservata: l'allenatore del team, Andrea Checcarelli ha scritto una lettera aperta alla donna con parole molto toccanti. Il senso è il seguente: nell'attività sportiva non è importante solo vincere ma anche migliorare come persone prima che come atleti nonché interagire all'interno della squadra sviluppando positive qualità umane. E sembra davvero di sentire le parole dedicate al Nino della "Leva calcistica" di Francesco De Gregori (Un giocatore lo vedi dal coraggio / dall'altruismo / dalla fantasia"). La lettera aperta inizia così: «Per me che ho allenato un anno suo figlio – scrive il mister rivolgendosi alla mamma delusa – sapere che è sua intenzione quella di interrompere l’attività, è un piccolo-grande fallimento da allenatore. Un fallimento non solo come tecnico, ma anche come persona, indipendentemente da quelle che sono le problematiche singole del bambino, della famiglia. Non essere riuscito a coinvolgerlo a pieno,a stimolarlo,ad integrarlo al meglio all’interno della squadra, a fargli migliorare quei limiti quel tanto che sarebbe bastato,a farlo considerare ‘più bravo' da se stesso,ma anche da sua madre. Volevo comunque dirle che suo figlio non sarà stato il migliore fisicamente, tecnicamente, tatticamente… ma eccelleva, era il più bravo, per la sua attenzione, per l’applicazione delle direttive dategli. Per il rispetto che ha sempre dimostrato nei miei confronti,durante gli allenamenti ed alle partite.In questo era il migliore. È sicuramente il migliore, basta farlo continuare a giocare,se è quello che lui vuole. Con tutte queste qualità umane, si può migliorare tantissimo, lavorando per colmare i suoi limiti. Glielo dice uno che, una volta, non aveva spazio a Passaggio di Bettona, nella squadra dei suoi amici e coetanei".

L'allenatore delle giovanili della Real Virtus spiega poi la sua storia da giovane calciatore: "A 14 anni stavo per smettere, andai a giocare in un altro ambiente, a Cannara, e trovai il modo di esprimere al meglio quello che avevo dentro. Di migliorare, di vincere tante partite,tante quante ne avevo perse a Passaggio quando, oltretutto, non venivo molto considerato dall’ambiente e dall'allenatore. A Passaggio di Bettona ci sono tornato a 20 anni, dopo aver vinto anche un campionato juniores nazionale per squadre dilettanti, con il Cannara. Ci sono tornato, perché m’hanno cercato loro (evidentemente qualcuno non mi aveva considerato quanto meritavo in passato) ed ho giocato e vinto tanto. Ho vinto anche un campionato anche a Passaggio, prima di infortunarmi e di smettere di giocare qualche anno fa ma smettere di giocare è una delle poche cose che cambierei del mio passato, glielo assicuro! Anche perché nel calcio sono riuscito a dimostrare me stesso che con la passione ed il lavoro si possono ottenere grandi soddisfazioni personali, senza sotterfugi di sorta, in maniera pulita.Solo facendosi “un culo così”, insomma.

Il discorso si sposta poi sulla voglia di partecipare all'evento sportivo, di condividere una emozione che va ben oltre la prestazione in campo e la gara: " Le qualità di suo figlio,sia nella vita settimanale del gruppo, che nella domenica di gara, sono molto importanti per la squadra – scrive mister Checcarelli – Anche per raggiungere quei risultati che,ogni tanto,fanno bene al gruppo stesso. Perché suo figlio,sopratutto grazie a voi genitori è un bambino che è contento di giocare anche solo 5 minuti. Si impegna, col sorriso. Fa un po’ da contraltare rispetto a chi, dotato tecnicamente, gode della fiducia del mister, a volte, non meritandosela. E gioca magari controvoglia. Non so se c’era quando fece gol; io mi ricordo bene. È stato molto bello ,vederlo esultare.Una scena quasi da film…chi l’avrebbe mai detto? Forse neanch’io, di certo, però il calcio è anche questo. Se ha avuto quella piccola gioia, se l’è sudata tutta,suo figlio. Per questo è più bella! Non lo privi di quei 5 minuti se per lui sono importanti".

"Alla squadra – conclude la lettera dell'allenatore che si rivolge alla mamma – mancherebbe anche un genitore come te. In un contesto dove tutti gli animi sono esagitati,c’è maleducazione,esasperazione,persone che credono di essere mamma e papà di Messi, Maradona e Van Basten,la sua voce fuori dal coro ed il suo profilo basso,sono un esempio per gli altri genitori. Ma forse è un po’ troppo fuori dal coro. Talmente tanto che finisce per uniformarsi al coro stesso, se lascia perché suo figlio "è scarso" diventa come quelli che credono di avere il figlio "forte" e sbraitano da fuori alla rete, peggio dei cani randagi, pretendendo spazio e importanza. E questa fine non se la meriterebbe, non la rappresenterebbe. Nel calcio ci vorrebbero più bambini come suo figlio e più genitori come lei. Pensaci e pensateci, anzi:ripensateci!"

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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