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La Corte europea dei Diritti Umani dà ragione a Semenya: “Discriminata dalla World Athletics”

La Federazione Mondiale di Atletica ha discriminato Caster Semenya, sospendendola dalle gare e obbligandola ad assumere farmaci per abbassare i livelli di testosterone. La sentenza della Corte di Strasburgo ha così ridato dignità alla campionessa sudafricana vessata e umiliata per anni.
A cura di Alessio Pediglieri
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La Corte europea di Strasburgo si è pronunciata a favore di Caster Semenya, la mezzofondista e velocista sudafricana, due volte campionessa olimpica degli 800 metri piani, nonché tre volte campionessa mondiale della stessa specialità, al centro da anni di una battaglia con la World Athletics (la Federazione Mondiale di Atletica) per difendere la propria identità di genere, femminile, malgrado le sia sempre stata contestata. Una situazione che ha tormentato Semenya che non si è mai data per vinta e che oggi ha ottenuto un parziale ma fondamentale riconoscimento giuridico.

A Strasburgo la Corte sui diritti umani, ha esaminato attentamente la vicenda, l'ha ricostruita passo dopo passo, analizzato le situazioni, riletto le dichiarazioni, rivisto esami ed esiti clinici ed infine ha deciso: Caster Semenya è stata discriminata, in quanto donna, dopo che la Federazione internazionale di atletica leggera le ha proibito di gareggiare nelle gare femminili se non avesse ridotto i suoi livelli di testosterone. Nella loro sentenza, i giudici europei hanno condannato formalmente anche la Svizzera, dove ha sede il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS), che aveva rigettato l'arbitrato chiesto da Semenya per non sottoporla a cure ormonali che avrebbero ridotto il livello di testosterone al di sotto della soglia che la IAAF gli aveva posto come condizione per consentirgli di gareggiare.

La stessa Corte ha ribadito anche che lo stesso TAS riconosceva i dubbi sul regolamento redatto dalla IAAF, che di fatto obbligava Semenya a sottoporsi a cure ormonali con effetti collaterali definiti "significativi" e non le forniva alcuna totale garanzia di consentirle di abbassare il livello di testosterone al livello  ritenuto sufficiente. Adesso, con la decisione di Strasburgo per la campionessa sudafricana potrebbe aprirsi una nuova vita.

Era stata costretta a difendersi da subito dalle insinuazioni sul suo genere sessuale e quando arrivò a gareggiare a livelli importanti si dovette sottoporre ad un umiliante test di femminilità ai Mondiali di Berlino del 2009 e gli esami avevano rivelato che il suo corpo generava naturalmente più testosterone del normale. Questa la "colpa" di Semenya, discriminata dalla federazione mondiale che nel frattempo si è vista obbligata a sviluppare nuovi regolamenti proprio per le donne affette da iperandrogenismo, rivedendo le soglie di tolleranza per i livelli di testosterone, riducendola a 5 nanomoli per partecipare a gare di distanza tra i 400 metri e il miglio femminili.

Ennesimo cortocircuito che ha portato la Corte europea a ribadire le ragioni di Semenya, che ha sempre rifiutato di assumere farmaci per abbassare i suoi livelli di testosterone, dovendo però accettare l'esclusione da diverse gare e ripiegando su altre distanze, lontane dagli 800 metri in cui aveva conquistato i titoli olimpici e mondiali. Pur di proseguire il proprio sogno di gareggiare e di difendere i diritti che probabilmente nessuno più a questo punto metterà in discussione.

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