Jacobs svela i trucchetti degli inglesi prima del via, tutto inutile: “Volevano intimorirmi”
Marcell Jacobs ha mostrato a tutti chi è che comanda nei 100 metri quando non ci sono infortuni a frenarlo come era accaduto ai Mondiali di Eugene, dove fu costretto al forfait prima della semifinale a causa di un problema all'adduttore, lasciando spazio agli statunitensi. Stavolta, nonostante una preparazione non ottimale che ha scontato la corsa contro il tempo per rimettersi in sesto senza rischi, il velocista di Desenzano ha ristabilito la legge del più forte ai campionati Europei di atletica a Monaco, stracciando la concorrenza col tempo di 9"95.
Il campione olimpico è tornato e ha zittito chi era già pronto a bollarlo come fenomeno passeggero dello sport mondiale. Fenomeno Jacobs lo è davvero, ma tutti dovranno fare i conti con lui ancora per parecchio tempo. "Ma io non avevo nessun peso da togliermi, corro per me – spiega a Repubblica – Ho fatto una gara discreta, venendo da una stagione all'aperto con momenti difficili, non è stato semplice sistemare tutto e rimettere a posto i pezzi, dopo il Mondiale in cui ho corso un turno solo e mi sono fatto male. Ma cercando di dare una priorità alle cose importanti ce l'abbiamo fatta, anche se sono un po' indietro. Tra gli inglesi temevo più Hughes, che infatti mi è arrivato vicino, che Prescod. Il terzo Azu, so chi è, ma non lo conosco. Lo ammetto: pensavo di fare meno di 9"90, mi ha frenato la tensione".
E in effetti la prova della semifinale, corsa in 10" netti frenando molto prima del traguardo, aveva fatto pensare ad un Jacobs che in finale avrebbe potuto far registrare un tempo nettamente migliore, ma quella tensione e anche un lieve indurimento al polpaccio gli hanno fatto ‘soltanto' vincere il titolo europeo, lasciando comunque ben distanti gli inglesi, in passato non esattamente generosi con lui quando da Oltremanica si erano alzate voci che avevano messo in dubbio i risultati del campione azzurro.
"Ancora non ho certi ritmi nelle gambe, poi c'è stata la leggera contrattura, un piccolo indurimento – spiega ancora il velocista nato a El Paso – Ho corso poco quest'anno quindi faccio fatica a mantenere una certa intensità, meno gareggi e più quell’abitudine ti manca. In più non ho nemmeno fatto pienamente i primi appoggi, diciamo che il piede l'ho messo con leggerezza, così per fare. Però sono contento, anche del fatto che ci fosse un altro azzurro con me, Chituru Ali, che in finale ha pagato l'inesperienza. La sentivo io la pressione, figurarsi lui, che era alla prima volta. L'atmosfera nella call room era pesante".
Ed è qui che Jacobs racconta cosa è successo prima della chiamata ai blocchi di partenza, i trucchetti che hanno provato a mettere in atto gli inglesi – che erano in tre in finale – per cercare di vincere la guerra psicologica col campione olimpico. Respinti con perdite… "Prima della gara gli inglesi hanno cercato di darmi qualche spallatina, così per intimorirmi. Però alla fine si sono complimentati, Hughes si è avvicinato e mi ha detto: ho molto rispetto per te. Non ho mai avuto problemi di credibilità con gli altri sprinter, a dubitare di me è stata l'anno scorso la stampa inglese, non gli atleti".
Adesso Jacobs è medaglia d'oro alle Olimpiadi e agli Europei, come un certo Pietro Mennea prima di lui: "Non si possono fare raffronti, ognuno ha il suo stile e la sua personalità. Sono contento di venire dopo Mennea. Il miglior modo di contare è quello di lasciare una scia, di stimolare chi viene dopo di te. Io quello volevo fare da bambino, essere uno da cui si poteva trarre ispirazione. Io stesso ho delle figure di riferimento: LeBron James, nel basket, uno che viene dal nulla, Lewis Hamilton che ha rivoluzionato la Formula Uno, e Usain Bolt che ha cambiato l'atletica. E gli Europei non sono finiti, ho la staffetta, dobbiamo difendere il titolo di campioni olimpici. Ai Mondiali di Eugene io non c'ero, è stato un dolore l'uscita in batteria. Ma siamo qui per rifarci, anche se non c'è nulla di scontato, perché il testimone lo devi portare fino in fondo".