Imane Khelif fuori dal ring, mostra con orgoglio agli haters l’oro vinto nella boxe alle Olimpiadi
Imane Khelif è la pugile algerina che ha vinto la medaglia d'oro nella boxe alle Olimpiadi di Parigi. La esibisce con orgoglio in un video che la mostra in abiti borghesi, con make-up intonato al vestito rosa a fiori, fuori dal ring, quando non deve infilare i guantoni e avere gli occhi della tigre, quando non deve mulinare le braccia e mandare a segno colpi pesanti perché così è la disciplina nella quale combatte e gareggia. Tiene al collo quel premio ma questa volta offre un'immagine di sé completamente differente rispetto alla divisa da atleta che non ammette vezzi né concessioni al look. Se devi menare cazzotti, ti servono forza dei muscoli e dei nervi (perché la potenza è nulla senza controllo), strategia e astuzia. Nient'altro.
La replica ai sospetti sull'identità sessuale: "Io donna come tutte le altre donne"
"Io donna come tutte le altre donne – disse con grande senso di dignità dopo aver conquistato il successo che l'ha portata in cima al podio -. Il mio onore è intatto". Quella breve sequenza è (anche) una risposta agli haters che sui social si sono scatenati diffondendo insinuazioni pesanti sulla sua identità sessuale, a chi ha cavalcato le polemiche e l'ha ritenuta non idonea a partecipare alle competizioni femminili nonostante la piena legittimazione riconosciutale dai regolamenti del CIO.
Khelif oggetto di scontro politico e lotta di potere tra il CIO e l'IBA
La sua persona è divenuta terreno di scontro politico (comprese alcune dichiarazioni di esponenti del Governo italiano) e di lotta di potere anche nel suo ambito, quello della boxe, che a causa di questa situazione ingarbugliata potrebbe addirittura restare fuori da Los Angeles 2028. C'è di mezzo l'IBA, l'International Boxig Association che prima le consentì di partecipare ai Mondiali e poi la dichiarò fuorilegge alla vigilia di un match decisivo. "Sono vittima di un complotto", asserì Khelif allora. Perché non le impedirono a monte di figurare nella lista delle pugilatrici se avevano in mano documentazioni mediche e scientifiche a corredo della verifica del sesso? È solo uno dei punti oscuri e delle trame sospette nella gestione organizzativa.
L'e-mail che chiama in causa l'Italia prima del match con Carini: "Dateci il test"
E nel braccio di ferro con il Comitato Olimpico, che ha escluso quell'ente dal mondo dei Giochi (decisione che ha ricevuto anche l'avallo delle sentenze del TAS), l'IBA ha continuato ad asserire che fosse un uomo. Per sostanziare la propria versione dei fatti, allungando ombre sui rapporti istituzionali e sul CONI, la stessa IBA pubblicò un'e-mail nella quale attaccava duramente il presidente, Giovanni Malagò (che invece aveva parlato di pressioni sulla boxeur connazionale), e la Federazione di pugilato italiana. Accusava loro di mentire mostrando quel messaggio nel quale, prima della sfida contro Angela Carini (ritiratasi dopo appena 46 secondi), si chiedeva di avere accesso al test che metteva in dubbio l'identità sessuale dell'algerina.
Il percorso netto di Khelif verso l'oro ai Giochi: da Carini ritirata al fairplay di Yang Liu in finale
La clip breve, girata da un account che fa riferimento a un istituto di bellezza del suo Paese, s'inserisce nel solco della denuncia contro gli atti di cyberbullismo subiti in tutto il periodo dell'evento sportivo francese, contro tutti quanti hanno messo pesantemente in discussione non solo la partecipazione nella categoria femminile ma il percorso di incontri sostenuti (e vinti) che l'hanno portata all'oro. Un percorso scandito da verdetti unanimi, netti considerati i punteggi. Iniziato con il ritiro di Carini (di cui Khelif ha criticato l'atteggiamento, "mi conosce da anni perché ci siamo anche allenate insieme"), proseguito con il successo contro l'ungherese Hamori (che pure aveva soffiato sul fuoco dei sospetti di genere, "affronterò un uomo") e quello in semifinale con la thailandese Janjaem Suwannapheng che le spalancò le porte dell'incontro valido per l'oro con la cinese Yang Liu.