Il viaggio della disperazione di Shahida Raza: 4 mila dollari per una nuova vita lontano dal Pakistan
Quattromila dollari per salire a bordo di un'imbarcazione. Shahida Raza li aveva pagati per costruirsi una nuova vita lontano dal Pakistan. È morta a 27 anni nel naufragio avvenuto nello Ionio, in quel tratto di mare davanti alla costa crotonese che ha inghiottito la vita di 67 persone. Tra le duecento persone stipate su quel natante partito dalla Turchia e diretto verso l'Italia c'era anche la capitana della nazionale di hockey su prato femminile.
È il prezzo della disperazione, che paga chi ha nulla e affida la propria vita alla sorte perché sa per certo che nel Paese dal quale fugge non ha alcuna speranza. Donna, sportiva (era anche calciatrice di una squadra che aveva dell'integrazione la propria missione), divorziata, madre single di una bambina che non era con lei nella traversata, appartenente a un'etnia (la comunità sciita Hazara) perseguitata da gruppi estremisti sunniti e dall'Isis: la sua condizione in quel lembo di mondo dove i diritti civili non esistono era impossibile e lo sarebbe stata per sempre.
Dietro la sua decisione di emigrare in Europa – stando al racconto fatto dalla famiglia – null'altro c'era che desiderio di ricominciare da zero altrove. Qualsiasi altro posto sarebbe stato meglio che restare lì, nella città di Quetta (centro della provincia del Balochistan), rischiando di essere sterminata in una delle tante rappresaglie che nel corso degli anni hanno colpito il suo popolo. In passato per le stesse ragioni migliaia di membri della sua gente hanno scelto scappare imboccando rotte differenti, cedendo alla promiscuità di traffici indiscriminati oppure riuscendo legalmente a scappare in altre parti del mondo.
È il destino atroce delle minoranze che vivono in quei territori e sono spesso oggetto di attentati sanguinari da parte di gruppi radicali islamisti sostenuti e finanziati da agenzie di intelligence pakistane. Le difficoltà economiche, la mancanza assoluta di libertà, la minaccia incombente sulla propria vita, gli attacchi ai luoghi di culto, le conversioni forzate rientrano in un corredo di terrore e angoscia perenne dalla quale Shahida Raza (e come lei moltissime altre persone) provano/hanno provato a lasciarsi alle spalle.
"Il presidente della Federazione pakistana di hockey R. Khalid Sajjad Khokhar, il segretario generale Haider Hussain, il direttore Syeda Shehla Raza e l'allenatore Tanzilah Aamir Chema esprimono le loro condoglianze alla famiglia dell'ex giocatore della nazionale Shahida Raza, morta nell'incidente": il messaggio di cordoglio della federazione è tutto quel che resta assieme a un dolore senza fine.