Il palazzetto è una bolgia infernale, Partizan e Aek non giocano: “Abbiamo avuto paura”

La partita tra Partizan Belgrado e Aek Atene sospesa per le intemperanze dei tifosi serbi. E no, non è calcio. Né i tumulti si sono verificati all'interno di uno stadio. L'episodio surreale e folle al tempo stesso è avvenuto all'interno di un palazzetto dello sport, durante un match di pallamano. Nella capitale serba era in programma il ritorno dei quarti di finale di EHF Cup ma non si è mai giocata per quanto accaduto e per il rifiuto da parte dei greci di scendere ugualmente in campo. Uno di loro è stato anche costretto a cure mediche perché stordito dalla detonazione (aveva problemi a un orecchio) di uno dei botti esplosi sul parquet.
La federazione continentale di handball ha aperto un'inchiesta e rinviato ogni decisione nell'attesa di esaminare il rapporto arrivato sul tavolo, oltre ad ascoltare le versioni delle società. Per adesso restano quel "match annullato per motivi di sicurezza" dopo quasi due ore di trattative che è un cazzotto nello stomaco e la statistica che annovera il 27-22 in favore degli ellenici nella prima sfida.
Cosa è successo domenica sera? Tutto è iniziato non appena i giocatori dell'Aek hanno messo piede nella palestra. Dinanzi a loro hanno trovato un muro di pubblico molto caldo, che ha riservato loro una "degna" accoglienza. Lo immaginavano, sapevano che il fattore ambientale avrebbe rappresentato un'insidia ma non credevano si potesse arrivare a tanto. Sul campo è stato lanciato di tutto: oggetti, fumogeni e petardi la cui deflagrazione è stata amplificata dall'acustica di un impianto al chiuso, più piccolo e raccolto.
Il tedesco dell'Aek, Erik Schmidt, ha descritto così quei momenti di panico nell'intervista a Sport Bild: "Prima che iniziasse la partita, i tifosi di casa ci hanno lanciato quattro petardi. Per qualche minuto siamo usciti dalla palestra ma quando siamo rientrati le cose sono peggiorate. Ci hanno scagliato contro altri due petardi e a quel punto siamo tornati definitivamente negli spogliatoi. Uno dei nostri giocatori ha avuto anche problemi all'orecchio e ha dovuto essere visitato da un medico".
I greci hanno denunciato quel clima ostile, i serbi hanno fornito la loro versione dei fatti. "Hanno detto che non avrebbero giocato perché temevano per la loro sicurezza – ha spiegato il presidente del Partizan, Miljan Zugic -. Abbiamo fatto il possibile perché si sentissero protetti ma l'impressione è che loro, consapevoli di quello che avrebbero trovato qui, hanno scelto di non giocare. All'andata abbiamo subito un'accoglienza infernale… ci sputarono addosso e i nostri giocatori vennero bersagliati anche con la birra. Fummo scortato dalla polizia".