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I segreti di Samuele Ceccarelli raccontati dal preparatore: “La sua partenza è strana ma funziona”

Marco Del Medico ha raccontato in esclusiva a Fanpage cosa significhi essere l’istruttore di un campione in ascesa come Samuele Ceccarelli. Un’intesa perfetta e totale nata tra lavoro, passione e fatica che ha prodotto da subito risultati straordinari. “Ma ci sono ancora enormi margini di miglioramento. E non è né supponenza né ipocrisia” ha sottolineato, in vista dei prossimi Assoluti e dei Mondiali di Budapest.
A cura di Alessio Pediglieri
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Campione europeo Indoor sui 60 metri, medaglia d'oro ai Giochi Europei sui 100 metri. E poi ancora, campione italiano nei 60 metri e pass mondiale con la staffetta 4×100. È Samuele Ceccarelli, l'astro nascente dell'atletica italiana e mondiale che in pochissimi mesi è riuscito ad imporsi, quasi a sorpresa. "Ma ha ancora enormi margini di miglioramento".

Ad assicurarlo è il suo preparatore, Marco del Medico che ai microfoni di Fanpage ci ha raccontato cosa significhi allenare un campione a questi livelli. Dove nulla è lasciato al caso: "Serve predisposizione naturale, ma poi dietro c'è un durissimo lavoro. Anche Bolt per arrivare dove è arrivato si è sacrificato e ha sofferto molto". Così come Ceccarelli, capace di vincere un campionato europeo con la febbre e battere per due volte un certo Jacobs: "Ma su Marcell ho sentito troppe cattiverie. Bisogna avere più rispetto: nessuno è mai riuscito a fare ciò che ha fatto lui".

Del Medico, iniziamo dalla fine: con Samuele presente nella 4×100 che si è presa un pass per i Mondiali.
Il tempo utile in staffetta che ci ha permesso di andare al Mondiale, ha visto Samuele trovarsi alla perfezione nell'ultima frazione, in rettilineo. Ai Giochi Europei aveva provato in seconda posizione, ma si trovava in difficoltà quando andava a fare il cambio in curva. Poi è stato spostato in ultima perché è uno sprinter puro, per il quale i 60 metri sono la distanza che gli si addice di più. Per cui, non lavorando molto sulle curve, nel lanciato in rettilineo si è di certo trovato a suo agio: resta più composto nei movimenti e riesce a dare il meglio di sé.

Movimenti, aerodinamica, postura: correre sembrerebbe una pratica semplice, quasi banale. E invece il lavoro di voi preparatori non lascia mai nulla al caso.
Sì, dal di fuori la velocità sembrerebbe una cosa che nasce in modo molto naturale per qualsiasi atleta che appare predisposto per questa attività ma alla fine, però, non è così. Devi avere sicuramente delle grandi doti naturali di partenza, soprattutto nella rapidità dei movimenti. Poi, siccome oramai ci si gioca le vittorie anche sui millesimi di secondo, tutte le fasi di cui è composta una corsa vanno sempre attentamente studiate, analizzate in ogni particolare nel tentativo di migliorare quell'aspetto che possa ancor più permettere di abbassare il tempo.

Nello specifico?
Prendiamo ad esempio la disciplina di Samuele. Si vede e si rivede più volte la prestazione e ci si concentra sulle fasi dei 60 metri, ovvero la partenza e l'accelerazione. A differenza dei 100 metri, ad esempio, manca un terzo momento, la fase di resistenza, arrivando ad un picco di velocità che poi va tenuto. Da quegli studi si decide come intervenire, lavorare, prepararsi.

Samuele in particolare riesce a esprimersi in diverse distanze, dai 60 a 100 metri fino alla staffetta: si tratta di doti naturali o di allenamento?
Samuele ha una predisposizione naturale per affrontare varie distanze ma al di là delle caratteristiche di un atleta c'è poi tutto il lavoro di preparazione, allenamento e fatica. Nessuno può pensare di ottenere importanti risultati senza allenarsi, nemmeno Bolt vinceva a caso: ha dovuto soffrire e seguire un determinato percorso per arrivare a certi livelli. Poi le doti naturali, ovviamente, aiutano ancora di più.

Su quale aspetto ha dovuto lavorare di più su Samuele per permettergli di arrivare a questi livelli?
Su Samuele abbiamo lavorato molto sulla partenza perché è un momento sfruttato diversamente dagli atleti, ognuno a suo modo. Con lui abbiamo fatto un piccolo passo indietro, ripartendo dall'inizio e insegnandogli una modalità precisa: Samuele se vedete parte con il corpo molto sbilanciato in avanti, in fase di partenza, è proprio una infilata. Quando sei posizionato sui blocchi devi pensare che in quella condizione inizi a correre e quindi non serve alzarsi con il corpo ma serve lanciarsi quasi come fosse un tuffo. Ed è il movimento che ti permette di essere il più rapido possibile ed è una tecnica che, sembrerà strano, ma permette all'atleta anche di utilizzare meno sforzo fisico che poi può utilizzare nella seconda parte di corsa. Samuele l'ha capito e abbiamo visto che è un metodo che gli si adatta perfettamente.

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Dunque, Ceccarelli ad oggi si può considerare un atleta al massimo delle sue qualità?
Direi di no, non ancora. Samuele ad esempio è un ragazzo che ha qualche problema di appoggio del piede ed è un aspetto su cui ci stiamo ancora lavorando, anche perché è un atleta con enormi margini di miglioramento. Potrebbe apparire strano, ma è così perché lui ha ottenuto i risultati quasi a sorpresa. Sembra quasi ipocrita sostenerlo in questo momento, ma è la verità: ha ancora molto da dare e da migliorarsi.

Lei ha contribuito non poco all'esplosione di Samuele, c'è un retroscena che riguarda ad esempio i plantari. Ce lo racconta?
Io non lo stavo ancora allenando ma non appena ci siamo incontrati ho visto che portava i plantari e anche se non ero il suo allenatore gli ho prima chiesto perché li portasse e poi gli ho proposto di toglierli subito. Perché? Semplicemente perché un velocista corre appoggiandosi molto sugli avampiedi ed è lì che bisogna insistere. I plantari servono per i vari problemi che una persona ha ai piedi, quelli di Samuele ad esempio sono piedi pronati e bisognava soprattutto lavorare proprio sull'appoggio del piede, rinforzando la caviglia.

E come la prese Samuele?
Lui all'inizio non fu d'accordo, così abbiamo comunque iniziato ad allenarci, sempre con i plantari con i vari carichi e nel primo anno quando ci siamo preparati in modo intensivo all'indoor Samuele ha avuto una microfrattura da stress al perone destro. Purtroppo abbiamo dovuto interrompere l'attività, stare fermi tre mesi tra febbraio e aprile, condizionando anche la preparazione per la stagione all'aperto. L'anno dopo stessa musica: altri problemi durante la preparazione indoor, con una microfrattura al perone sinistro. Tutto perché questi plantari, che erano studiati per ovviare la pronazione del piede, praticamente causavano l'inversione, finché non ha deciso di toglierli: risolti alcuni problemi iniziali di assestamento, ha iniziato a volare. Da gennaio non si è più fermato, in un crescendo continuo.

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Dunque, si può dire che lei ha permesso a Ceccarelli di diventare il campione che è? 
E' cambiato proprio il suo mondo di atleta, si è sbloccato a livello prestazionale. Io non ho fatto alcun miracolo, ho solamente valutato la situazione e ho capito che c'era una possibilità di recuperare il piede anche attraverso esercizi specifici. Non sono contro l'utilizzo dei plantari, servono e sono utili ma anche per i non atleti è sempre utile analizzare se vi siano soluzioni naturali per ovviare ai problemi.

Doti naturali, allenamenti duri, preparazione, ma c'è anche un aspetto tecnologico. Ad esempio, quanto contano gli scarpini sempre più sofisticati che gli atleti indossano?
Rispetto ai miei tempi quando correvo io sembrava di  correre scalzi con sotto i chiodi, oggi si sono fatti passi da giganti anche negli scarpini chiodati. Non so fino a che punto possa davvero fare la differenza in corsa, ma di certo una buona scarpa dà un ottimo aiuto all'atleta perché effettivamente fornisce maggiore spinta. Non è semplice, perché bisogna comunque cercare la scarpa più adatta, perché se si calza quella sbagliata può creare anche problemi gravi alla muscolatura, influenzando il piede stesso.

Ci racconta i due momenti clou, che hanno fatto conoscere al mondo Ceccarelli, come li avete affrontati?
Ai Giochi Europei è stata una giornata molto particolare, perché si correva per l'Italia, in un evento a squadre che è stato vissuto in modo particolare: si sentiva la responsabilità personale e poi di squadra, visto che contava per prima cosa il punteggio, poi il primo posto. E' una cosa che è diversa da ogni altra situazione perché l'atletica è invece uno sport prettamente individuale dove ci si concentra su se stessi. In quell'occasione invece, l'abbiamo vissuta da squadra non come ai Campionati Italiani.

Dove Samuele è riuscito a battere un certo Jacobs tra lo stupore generale…
L'exploit precedente è stato vissuto passo dopo passo: avevamo notato una crescita di Samuele ancor prima dei campionati italiani ad Ancona, al meeting di Berlino. Poi agli Assoluti, vedendo Samuele in batteria ho capito che ce la poteva davvero fare contro Marcell, tanto che prima della finale gli dissi solamente una cosa: non sbagliare la partenza e se metti una spalla avanti non ti riprende. Infatti, così è stato, anche se di un solo centesimo ma Marcell non è riuscito più a recuperare.

Poi, il bis agli Europei Indoor a Istanbul, ancora una volta davanti a Marcell: tutto previsto?
Assolutamente no, ogni corsa ha una storia a sé, ogni momento è particolare. Dopo un paio di giorni dai campionati italiani ho notato che in quelli inglesi Prescod, riferimento preciso al livello europeo, si era imposto in 6'54" lo stesso tempo di Samuele. E allora lì ho capito che avremmo potuto farcela. Avevo visto un Samuele in crescita ed ero sicuro che sarebbe migliorato ancora. Non sapevo quanto, ma con Prescod in calare e con Marcell sugli stessi livelli gliel'ho detto: possiamo giocarcela.

Ci racconta come avete vissuto lei e Samuele quel giorno trionfale?
In semifinale c'è stata quella sparata di Samuele che ha messo Prescod ko psicologicamente con un 6'47" da brividi che poi ha schiantato l'inglese in finale, dove non c'era più con la testa, mentre Samuele è riuscito a dare il meglio di sé malgrado non fosse al cento per cento.

In che senso?
Quando siamo arrivati per la semifinale, a circa un'ora, un'ora e mezzo dal via ci siamo resi conto che qualcosa non andava: Samuele aveva 37 e mezzo di febbre. Non erano certamente le condizioni ottimali, accusava le gambe pesanti e così ho cercato di non pensarci, di concentrarsi su altro, sull'occasione d'oro che si era presentata. Mi sono ritrovato a svolgere anche un lavoro da vero e proprio mental coach, insistendo che con un po' di febbre si poteva andare forti lo stesso, e così poi si è convinto anche lui, superando ogni aspettativa in semifinale.

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Un exploit replicato in una finale straordinaria.
Alla vigilia della finale non stava di certo meglio, anzi fisicamente era ancora più distrutto. Abbiamo trascorso l'ora e mezzo che separava le due gare a parlare: alla fine ero quasi più stanco io a livello psicologico che non lui, bravissimo alla fine nel compiere la corsa perfetta con una grande partenza.

Dunque, lei oltre che a essere istruttore e preparatore è anche un mental coach?
Assolutamente no, è stata una situazione particolare, unica, che aveva preso anche me perché prima di quel momento non ero mai riuscito a incidere così prepotentemente sulla testa di un atleta. Mi sono ritrovato in un ruolo vero e proprio di motivatore e mi sono reso conto che Samuele in quel momento mi stava dando fiducia e si è autoconvinto che fosse davvero possibile.

A proposito di motivazioni: quanto conta avere un campione come Marcell Jacobs per Samuele e per l'atletica italiana?
Beh, su Marcell non si può dire nulla. A tutto il movimento dell'atletica italiana, e non solo per la velocità, ha dato e sta dando tantissimo. In un momento in cui tutto il mondo dell'atletica sta crescendo molto, e i Giochi Europei ne sono stati un esempio lampante, la presenza di uno Jacobs è fondamentale per i giovani, per chi magari si vuole avvicinare a queste discipline.  E' la riprova che stiamo lavorando bene, come tecnici,  preparatori, atleti, federazione, supportati da grandi atleti: Jacobs, Tamberi, Iapichino, Furlani. Tutti bravissimi.

Uno Jacobs che sta attraversando un periodo difficile, subissato dalle critiche e dai sospetti.
E' l'aspetto più brutto e fastidioso che si possa vedere, perché davanti ad un atleta come Marcell Jacobs ci si deve togliere solamente il cappello. Mai nessuno ha fatto quello che ha fatto lui e adesso sta attraversando un momento non proprio favorevole e lui sta cercando di uscirne nel migliore dei modi. Io l'ho visto soffrire anche in allenamento, lui ci crede ancora al risultato, non è che questa situazione gli piaccia.

Da preparatore, si è fatto un'idea di tutti questi infortuni e rinunce da parte di Marcell?
Purtroppo la velocità è una specialità in cui bisogna essere sempre a mille per andare sempre forte. Se molli un attimino torni subito nella normalità. Per capirci, non è come nel calcio che ogni tanto ti puoi difendere, ti affidi ai compagni e in qualche modo riesci anche se hai qualche problemino. Qui, nello sprint come in tutta l'atletica se hai qualche problema la paghi carissima e affondi. Per questo non ritengo che sia giusto attaccare così a livello mediatico Marcell Jacobs. Dobbiamo avere molto rispetto per lui, per un atleta di questi livelli. Magari ce ne fossero altri col cuore che ha Marcell e lo dico perché lo conosco personalmente.

E adesso? Ci sono i campionati assoluti di Molfetta, poi i Mondiali a Budapest. Cosa dobbiamo aspettarci da Ceccarelli?
Adesso si proverà a restare su alti livelli. Intanto io sono sicuramente pienamente orgoglioso di Samuele per ciò che ha fatto fino ad oggi, per cui va bene così. Poi, nello sprint purtroppo basta un battito di ciglia e tutto può cambiare per un verso o un altro. Quindi accada ciò che accada, tutto ciò che arriverà servirà per prima cosa per crescere ancora: il titolo italiano se lo può sicuramente giocare, poi se riusciamo a restare al top della forma, al mondiale si può fare bene, una semifinale è di certo alla portata.

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