Ginnastica italiana femminile, vite segnate dalla sottomissione: “Abbiamo un maialino in squadra”
Le sconvolgenti denunce di Nina Corradini e Anna Basta hanno scoperchiato il calderone dei metodi disumani adottati nel cuore della ginnastica ritmica femminile italiana, il centro federale dell'Accademia di Desio, lì dove le farfalle azzurre erano chiamate non solo a duri allenamenti come richiede lo sport di alto livello, ma anche a regimi alimentari assolutamente insani, con conseguenze devastanti su corpi e menti di quelle giovani donne.
La magrezza estrema era un valore fondante, mettere su anche un etto era un motivo di vergogna e disonore, significava non ripagare gli investimenti della federazione. Sensi di colpa, disturbi alimentari e della personalità, un prezzo altissimo da pagare: altro che sport. Fino ad arrivare al livello più alto, quello delle campionesse mondiali. Tale è stata per due volte, nel 2009 in Giappone e nel 2010 a Mosca, Giulia Galtarossa, un'eccellenza dunque del movimento azzurro. Neanche la padovana, oggi 31enne, si è salvata dalle umiliazioni.
"Una volta le allenatrici fecero schierare tutte le compagne davanti a me, poi una di loro mi chiese di fare un passo indietro e di girarmi di spalle per far vedere quanto fosse grosso il mio sedere – racconta a Repubblica, facendo capire come quelle esperienze terribili abbiano segnato la sua vita in maniera indelebile – Se mi chiedono di riconsegnare le medaglie vinte nella ritmica per riavere la felicità non avrei dubbi: direi di sì. L'esperienza all'Accademia di Desio mi ha rovinato la vita".
Le conseguenze per l'adolescente Giulia sono state devastanti: "Appena ho lasciato la ginnastica ho iniziato un percorso in un centro per i disturbi dell'alimentazione: mi hanno diagnosticato una sindrome da alimentazione incontrollata. Una malattia che ha condizionato la mia vita sociale, per tanto tempo non sono uscita di casa".
Il racconto della Galtarossa spiega in maniera cruda come coloro che dovevano essere educatrici e maestre di vita, prima ancora che allenatrici, erano insensibili a qualsiasi richiesta d'aiuto lanciata da quelle ragazze in difficoltà: "Minimizzavano tutte il problema. Ho anche pregato le allenatrici di mandarmi via. Loro però hanno fatto leva sul mio senso di colpa, facendomi pesare il fatto che la Federazione avesse fatto degli investimenti su di me. In realtà avevano bisogno solo di una pedina in più. Mi hanno fatto il lavaggio del cervello, per tanto tempo ho pensato fosse colpa mia e credevo davvero di essere grassa e brutta. L'unica mia colpa invece è essere rimasta in silenzio fino a oggi. Una parte di me voleva denunciare, ma l'altra aveva paura. Ero indecisa fino a poco fa, poi sono venuta a sapere che le allenatrici della Nazionale ancora l'altro giorno continuavano a dire in giro che i disturbi alimentari non esistono. Sono solo scuse, dicono, perché le ginnaste si sfogano sul cibo quando non arrivano ai risultati. Penso sia troppo".
La vita quotidiana nell'Accademia di Desio somigliava ad un inferno: "Ci sono entrata a 15 anni, era il 2008. Nel 2009 mi hanno promosso titolare. Nella mia vecchia società si respirava un clima diverso, invece a Desio mi svegliavo ogni mattina con la consapevolezza che mi avrebbero pesato. L'aspetto peggiore erano i commenti che seguivano il controllo. Se venivi presa di mira, non ti lasciavano tregua. Sono arrivate a pesarmi anche 4 volte al giorno: era diventato un problema anche bere mezzo litro d'acqua dopo ore di allenamento. Una volta un'assistente dello staff mi ha urlato in un ristorante, un posto convenzionato con la federazione. Stavo sbucciando una pera. Entra e mi guarda con occhi sgranati, per poi dirmi: ‘Giulia, tu ti stai mangiando una pera?'. Non potevo. Uno o due etti cambiavano la giornata in palestra. Una volta mi hanno dato una dieta e alla fine c'era scritto un messaggio per me: ‘Abbiamo un maialino in squadra'…".
La testimonianza di grande sofferenza di Giulia Galtarossa si aggiunge a quelle di Nina Corradini e Anna Basta, ma anche di altre ragazze che sui social stanno aggiungendo altre voci alla denuncia dei metodi brutali adottati nell'Accademia di Desio. Il fiore all'occhiello della ginnastica ritmica italiana è adesso anche oggetto di indagine della Procura di Brescia ed il Coni, sollecitato dalla politica, non può fare finta di nulla: in mattinata è andato in scena un incontro tra il ministro dello Sport e dei Giovani, Andrea Abodi, col presidente del Coni Giovanni Malagò e quello della Federginnastica, Gherardo Tecchi.
Gettare la polvere sotto il tappeto non è più possibile, non dopo denunce così circostanziate, e le parole del ministro Abodi indicano la volontà di accertare fatti e responsabilità allo scopo di voltare pagina: "Le medaglie sono un fattore di orgoglio nazionale, ma non ci sarà mai una medaglia che coprirà comportamenti non adeguati. C'è un tribunale ordinario a Brescia e uno federale prontamente sollecitati. C'è una segnalazione e c'è un calendario certo. Quello che emerge andrà valutato, di sicuro il confine tra il rigore e lo sconfinamento è una linea sottile. L'allenamento della ginnastica presuppone una preparazione fisica di un certo tipo. Ma le cose bisogna dirle agli atleti nel modo giusto, altrimenti si va oltre".