Federica Pellegrini, la sirena del nuoto azzurro
“Ho dentro di me due opposti, il Marine e la ragazzina timida che ha paura, capirò prima o poi di cosa”. La Pellegrini e Federica, due anime, una stessa storia. Ha conquistato un argento che sa di vittoria, nella sua gara, i 200 stile libero. Ha fermato il tempo a Kazan, davanti al suo idolo, Franziska Van Almsick, e all’antica rivale e in acqua e in amore Laure Manadou, che commentano il Mondiale per la tv tedesca e francese. “Federica ha saputo resistere perché nessuna ha la sua testa” ha detti Manadou. E Franzi ha spiegato il segreto del loro successo. “E’ sempre rimasta fedele ad una sola gara, la nostra, una delle gare più emozionanti in vasca. Lei, come succedeva a me, riesce sempre a nuotarla bene perché le vien fuori profondamente dal cuore. Non è una gara facile da interpretare ad alti livelli, esistono alcuni meccanismi delicati e complessi che se saltano non ti fanno arrivare a certi tempi”. Si è presa anche un altro regalo per il 27mo compleanno, lei che diceva avrebbe smesso a 26, e adesso guarda a Rio. I 200 li ha nuotati di nuovo, nell’ultima frazione della staffetta 4×200, e ha portato l’Italia a un argento impensato e celebrato come una vittoria, dietro l’imprendibile Katy Ledecky, che ha riscritto ogni limite dalla velocità alla resistenza, dai 200 agli 800. “Ha fatto qualcosa di immenso: è uno dei suoi podi più belli in assoluto” ha commentato il papà.
Voglia di perfezione – Ne è passata di acqua, è proprio il caso di dirlo, dal Mondiale del 2005, dal pianto per un secondo posto amaro, per quella medaglia esibita con l’insoddisfazione ostentata di chi crede che “non si vince l’argento, ma si perde l’oro”.”Ho il complesso di essere perfetta. Mio padre è uguale” ha raccontato. “Ho sempre voluto essere la migliore nel nuoto e a scuola. Per un poco è durato, poi mi sono resa conto che non era possibile. Ma non è stato facile digerirlo”. Dieci anni dopo, un argento val bene un pianto di gioia.
Determinazione e disciplina – Da ragazzina, ha confessato a Repubblica, “ero una stronzetta”, con la personalità determinata che troppo spesso viene confuso e spacciato per cattivo carattere. Papà Roberto, barman in un grande albergo con un passato da paracadutista, le trasmette un certo feeling per la disciplina. "La mentalità militaresca mi piace. Da piccola andavo alle manifestazioni dei parà e ne restavo affascinata. È un giusto modo di pensare” racconta. E ce ne vuole, per nuotare 16 o 20 chilometri al giorno, cinque giorni la settimana, per svegliarsi alle quattro e mezza e andare in piscina alle cinque prima della scuola. Sa bene quello che vuole, Federica, e lo sa da subito. In terza elementare, racconta mamma Cinzia, figlia di un campione italiano di lotta grecoromana, “voleva andare a scuola da sola, io preferivo accompagnarla: lei mi scappava via e io la rincorrevo in bici”.
Nuovi orizzonti – Oggi il suo mondo, per molti versi, si è allargato. “Ho avuto amicizie, amori grandi e piccoli, giochi, serate, ma tutte a bordo vasca. La mia vita è stata piscina. E inevitabilmente tutto ha ruotato attorno a quello, forse ancora oggi. Le mie amiche del cuore nuotavano. E la sera la pizza, ma continuavamo a parlare di nuoto. Ci ho messo del tempo a staccarmi da quel monolite” ha spiegato. Anche se poi è tornata felicemente fidanzata con Filippo Magnini, un altro di quei grandi amori che fanno dei giri immensi ma poi ritornano. La Federica di oggi, che per i massmediologi potrebbe valere un milione di dollari, è “una persona non ipocrita, probabilmente non brutta, che dice sempre quello che pensa. Credo che molti l’abbiano capito”.
A Pechino fa la storia – Ma resta una vena della Federica timida che a Pechino non ha incontrato Kobe Bryant, andato apposta per lei ad assistere alle gare di nuoto. C’era un obiettivo da raggiungere, il più bello di tutti. “Per me forse la mia vittoria più importante è stata l’Olimpiade nel 2008” ha raccontato due anni fa, “che è il sogno di qualsiasi atleta. In più sono riuscita a vincere con il record del mondo quindi con la consapevolezza che nessuna mai nella storia aveva fatto meglio di me in quella specialità. Ecco, tutti i momenti negativi che ho vissuto fino a quel momento sono spariti in un lampo e mi sono trovata a dirmi: cavoli, per un minuto di inno sul gradino più alto del podio ne è valsa veramente la pena”.
Castagnetti, un secondo padre – Non è facile nemmeno per gli allenatori starle dietro, soprattutto dopo la morte di Alberto Castagnetti, dopo i Mondiali di Roma del 2009. “È stato il mio secondo papà. Quando se n’è andato senza avvisarmi, morto dopo una complicazione di un intervento che sembrava di routine, mi è franato il mondo addosso”. Ha provato Stefano Morini, Federico Bonifacenti e in due riprese Philippe Lucas, l’ex allenatore di Laure Manaudou. Adesso Federica, cresciuta con due valori forti, famiglia e piscina, si affida all’ex “vice” di Lucas, Federico Giunta, cugino di Magnini, sempre con base a Verona, il suo luogo speciale, dove si sente sicura e trova la sua serenità. “Il rapporto con un coach” spiegava a Giovanni Malagò, presidente del CONI e del circolo Aniene per il suo libro “Storie di sport, storie di donne”, “è importantissimo, un connubio fatto di complicità, e soprattutto protezione. [Anche perché] specialmente nei grandi eventi ho bisogno di qualcuno che mi calmi, mi tranquillizzi”. Sì, perché Federica ha sofferto, come molti, anche di crisi d’ansia. “Scoprire di non essere unici aiuta” ha confessato, sempre a Giovanni Malagò. “Sentire un personaggio conosciuto che ha un forte seguito, raccontare i propri problemi e spiegare che possono passarci tutti penso sia importante”.
Forza e fragilità – Perché, è questo il valore di una campionessa consapevole del suo ruolo, della sua forza e delle sue fragilità, si può essere una leggenda dello sport in acqua e una ragazza con le stesse passioni e le stesse difficoltà di tutte. Con l’amore per le scarpe, “ho un guardaroba da Sex and the City” ha detto scherzando in un’intervista, tanto da aprire un locale con tutta la famiglia a Spinea dal nome molto indicativo, Tacco 11. E con la passione per i tatuaggi, per il primo ha dovuto lottare e ha ottenuto il permesso dei genitori solo dopo la qualificazione Mondiale a 15 anni, e una fenice disegnata sul collo: ed è tutto tranne che un caso. C’è la campionessa che cade dopo Londra 2012 e risorge, che vuole vincere sempre e comunque, e la Federica “Mafaldina”, come il nickname che ha scelto su Twitter, che vuole vivere. Cos’hanno in comune? Il bisogno di tenere tutto sotto controllo. Ed eccola, la Federica Pellegrini dalle due anime, il Marine e la ragazzina che diffida del mare. La sirena del nuoto azzurro che ha paura quando non vede il fondo.