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Cosa succede se alle Olimpiadi un atleta vince ma rifiuta la medaglia: conseguenze gravissime

Le conseguenze gravissime degli atleti alle Olimpiadi nel caso in cui dovessero rifiutare la medaglia conquistata. Il CIO per questi casi prevede conseguenze gravissime. Due casi in passato ai Giochi.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Vincere una medaglia alle Olimpiadi è l'obiettivo di tutti gli atleti che prendono parte ai Giochi. Il raggiungimento di un traguardo sognato da una vita e che alle spalle nasconde anni e anni di lavoro. L'enorme rispetto verso le Olimpiadi viene testimoniato dall'entusiasmo mostrato da ogni atleta, dai principi di sportività e lealtà che non sempre vengono evidenziati negli sport più comuni come calcio o tennis. Eppure ci sono delle eccezioni. Il CIO infatti punisce in modo severissimo chiunque sul podio rifiuti di indossare la medaglia per qualsiasi motivo.

Un rituale antipaticissimo che proprio nel calcio vediamo spesso diventando argomento di opinione pubblica di recente. In occasione degli Europei 20/21 quando l'Inghilterra sconfitta dall'Italia decise di togliersi immediatamente la medaglia del secondo tempo che gli era stata da poco consegnata. Ma se FIFA e Uefa restano inermi di fronti a questi gesti, in passato il CIO ci è andato giù pesante squalificando a vita due atleti proprio per essersi rifiutati di ricevere la medaglia conquistato oppure aver avuto atteggiamenti antisportivi durante la premiazione.

Il gesto di Ara Abrahamian a Pechino 2008.
Il gesto di Ara Abrahamian a Pechino 2008.

La sanzione prevista dal CIO in caso di rifiuto della medaglia

La squalifica a vita è infatti una punizione di fatto definitiva. Basti pensare che nel 1992 a Barcellona, ​​il sollevatore di pesi Ibragim Samadov dell'ex Unione Sovietica vinse il bronzo nella categoria dei pesi massimi leggeri ma insoddisfatto del risultato, si rifiutò di chinarsi evitando che la medaglia potesse essere messa al suo collo durante la cerimonia. La prese tra le mani prima di lasciarla cadere sul podio e andarsene tra I fischi. Samadov venne squalificato a vita dal CIO che confermò la sanzione nonostante le scuse dell'atleta.

Così come Samadov, anche il lottatore svedese Ara Abrahamian nell'edizione delle Olimpiadi 2008 di Pechino ebbe una reazione simile. Abrahamian perse contro l'italiano Andrea Minguzzi nella semifinale della categoria di peso 84 kg della gara di lotta greco-romana. Denunciò "evidenti errori di giudizio" e lui e il suo allenatore accusarono i dirigenti di corruzione. E così nonostante avesse stretto la mano e accettato la medaglia, se la tolse subito, scese dal podio e la posò sul tappeto di gara. Il CIO lo squalificò immediatamente a vita. Una squalifica poi revocata nel 2009, ma Abrahamian a quel punto ne aveva già abbastanza di quello sport e non tornò più a lottare.

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