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Olimpiadi Parigi 2024

Cosa c’è dietro il caso Khelif, lo scontro politico che può portare la boxe fuori dalle Olimpiadi

Il caos che s’è generato intorno all’eleggibilità alle Olimpiadi della pugilatrice algerina è deflagrato a causa della squalifica ai Mondiali inflittale dall’IBA. Nello scontro tra il CIO e l’International Boxing Association s’insinuano anche questioni politiche e di potere.
A cura di Maurizio De Santis
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Basterà il comunicato ufficiale del CIO a mettere la parola fine al battage mediatico su Imane Khelif? Con ogni probabilità no perché alle Olimpiadi di Parigi il caso della pugile che, nonostante sia stata regolarmente ammessa nella categoria femminile, è al centro di una polemica fortissima sull'identità di genere: è una donna, né un uomo (ipotesi ventilata da quanti ha puntato il dito sui parametri del testosterone) né una persona trans. Il caos che s'è generato intorno all'eleggibilità della sua figura è deflagrato a causa della sua squalifica ai Mondiali che avvenne a torneo in corso in seguito delle analisi sul DNA: "Sono vittima di un complotto", si difese la boxeur.

La questione è divenuta terreno di scontro politico, tanto in Italia (considerate anche le prese di posizione del ministro dello Sport, Abodi, alla vigilia e della Presidente del Consiglio, Meloni, dopo il ritiro di Angela Carini dal match con l'algerina) quanto al livello internazionale, oltre che lotta di potere tra lo stesso CIO e l'IBA. A quest'ultima nel 2023 il Comitato ha revocato lo status (sospeso nel 2019) di Federazione Internazionale per la boxe e l'ha estromessa dal mondo dei Giochi.

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Una decisione motivata in base al paragrafo 7 dell'articolo 3 della Carta Olimpica, che fa riferimento al riconoscimento formale degli organi costituenti all'interno del Movimento Olimpico (tra cui sono annoverate le Federazioni Internazionali), e ribadita anche da una sentenza del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (2 aprile 2024).

Una decisione rivoluzionaria, che ha dato uno scossone a tutto il settore del pugilato dalle fondamenta al punto da tracciare un punto di non ritorno: dopo Parigi 2024 (ed "entro l'inizio del 2025") atleti e Federazioni dovranno abbandonare l'International Boxing Association e confluire tutti in una nuova realtà istituzionale, la World Boxing. Chi non lo farà sarà escluso da Los Angeles 2028 oppure – ed è lo scenario peggiore – il pugilato sarà cassato dal programma olimpico se il numero di adesioni non sarà sufficiente.

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"A causa dell'universalità e dell'elevata inclusività sociale della boxe, il CIO vuole che continui a essere presente nel programma dei Giochi Olimpici. Purtroppo, questo è tutt'altro che certo per i Giochi Olimpici di Los Angeles 2028 perché, per motivi di governance, il CIO non è in grado di organizzare un altro torneo olimpico di pugilato. Per mantenere il pugilato nel programma olimpico, il CIO ha bisogno di una Federazione Internazionale riconosciuta e affidabile come partner, come per tutti gli altri sport olimpici".

Come si è arrivati a questo punto? La situazione è esplosa dopo anni di sospetti e ombre sulla gestione della disciplina da parte dello storico organismo internazionale. Corruzione interna e poca trasparenza, mancata riforma nel procedimento di selezione di arbitri e giudici di gara, i legami dell'attuale presidente, Umar Kremlev, con Vladimir Putin sono i capi d'imputazione che nemmeno più la ricca e fondamentale (per la sopravvivenza) sponsorizzazione del colosso russo Gazprom è riuscita ad arginare.

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Fu proprio Kremlev a spiegare la rimozione di Khelis e della taiwanese Lin Yu-tin sostenendo che "avevano cromosomi XY e per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi così da garantire integrità e equità della competizione". Parole e provvedimento che hanno contribuito a rendere definitivamente insanabile la rottura con il CIO sia per la pratica sia per l'inconciliabilità delle visioni.

Quale è la posizione della Federazione italiana? Comune a molte altre che si trovano a vivere questa fase di transizione e di cambiamento con lo smarrimento dettato da alcuni fattori: solo una trentina di Stati membri è passato sotto l'egida della World Boxing (mentre sono ancora in molti quelli rimasti sul ciglio dell'altra sponda) poi ci sono l'aspetto economico che ha un peso fondamentale e un calendario di eventi di livello tutto da costruire che rappresentano (ancora) un freno. Cosa farà la FPI? Seguirà le indicazioni del Coni. Ma è impossibile immaginare – pena l'esclusione – che il percorso, a meno di clamorosi colpi di scena, possa essere diverso da quello indicato dal CIO.

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