Coppa Davis, Federer e la Svizzera nella storia
Ko tecnico. Roger Federer stende Gasquet 6-4, 6-2, 6-2, celebra il 50mo successo in Davis e porta la Svizzera nella storia. La prima Coppa Davis elvetica è il risultato di una costruzione che parte da lontano, di scelte ponderate e degli azzardi di Arnaud Clement, tradito da Gasquet, il peggiore in campo in tutto il weekend. Affidarsi a lui, che sente troppo la pressione in questi appuntamenti e ha scelto a inizio stagione Sergi Bruguera come coach ma ha fallito soprattutto sulla terra rossa, per contrastare Federer con cui non vince un set da Roma 2011, è solo l'ultima delle scelte controproducenti del capitano francese. E' il trionfo di Federer e Wawrinka, due alfieri che l'hanno vinta praticamente da soli, due campioni che hanno mostrato abbastanza umiltà da chiedere aiuto a David MacPherson, il coach dei gemelli Bryan, la coppia numero 1 al mondo che ha riscritto tutti i libri dei record, per migliorare in doppio. E gli effetti, nella partita che ha definitivamente spostato la bilancia dalla parte rossocrociata, si sono visti eccome. E' stato un po' come nel 1992, per la Svizzera, che nell'unica precedente finale si era presentata a Fort Worth, in Texas, solo con Jakob Hlasek e Marc Rosset. E' andata meglio del '92, perché Federer e Wawrinka non sono Hlasek e Rosset, e soprattutto perché di fronte non c'erano Agassi, Sampras, Courier e McEnroe, chiamato per il doppio con Sampras mentre stava divorziando da Tatum O'Neil per quella che rimane la sua ultima apparizione in Davis. Dopo quel successo così netto nella forma e nella sostanza, i Bleus hanno iniziato fatalmente a sentire che non sarebbero diventati la settima nazionale, la seconda dall'introduzione del World Group nel 1972, a rimontare uno svantaggio di 1-2 in una finale di Davis. E soprattutto il capitano francese Arnaud Clement ha intuito certamente che non avrà una settimana facile da lunedì.
Federer nella leggenda – Roger Federer aggiunge l'unico grande trofeo che ancora gli mancava, quella Coppa Davis che per anni ha giocato solo a tratti, a lungo scottato dalla rimonta subita nel 2003 da Hewitt, rimasto per anni l'ultimo ad averlo sconfitto dopo aver perso i primi due set. Una Coppa Davis che Federer ci teneva a vincere, e lo si è visto in questa finale iniziata male. E' arrivato a Lille con l'incognita per il ritorno dei problemi alla schiena che l'avevano condizionato nell'estate 2013, quella del gilet sopra la maglietta per combattere l'umido in un match a suo modo memorabile contro Florian Mayer, della nuova racchetta e della sconfitta contro Delbonis che sembrava l'inizio della fine. E' arrivato a Lille senza allenarsi, dopo le smorfie di dolore verso la fine della semifinale del Masters vinta su Wawrinka, e nel grande disegno del destino non puòessere un caso. Wawrinka che l'aveva criticato proprio per quel suo altalenante attaccamento alla Davis, che secondo indiscrezioni pubblicate in libertà sui social e troppo semplicisticamente moltiplicate dalla vox populi che ai social si abbevera, avrebbe litigato con Roger la notte prima della finale. E il forfait prima della sfida a Djokovic, il terzo in carriera in oltre 1200 partite giocate, ha tenuto in apprensione capitan Luthi, che di Federer è grande amico, e i tifosi svizzeri. Apprensione aumentata dopo la resa senza condizioni a Monfils in una prima giornata che ha riscritto le gerarchie e consegnato il proscenio ai numeri 2. Tanto spento è apparso Federer venerdì, tanto esaltante è risultato Wawrinka, che ha esacerbato i limiti tecnici e le fragilità psicologiche note e nascoste dalla stazza muscolare di Tsonga. Con quel rovescio, il più bello del circuito tra quelli che ancora lo giocano a una mano, Wawrinka ha potuto fare quel che ha voluto. Il doppio e il singolare decisivo hanno restituito un Federer carico, che si è incitato molto più spesso e più visibilmente di quanto siamo abituati a vedere, segno tangibile di quanto ci tenesse a questa finale, trascinato anche lui dalla passione unica della Davis, lui che ha confessato di non aver nemmeno visto in tv la finale del '92.
Clement, quanti errori – Clement ha sperato in una superficie lenta, in una terra rossa dal rimbalzo molto basso. E invece a Lille ha trovato un campo su cui Federer e Wawrinka hanno potuto scambiare bene da fondo e comandare il gioco. Ha scelto di non chiamare Gilles Simon, che avrebbe potuto mettere maggiormente in difficoltà gli svizzeri in singolare, soprattutto sulla lunga distanza. Già dal pre-raduno in cui ha convocato quattro singolaristi, ha comunicato un'idea di rassegnazione verso il doppio, che invece si è rivelato fondamentale. Ha portato tre singolaristi a Lille e sacrificato Roger-Vasselin, doppista "vero" che avrebbe probabilmente fatto una figura migliore con un altro specialista come Benneteau. Ma soprattutto ha scelto Tsonga e Monfils contando sul calore del pubblico di Lille. Ha scelto due giocatori che si esaltano quando vengono spinti dall'energia del pubblico. Ma l'atmosfera è stata molto diversa da quella sperata. Ai francesi sarebbe servito il calore di Lione, di quei tifosi che nel '91 hanno letteralmente spinto Forget e il vecchio e infortunato Leconte alla vittoria su Sampras nel primo anno da capitano di Yannick Noah. E invece Clement ha trovato un pubblico silenzioso, che in alcuni frangenti sembrava tifare più per Federer che per i giocatori di casa. Les enfants de la patrie dovranno aspettare ancora per altri jours de gloire.