Congost e il bronzo paralimpico negato: “Un gesto umano mi è costato il cibo per i miei figli”
L'inflessibilità dei giudici di gara è stata una mazzata per l'atleta paralimpica, Elena Congost. A Parigi ha perso molto più della medaglia di bronzo nella maratona, in ballo adesso ci sono addirittura la carriera e il sostentamento familiare. Tutto per un gesto umano di cui non si pente affatto: a una decina di metri dal traguardo ha lasciato per qualche secondo la cordicella che la teneva allacciata alla sua guida (Mia Carol Bruguera) sopraffatta dai crampi dopo 42 chilometri.
L'ha ripresa subito ma quegli attimi le sono stati fatali per la rigidità interpretativa dei funzionari che hanno applicato la sanzione (la stessa comminata anche a un altro concorrente) senza tener conto del contesto, come sostenuto dalla stessa federazione spagnola nel ricorso.
"Mi è costato 30 mila euro più ogni mese di stipendio che serve per il cibo dei miei figli" e percepisce in base a una borsa per meriti sportivi. La decisione dei commissari di gara ha riscosso polemiche: pur avendo un vantaggio incolmabile sulla concorrente giunta quarta (oltre 3 minuti rispetto alla giapponese Misato Michishita), Congost è stata crudelmente squalificata per aver violato il regolamento. La podista è affetta dalla nascita da una disabilità visiva degenerativa: i suoi occhi sono proprio la persona che corre accanto a lei.
"La norma è la norma – ha aggiunto nell'intervista ad ABC – , ma così si perde lo spirito stesso della norma fatta in modo che non ci sia alcun beneficio per un atleta che cerca una scappatoia. Onestamente, non so proprio quale ingiusto vantaggio si possa avere nel procedere senza corda… ti unisce alla tua guida, che sono i tuoi occhi. Se lasci la corda, dove vai da solo? Puoi solo cadere o schiantarti…". La rabbia e l'amarezza della maratoneta iberica sono alimentate anche da un dettaglio ulteriore: "L'atleta dietro di me era staccata di almeno tre minuti. Vuol dire che avrei potuto tagliare il traguardo anche a quattro zampe e non mi avrebbe raggiunto. Il risultato della gara non è stato alterato".
Nonostante la grande delusione, non ha alcuna remora. "Rifarei quel gesto – ha aggiunto -. E spero che nessuno si penta di un atto bellissimo come aiutare il partner che ha corso per 42 chilometri al tuo fianco aiutandoti a vedere. Forse mi pento di non aver pensato a camminare, ma ora non si può nemmeno tornare indietro".
Cosa accadrà ora? "Perdere i compensi è stata la cosa che mi ha ferito di più. L'atletica è la mia passione, ma mi impegno al massimo per la mia famiglia, i miei figli e per avere stabilità economica perché, alla fine, è il mio lavoro. Nessuno lavora gratis. Non si mangia l'aria. Ho fatto uno sforzo titanico in un anno dopo essere diventata mamma quattro volte per loro, per avere un'economia familiare migliore e poter lavorare su quella che è la mia passione. E ho visto portarmi via tutto".
Congost è un delle più forti maratonete paralimpiche: vinse l'oro ai Giochi di Rio 2016 e l'argento nei 1.500 metri a Londra 2012, ed era tornata alle massime competizioni dopo otto anni di assenza durante i quali è diventata madre di quattro figli. Non tutto è perduto, una luce di buon senso in fondo al tunnel c'è. "Il presidente della Federazione, dopo le pressioni dei media, ha spiegato che si sarebbe battuto per la mia borsa di studio, mi ha rassicurato e dato tranquillità. Innanzitutto perché ho visto che il buon senso brilla ancora nel mondo. E poi perché ti senti protetto. Se questa situazione non viene risolta dovrò iniziare a lavorare come insegnante, che è ciò che ho studiato".