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Cinque rugbisti condannati all’ergastolo per aver picchiato a morte un ragazzo: “Un’esecuzione”

Per la morte di Fernando Báez Sosa, avvenuta nel gennaio 2020 nei pressi di un locale notturno in Argentina, è stata condannata quasi un’intera squadra di rugby, composta da ragazzi tra i 18 e 21 anni: “Lo hanno pestato fino ad ucciderlo”
A cura di Alessio Pediglieri
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Per l'omicidio di Fernando Báez Sosa, giovane studente di giurisprudenza, cinque degli otto giocatori di rugby che erano accusati del pestaggio mortale, sono stati condannati all'ergastolo, mentre per tre di loro si discute una pena detentiva non inferiore a 15 anni. Si è conclusa così la drammatica vicenda che si era consumata nel gennaio 2020 in Argentina. Durante la lettura della sentenza, avvenuta nella giornata di lunedì 6 febbraio, uno di loro, Maximo Thomsen si è sentito male, svenendo in aula senza che nessuno potesse far nulla per soccorrerlo.

Fernando Báez Sosa è morto a seguito delle lesioni riportate dopo una violenta aggressione mentre stava uscendo da un locale da ballo nella località balneare di Villa Gesell, situata a 380 km da Buenos Aires. Il ragazzo è stato prima circondato e poi picchiato selvaggiamente da una banda composta di diversi giovani giocatori di rugby, poi tutti immediatamente posti in stato di fermo. La sera dell’omicidio Fernando era con alcuni amici in un locale di Villa Gesell, quando scoppiò una lite fra il suo gruppo e quello dei giocatori di rugby. I gestori avevano cacciato i litiganti dal locale, ma qualche minuto dopo i giocatori della squadra di rugby locale avevano deciso di vendicarsi: hanno aspettato Báez Sosae lo hanno assalito a tradimento, iniziando a colpirlo. Crollato a terra, il ragazzo era stato raggiunto nuovamente da altri colpi che gli avevano fatto perdere i sensi.

Secondo l'autopsia, il giovane è morto a causa di un violento "trauma cranico". "Lo hanno picchiato molto", aveva testimoniato la madre della vittima, "lo hanno picchiato fino a ucciderlo". Inizialmente, dopo il delitto, erano stati arrestati 11 giovani di età compresa tra i 18 ei 20 anni, di cui solo due accusati di essere gli autori materiali dell'omicidio, ma la ricostruzione dei fatti ha portato al coinvolgimento di ben undici rugbisti.

Un caso che aveva coinvolto l'attenzione dell'intera Argentina nelle settimane successive, sia per l'efferatezza dell'omicidio, sia per la giovanissima età dei colpevoli, tutti appartenenti ad una squadra dilettantistica di rugby della zona e della media borghesia di Zarate. Atleti, figli di docenti universitari e direttori di scuole private, anche il figlio di un segretario comunale delle Opere Pubbliche: un mix che ha tramutato il processo in un vero e proprio evento mediatico.

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Nei mesi successivi, tre degli 11 imputati sono stati sollevati dalle accuse, lasciando i restanti otto a processo: per cinque degli otto giocatori di rugby era stato chiesta la massima pena, ossia il carcere a vita e così è stato I testimoni avevano riportato tutti i particolari del pestaggio. La polizia aveva trovato anche chat di gruppo tra i ragazzi. "Un'esecuzione" aveva formulato l'accusa, tesi accolta dal giudice che ha condannato cinque rugbisti per È

La sentenza è stata formulata nella giornata di lunedì 6 febbraio, in una diretta TV e sui social media che ha richiamato milioni di utenti che hanno seguito negli ultimi due anni questo terribile caso. Uno dei momenti più drammatici è stato quando Máximo Thomsen, considerato il leader del gruppo di rugbisti, è svenuto dopo aver saputo che era stato condannato all'ergastolo. A quel punto, c'è stato un improvviso rumore, poi brusio sempre più alto in aula e il giudice ha dovuto interrompere la lettura della condanna: Thomsen è caduto esausto sulla sedia, con lo sguardo perso nel vuoto, con gli occhi sbarrati. Per alcuni istanti nessuno è intervenuto, solo poco più tardi un poliziotto è intervenuto ad afferrargli la testa e ad aiutarlo, non i suoi amici che erano al suo fianco.

Quindi è sopraggiunto lo staff medico in soccorso del ragazzo ma tutti sono rimasti sorpresi del mancato intervento degli altri amici che non hanno fatto nulla per assisterlo, pur essendo al suo fianco. La spiegazione è dettata dalle leggi in vigore in tribunale: gli imputati non possono muoversi per alcun motivo, anche in caso di malessere o pericolo. Per assistere alla sentenza da parte del giudice vengono loro tolte le manette ma al primo accenno di movimento le guardie sono obbligate a intervenire e a riportarli in carcere. Alla fine il giudice ha ripreso a leggere il verdetto, tra le lacrime e i singhiozzi dei rugbisti rimanenti.

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