Bivol batte Canelo Alvarez nel mondiale di boxe: niente Russia, entra con i colori kirghisi
Grande sorpresa a Las Vegas nella notte: Dmitry Bivol ha battuto ai punti per decisione unanime Saul ‘Canelo' Alvarez nel mondiale dei mediomassimi – conservando la cintura da lui detenuta – al termine di un combattimento dominato al di là del punteggio scritto sui cartellini dei giudici (115-113 per tutti e tre). Il messicano, considerato alla vigilia il miglior pugile in circolazione ‘pound for pound', ovvero indipendentemente dalla categoria di peso, si è spinto probabilmente troppo oltre nel salire di peso fino ai mediomassimi, lui partito dai welter, ed ha incassato la seconda sconfitta in carriera dopo quella del 2013 contro Floyd Mayweather.
Bivol, 31enne come Canelo, resta imbattuto e adesso che ha colto la più grande chance della sua carriera sarà lui a dettare le condizioni – soprattutto in termini di borsa – per un secondo incontro tra i due già chiesto dal messicano: "Lui è un grande campione, nel pugilato si vince e si perde, bisogna accettarlo. Ma ci sarà una rivincita". "Non c'è problema, ma sia chiaro che il campione sono io e voglio essere trattato come tale", è stata la replica. L'incontro era stato preceduto da feroci polemiche provenienti dall'Ucraina: "A Bivol, come a tutti gli atleti russi, non andrebbe permesso di combattere", avevano detto i due ex campioni mondiali dei pesi massimi Vitali Klitshko, attuale sindaco di Kiev, e suo fratello Wladimir, entrambi oggi impegnati nella difesa del proprio Paese, armi alla mano.
La WBA aveva replicato che l'incontro si sarebbe regolarmente svolto, ma senza la presenza di bandiera e inno russi. Peraltro lo stesso Bivol era stato molto distensivo nelle sue dichiarazioni sulla questione, pur non condannando l'invasione di Putin: "Ho molti amici in Ucraina. Ho molti amici in Russia e la mia famiglia è in Russia. Ho molti amici ovunque. Auguro a tutti pace e solo il meglio. È davvero triste per me. Ogni giorno mi sveglio e leggo le notizie. Spero che questo finisca presto. Nessuno accetta quello che sta succedendo. Non pensiamo alla politica coinvolta, pensiamo solo a ciò a cui stiamo assistendo. Nessuno di noi si sta godendo quello che sta succedendo".
Bivol è il prodotto di tante nazionalità: padre moldavo, madre coreana, è nato in Kirghizistan nel 1990 come cittadino sovietico, poi l'anno dopo – dopo la dissoluzione dell'URSS – è diventato kirghiso. Dall'età di undici anni vive a San Pietroburgo in Russia con la sua famiglia. La WBA è l'unico ente pugilistico mondiale che non ha fermato combattimenti con protagonisti campioni in carica dalla Russia o dalla Bielorussia. Un approccio molto più duro è stato adottato da WBC, IBF e WBO che, in una dichiarazione congiunta, hanno annunciato il proprio rifiuto di riconoscere combattimenti di qualsiasi tipo che coinvolgano pugili russi o bielorussi durante la guerra in corso, indipendentemente dal fatto che siano campioni o sfidanti.
"I pugili russi non potranno entrare sul ring con la loro bandiera, il loro inno non verrà suonato e il Paese non sarà nominato", era stata la condizione posta a Bivol dalla WBA per salire sul ring ed è stata da lui rispettata, visto che il campione in carica è entrato nella T-mobile Arena di Las Vegas senza i simboli della Federazione Russa. Al suo ingresso il tunnel è stato illuminato con i colori della bandiera del Kirghizistan, il suo Paese natale. Sul ring poi l'annunciatore ha presentato Bivol come un "pugile della California", dal suo luogo di residenza negli Stati Uniti. Dal canto suo Canelo è invece regolarmente salito sul ring con la bandiera del Messico, spinto dal tifo del pubblico. A fine incontro peraltro, come testimoniano le immagini, sul ring è comparsa una bandiera russa che qualcuno ha depositato sulle spalle di Bivol: il campione si è ben guardato dal togliersela di dosso, né altri hanno provato a farlo.