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Atletica, Bolt rischia l’oro di Pechino: il compagno Carter trovato positivo al doping

La medaglia vinta a Pechino 2008, dalla staffetta giamaicana, potrebbe essere riconsegnata a causa della clamorosa positività di Nesta Carter: scoperta dopo il sofisticato e innovativo controllo del Cio, sui campioni di urina prelevati e congelati otto anni fa.
A cura di Alberto Pucci
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La brutta notizia per lo sport giamaicano era nell'aria da giorni, e ha trovato conferma solo nelle ultime ore grazie allo scoop dell'edizione online del "Jamaica Gleaner": quotidiano che è stato tra i primi a rivelare la presenza di un dopato tra i velocisti giamaicani che parteciparono alle Olimpiadi di Pechino 2008. Dopo la preoccupazione di molti tifosi, che temevano un coinvolgimento diretto di Usain Bolt, il nome dell'atleta colpito e smascherato dalle analisi sarebbe invece quello di Nesta Carter: compagno di squadra di Bolt, nella staffetta 4×100 che in Cina vinse la medaglia d'oro. Il 30enne velocista, campione mondiale a Daegu 2011, con il record mondiale di 37″04, e ancora a Pechino nel 2015, fa parte dunque della lista di 31 atleti giudicati "positivi postumi" e controllati a Losanna dal Comitato Olimpico Internazionale, grazie ad una nuova tecnica utilizzata che prevede il "retest" delle urine prelevate e congelate otto anni fa.

55 nuovi casi di doping

Come da prassi, per Nesta Carter ora sono attese le controanalisi sulla provetta denominata "B". Il primo controllo, infatti, avrebbe messo in evidenza la presenza di uno stimolante (la Metilexaneamina) nelle urine dell'atleta: il primo a scattare dai blocchi di partenza, nella finale della staffetta incriminata che comprendeva anche Michael Frater, Usain Bolt e Asafa Powell. Se anche le controanalisi confermeranno la presenza di sostanze dopanti, il Comitato Olimpico Internazionale potrebbe anche decidere di squalificare Carter e rendere nulla la vittoria della selezione caraibica che, Bolt compreso, dovrebbe rendere le medaglie d'oro conquistate a Pechino. Questi nuovi controlli del CIO, ordinati a pochi giorni dall'inizio di Rio 2016 ed eseguiti su campioni di urine prelevati anche dalle Olimpiadi di Londra, avrebbero portato alla luce ben 55 nuovi casi di doping accertati su sei diverse discipline sportive e in atleti di 12 nazioni.

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