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Olimpiadi Tokyo 2020

Aboliamo il medagliere olimpico, promuove il nazionalismo: la proposta di un giornale tedesco

“Giudicare il successo con un medagliere è discutibile e promuove il nazionalismo” è l’opinione forte espressa da Sarah Wiertz, editorialista del giornale tedesco Deutsche Welle. “Alcune nazioni usano il medagliere per dimostrare la loro potenza e sostenere le loro strutture politiche con l’aiuto di atleti di successo”. Tuttavia competizione e agonismo danno senso allo sport di vertice, e quindi alle stesse Olimpiadi. Una dicotomia irrisolvibile.
A cura di Paolo Fiorenza
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Proprio sul filo di lana – all'ultimo giorno di gare a Tokyo – gli Stati Uniti hanno superato la Cina in vetta al medagliere olimpico: sono 39 infatti gli ori conquistati dagli atleti americani contro i 38 dei cinesi. La graduatoria è compilata usando il metodo classico che prevede che contino le medaglie d'oro per stilare l'ordine di merito delle nazioni nel panorama olimpico e non il totale delle medaglie, come invece usano fare gli americani. Anche con quest'ultimo metodo comunque sarebbero avanti gli atleti stelle e strisce, viste le 113 medaglie complessive contro le 88 cinesi.

Quale che sia il metodo considerato, nessuno va bene tuttavia per Sarah Wiertz, editorialista del giornale tedesco Deutsche Welle: "Cosa dovrebbe contare di più, medaglie d'oro o medaglie totali? La risposta è nessuna delle due, perché giudicare il successo con un medagliere è discutibile e promuove il nazionalismo", scrive la prima firma di DW.

"Il medagliere non è dignitoso e dovrebbe essere abolito dalle Olimpiadi affonda la WiertzLe classifiche delle medaglie riflettono solo la produzione, che non dovrebbe essere l'unica misura del successo. Promuove il doping diretto dallo stato e premia le nazioni che investono molti soldi nello sport. Se il numero di medaglie fosse messo in relazione alla popolazione e al prodotto interno lordo di un paese, al vertice sarebbero nazioni completamente diverse: Giamaica, Bahamas o Kosovo, per esempio".

La giornalista tedesca articola ulteriormente il suo pensiero: "Il conteggio delle medaglie incarna l'idea olimpica di lottare per le massime prestazioni, ma va a scapito di altri valori olimpici: superare il narcisismo nazionale per la celebrazione comune dello sport e contribuire alla pace e alla comprensione nazionale. In effetti, si verifica l'opposto di questi valori, con alcune nazioni che usano il medagliere per dimostrare la loro potenza e sostenere le loro strutture politiche con l'aiuto di atleti di successo. Le classifiche possono persino, in determinate circostanze, rafforzare il nazionalismo, portando a discorsi politici esplosivi e tragedie personali. La squadra di tennis tavolo misto cinese si è scusata pubblicamente per aver vinto ‘solo' la medaglia d'argento", porta ad esempio la Wiertz.

L'opinione dell'editorialista tedesca ha chiaramente un significato condivisibile, viste alcune scene di grande pressione sugli atleti cui abbiamo assistito a Tokyo, che mostrano il lato più oscuro dello ‘sport di stato': è il caso delle orribili minacce che hanno costretto un'atleta bielorussa a scappare dalle grinfie di un apparato che voleva solo fagocitarla in nome del nazionalismo peggiore. Ma è anche vero che la competizione e l'agonismo, che si misurano con le medaglie, danno senso allo sport di vertice, e quindi alle stesse Olimpiadi. Una dicotomia irrisolvibile.

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