Abodi contro Khelif, la sfidante di Angela Carini definita come trans: “Non sarà una gara equa”
Imane Khelif è la pugilatrice algerina che domani salirà sul ring dell'Arena Paris Nord per combattere alle Olimpiadi contro l'italiana Angela Carini negli ottavi di finale della categoria +66 kg. Ma non sarà un match qualunque, considerati il battage mediatico sull'identità di genere e sulla polemica legati alla boxeur nord-africana accusata di essere un uomo.
Squalificata ai Mondiali a un passo dal duello per l'oro in seguito a una verifica ormonale (il cosiddetto "gender test" avrebbe rilevato valori di testosterone particolarmente elevati), per il CIO ha parametri ufficialmente accertati e validi da essere inserita nel concorso femminile. Ha superato quella che in gergo viene definita la "verifica del sesso", eppure è finita di nuovo sotto i riflettori (assieme alla taiwanese Lin Yu-Ting ) per la differenza dello sviluppo sessuale ritenuto anomalo secondo le posizioni più intransigenti (in particolare il numero uno della IBA, Kremlev).
Non ci sono al momento evidenze scientifiche sull'ipotesi che Khelif abbia cambiato sesso e la stessa definizione di transgender è sbagliata. In base alle regole del CIO, che ha norme e criteri di inclusività diversi rispetto alla federazione iridata, l'atleta algerina è donna a tutti gli effetti: lo dimostra la soglia di secrezioni ormonali in circolo che deve essere inferiore alle 10nmol/L nei 12 mesi precedenti ai Giochi e per tutta la durata stessa dell'edizione a Cinque Cerchi.
Il genere è comprovato dai certificati medici presentati all'atleta, che ha sempre denunciato manovre oscure nei suoi confronti e del suo Paese affinché non competesse per vittorie di prestigio a livello internazionale. Ma nemmeno le prove scritte (e verificate) finora sono bastate per smorzare sospetti, placare proteste, sfumare le preoccupazioni per l'incolumità dell'italiana.
Abodi: "L'identità di genere è questione di pari opportunità e sicurezza"
"Non si capisce perché non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale tra Europei, Mondiali e Olimpiadi – sono le parole del ministro dello Sport, Abodi -. Quello delle atlete e degli atleti transgender è un tema che va ricondotto alla categoria del rispetto in tutte le sue forme. Ed è del tutto evidente che la dimensione dell'identità di genere in ambito agonistico pone il problema delle pari opportunità o delle stesse opportunità. Nell'evento che rappresenta i più alti valori dello sport devono essere garantiti la sicurezza di atleti e atlete, il rispetto dell'equa competizione dal punto di vista agonistico. Domani, per Angela Carini non sarà così perché il CIO fa riferimento a un'idea di inclusività che prescinde da fattori primari irrinunciabili".
Il riferimento all'equità è anche nella posizione espressa dal Coni che "si è attivato con il Comitato olimpico internazionale affinché i diritti di tutti gli atleti e le atlete siano conformi alla Carta Olimpica e ai regolamenti sanitari".
La posizione del CIO: "Basta alla caccia alle streghe"
Il portavoce del CIO, Mark Adams, ha rotto il silenzio e provato a sgombrare il campo sia dai dubbi sull'identità di Khelif sia dalle ombre sul regolamento. Il Comitato si ice perfettamente sereno quanto alle norme in vigore per le Olimpiadi di Rio 2016 e Tokyo 2020. Non dovrebbe esserci una "caccia alle streghe contro i due pugili (Khelif e Lin Yu-Ting) pienamente idonei. Sono donne sui loro passaporti e hanno gareggiato per molti anni". Quattro anni fa, in Giappone, l'algerina era stata battuta nei quarti di finale dall'irlandese Kellie Harrington, che poi vinse la medaglia d'oro. Yu-Ting, due volte campionessa asiatica, era uscita agli ottavi di finale della categoria pesi piuma femminile.