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Giacomo Agostini: “Ho detto no alla Ferrari, decisione molto sofferta. Non ho dormito per 3 giorni”

Il leggendario pilota Giacomo Agostini si racconta in un’intervista esclusiva con Fanpage.it. Dai record nel Motomondiale e al Tourist Trophy al suo rapporto con la paura, dai ‘No’ detti a Pietro Germi ed Enzo Ferrari alle cose che lo accomunano a Valentino Rossi, dalla sua visione sull’impatto di Marc Marquez in Ducati e le difficoltà di Bagnaia in questo inizio della MotoGP 2025 fino a cosa fa oggi ad 82 anni nella sua vita vissuta sempre al limite.
A cura di Michele Mazzeo
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Prima ancora che Valentino Rossi portasse il motociclismo fuori dalla ristretta cerchia degli appassionati, era stato Giacomo Agostini a suon di successi nel Motomondiale (di cui, ancora oggi, è il più titolato di sempre con i suoi 15 mondiali vinti) il primo pilota a diventare popolare oltre i confini delle piste.

‘Ago' (il suo soprannome che è anche il titolo del docufilm sulla sua carriera che andrà in onda il 29 marzo alle 21:45 su Sky Documentaries e Sky Sport Uno e in chiaro su TV8, e in streaming su NOW) è infatti stato il primo pilota professionista travalicando il mondo selvaggio delle corse per diventare una vera icona popolare italiana negli anni del boom economico.

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Dal cinema alla TV, dalla Formula 1 alle pubblicità, tutti volevano accaparrarsi il bresciano (di nascita, ma cresciuto nel bergamasco) classe 1942 che fu anche costretto a dire, a malincuore, alcuni scottanti ‘No' (su tutti quelli al leggendario regista Pietro Germi e al mitico Enzo Ferrari) per non ‘tradire' la passione per le due ruote e quei doni ricevuti da Madre Natura che gli hanno consentito di diventare una leggenda vivente.

Temi che abbiamo affrontato insieme a lui nell'intervista esclusiva rilasciata a Fanpage.it. Una lunga chiacchierata in cui Giacomo Agostini si racconta andando anche oltre la sua vita da pilota: dai record nel Motomondiale e al Tourist Trophy al suo rapporto con la paura, dalle cose che lo accomunano a Valentino Rossi all'attualità con la sua visione sull'impatto di Marc Marquez in Ducati e le difficoltà di Bagnaia in questo inizio della MotoGP 2025 fino a cosa fa oggi ad 82 anni nella sua vita vissuta fin qui sempre al limite.

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Questo docufilm celebra la carriera del più grande motociclista di tutti i tempi e di uno degli sportivi più grandi di sempre, sinceramente, pensa di aver avuto tutti i riconoscimenti che spettano alle leggende dello sport una volta terminata la carriera?

"Io ho avuto tanto sia a livello di vittorie, sia a livello anche di affetto dal pubblico e dai miei tifosi, quindi non potrei lamentarmi.
Questo docufilm nasce dall'idea di far conoscere anche ai più giovani la mia storia. Il regista De Stefano mi ha fatto capire tante cose e quindi ho accettato di farlo, oltre che per coloro che mi hanno sempre seguito, anche per il piacere di far vedere ai ragazzi più giovani cosa ha fatto Agostini durante la sua carriera. Perché loro ne hanno sentito parlare ma non l'hanno ‘vista'".

Lei è stato anche il primo vero pilota di moto professionista della storia. Immagino che, almeno all'inizio, venisse visto come un alieno dagli altri piloti?

"Beh, sì. Era un mondo in cui ancora si faceva tutto artigianalmente. Però io ho capito che nel momento in cui fai degli accordi con un'azienda che spende dei soldi per pubblicizzare il proprio prodotto devi essere professionale. Cioè non era più come quando ho iniziato che era solo per il mio divertimento, a quel punto avevo delle responsabilità e quindi anche io dovevo essere un professionista al 100%".

Quindi non più solo pilota per divertimento…

"Sì, a quel punto non era più il dire ‘Beh, faccio la corsa con la motorina perché mi piace e mi diverto'. Io avevo delle persone che spendevano soldi per fare questo lavoro, e quindi da lì ho iniziato a capire che era giusto avere un preparatore, era giusto, insomma, diventare professionista".

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C'è qualcosa della sua carriera che cambierebbe se potesse? 

"Sarei vigliacco a lamentarmi di quello che ho avuto pensando che magari tanti altri avevano la mia stessa passione, ma non hanno avuto quello che ho avuto io. Quindi non cambierei nulla".

Ha visto anche tanti incidenti mortali, c'è un episodio che l'ha segnata più di altri?

"Purtroppo sì, purtroppo tanti amici sono mancati. Quello che mi ha scioccato di più è sicuramente il Gran Premio a Monza del '73 quando sono morti Pasolini e Saarinen. È stato un incidente drammatico e hanno perso la vita due grandi campioni. Quello mi ha fatto un po' venire dei dubbi, però mi sono seduto, ho riflettuto e concluso che era il mestiere che io volevo fare, era la cosa che avevo scelto e quindi dovevo mettere in conto che poteva succedere anche questo. Quello mi ha dato la forza di continuare".

E, a proposito di questo, qual era il suo rapporto con la paura e la possibilità di rimetterci la pelle ogni volta che scendeva in pista?

"Il pensiero c'era, però, come avviene in tutte le cose, in quel momento si pensa ‘Beh, a me non succederà'. È un po' la cosa che abbiamo tutti ed è giusto che sia così. Quando ho iniziato questo mestiere ero incosciente, poi ovviamente ti rendi conto della pericolosità e ti dici ‘Speriamo che non succeda a me, però potrebbe anche succedere'. Soprattutto ai miei tempi. Oggi per fortuna la situazione è molto cambiata. Quindi ero preparato a questo anche se poi quando abbassi la visiera e spingi la moto in pista non hai più questo pensiero, pensi alla gara, pensi alla vittoria, pensi che tutto vada bene e la moto ti porti al traguardo. Perché se corri con la paura vuol dire che questo non è il mestiere giusto per te".

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Ad un certo punto della sua carriera è diventato una vera e propria star nazionale, ma questo non ha cambiato il suo approccio allo sport e il suo rendimento in pista. È stato difficile conciliare le due cose? 

"In realtà è stato facile, perché ho separato le due cose. D'inverno facevo le pubblicità, i caroselli, qualche filmetto, un po' di promozioni, eccetera… e poi d'estate facevo le gare. Non ho mai dovuto scegliere tra le due cose".

Lei è stato uno dei pochissimi a dire di no a Enzo Ferrari e a Pietro Germi…si è mai pentito di ciò?

"È stato difficile dire di no a questi due personaggi. È stato difficilissimo soprattutto con Enzo Ferrari. Con Pietro Germi c'era la possibilità di fare questo film però quando mi ha detto che iniziava a marzo io ho detto ‘No, a marzo inizio le gare, quindi non posso'. Lui ci è rimasto male, però ha capito che il mio grande amore era per le due ruote".

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E con il Drake invece com' è andata?

"Con Ferrari è stata molto più dura perché mi aveva offerto la possibilità di correre con la Ferrari, cioè la macchina che tutti volevano e che tutti vogliono. Ci ho riflettuto e mi sono chiesto: ‘Ma quando io ero ragazzo sono nato col pensiero delle due o delle quattro ruote?'. La risposta era le due ruote e allora mi sono detto ‘Adesso che comincio ad aver successo, che ho avuto questa fortuna, che madre natura mi ha dato questo, perché devo voltare la faccia a questo', cioè mi sembrava un tradimento nei confronti del motociclismo".

E quindi ha detto no ad Enzo Ferrari…

"Dopo aver capito che la mia passione era nata con le due ruote ed era ancora quella mi sono detto ‘È giusto che io rimanga lì' e quindi ho detto di no a Ferrari. L'ho fatto con grande dispiacere ed è stata una decisione molto sofferta: non ho dormito per tre giorni prima di dirgli che avevo deciso di continuare con le moto".

E lui come ha reagito?

"Ferrari, lì per lì ci è rimasto male, poi però ha apprezzato questa mia decisione".

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Dopo di lei, soltanto un altro pilota, anch'esso italiano, ha avuto un impatto così dirompente sul motociclismo. Vede qualche tratto in comune tra lei e Valentino Rossi?

"Per vincere devi avere per forza dei tratti in comune: devi avere un dono di natura, averlo coltivato, avere riflessi, avere tecnica, avere grande amore per le moto e per lo sport. E questo sicuramente è ciò che ci accomuna. Poi ognuno magari ha una piccola cosa diversa dall'altro perché uno preferisce la moto più lunga o più corta, preferisce la sospensione più dura o più molle, eccetera…ma quelle sono piccole cose. Quindi diciamo che i grandi piloti devono avere per forza quelle cose in comune, perché sono quelle le cose che permettono di vincere".

Qual è stato il pilota che ha corso dopo il suo ritiro che, a suo avviso, è stato più simile a lei?

"Non saprei perché, come ho detto prima, tutti coloro che hanno vinto hanno molto in comune. Però dire chi è stato più simile a me è complicato. Per quanto riguarda la preparazione alla gara forse quello che un po' mi assomiglia è Bagnaia: è molto preciso, molto meticoloso, usa le prove per mettere a punto la moto. Però per altri aspetti è diverso da com'ero io".

Per esempio?

"Ad esempio tra Bagnaia e Valentino Rossi io mi colloco nel mezzo per quanto riguarda lo ‘spettacolo': Valentino era uno showman, Pecco per nulla ed io ero una via di mezzo tra i due".

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Lei, oltre ad essere il pilota più titolato della storia del Motomondiale, nel suo incredibile palmares vanta anche 10 vittorie al Tourist Trophy, che ha poi "boicottato". Cosa pensa del fatto che si corra ancora oggi?

"Io ritengo che il Tourist Trophy sia la gara più bella e più interessante, quella che ti dà più adrenalina, è incredibile, è la corsa più grande al mondo. Purtroppo è pericolosa, e questo è fuor di dubbio. Ed è per questo che io nel '72 la feci togliere come gara del campionato del mondo. È giusto che si corra, ma è anche giusto che ci corra chi vuol correre e non chi è obbligato altrimenti perde punti nel Mondiale".

Ci è mai tornato sull'Isola di Man dopo aver corso quell'ultimo TT?

"Sì, ci sono tornato spesso, ho fatto dei revival, ho fatto dei giri perché comunque all'Isola di Man ho lasciato un grande ricordo, perché vincere 10 titoli del Tourist Trophy non è da tutti. E soprattutto negli specialisti. Oggi c'è gente che vince lì però non fa le gare dei campionati del mondo, cioè vince quella e basta. Sono quelli nati lì, sono quelli che conoscono la strada, perché un giro sono 60 km, quindi per ricordartelo devi proprio veramente vivere lì. La conoscono a memoria, e oggi può andare Agostini, Valentino Rossi o Marc Marquez, difficilmente vincerebbe. È per gli specialisti  che corrono solamente lì".

E, a proposito di primati, pensa che qualcuno prima o poi possa battere i suoi record?

"I record sono fatti per essere battuti. Penso che non sia facile, però potrebbero. Non so chi, non so quando. Però potrebbe succedere".

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Veniamo all'attualità: cosa ne pensa dell’impatto di Marc Marquez in Ducati?

"Ducati ha scelto di portare un grande pilota avendo già in casa un campione del mondo, però li capisco, tutti vorremmo avere i migliori nella nostra squadra. E Marquez sta dimostrando di trovarsi a suo agio sulla moto ufficiale e col team ufficiale Ducati. In questo momento sta andando molto forte, c'è poco da dire. Speriamo che magari qualcuno  possa competere con lui per avere lo spettacolo che tutti ci aspettiamo".

Dall'altro lato ci sono le difficoltà iniziali di Bagnaia. Cosa succede nella testa di un pilota quando il suo team prende un campionissimo e sulla stessa moto va molto più forte?

"Sicuramente dispiace. È ovvio che tutti vogliamo vincere, però se questo va più forte lo devi accettare. Cos'altro puoi fare?".

Se lei si fosse trovato al posto di Bagnaia durante i test avrebbe avallato la decisione di puntare su una GP24 ‘Evo' anziché omologare la nuova moto che probabilmente, almeno all'inizio, lo avrebbe messo in una posizione di vantaggio rispetto al nuovo compagno di squadra?

"Non lo so. Bisogna trovarsi in quella situazione, aver provato le moto e capire. Evidentemente lui si è trovato meglio con quella moto".

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Quanto incide in questo caso la volontà di un pilota nelle decisioni del team?

"Se non mi trovo con una moto è logico che la ‘boccio'. La moto deve starmi bene. È come un vestito: se sta bene me lo sento addosso io e se vedo che c'è qualcosa che non va cerco di modificarlo, altrimenti metto un altro vestito".

Qual è al momento a suo avviso il miglior pilota attualmente in MotoGP?

"Bisogna andare per gradi. Allora in questo momento c'è Bagnaia che è un campione del mondo e un gran pilota, Martin campione del mondo l'anno scorso e un gran pilota, e Marquez che è già otto volte campione del mondo ed è un gran pilota.  In questo momento quindi è Marquez perché sta andando più forte di tutti.
Poi vedremo se Bagnaia durante l'anno avrà una reazione, vedremo cosa riuscirà a fare Martin quando rientra, però in questo momento chi vince è Marquez e quindi chi vince è il migliore".

Chiudiamo rispondendo a coloro che si chiedono: cosa fa oggi Giacomo Agostini?

"Faccio tante cose: faccio delle cose per Sky in televisione, seguo la MotoGP, costruisco case, partecipo a manifestazioni, presentazioni e revival, curo il mio museo e faccio tante altre cose. Ho tanti impegni. Quando posso vado a sciare e seguo un po' la Formula 1. E ancora oggi vado in moto tutti i giorni, tanto per non perdere l'abitudine".

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