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Italia sconfitta per le solite pecche, la Germania ci ricorda perché non facciamo paura a nessuno

Azzurri battuti 1-2 nell’andata dei quarti di Nations League per le solite pecche su palla inattiva. Al ritorno serve vincere con almeno 2 gol di scarto per accedere alla Final Four e guadagnare un girone di qualificazione ai Mondiali agevole.
A cura di Maurizio De Santis
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Due reti di testa, una presa su palla inattiva (ancora una volta). Basta questo dettaglio a fotografare cosa è stata la prestazione della Nazionale battuta dalla Germania a San Siro (1-2) nell'andata dei quarti di Nations League. I tedeschi fanno quel che devono, consapevoli di trovarsi di fronte a un avversario che non fa paura perché dà sempre la sensazione che, prima o poi, in un modo o nell'altro, per quanto si sbatta, un gol lo prende. E così è stato nella ripresa al Meazza. Ne sono arrivati due, quasi in fotocopia. E adesso domenica sera a Dortmund servirà vincere con almeno due marcature di scarto per accedere alla Final Four e sperare di finire in un girone di qualificazione ai Mondiali che sia meno oneroso, quanto a numero di partite e forza degli avversari.

La Nazionale di Spalletti questo è: ce l'ha sulla punta della lingua ma non le viene la parola giusta. Ce n'è una che nel primo tempo appare attenta nelle marcature, lascia il palleggio alla Germania, la colpisce in contropiede, affonda sulla corsia di destra e fa male. Ma non riesce mai ad azzannare avversario e partita, fino a chiuderla o, almeno, a indirizzarla. Ce n'è un'altra nella ripresa che, sorpresa dal pareggio del gigante Kleindienst (lasciato tutto solo a pochi passi dalla porta a battere di testa), fa fatica a raccapezzarsi. Nagelsmann non deve fare altro che cambiare qualcosa per raddrizzare la barca: entrano Schlotterbeck e Kleindienst, escono Burkardt e Raum. E sugli esterni l'Italia non sfonda più. Ci mette buona volontà poi Goretzka (altra mossa del ct tedesco) la manda in bambola, prende un paio di ceffoni sul muso e le passa il furore.

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Sono i due volti della Nazionale che non dispiace contro la Germania ma dà sempre la sensazione che le manchi qualcosa. Non si perde in palleggi e cerca subito la verticalizzazione, cerca i tagli di Kean, agevola le scorribande di Politano, ha come fiore all'occhiello Barella nei panni dell'uomo di lotta e di governo e Tonali che nel cuore della mediana fa tutto, compreso farsi trovare pronto al momento della battuta da fuori area. È lì a riempirla quando la mette dentro approfittando di una difesa avversaria in bambola. È lì a servire perfino assist preziosi. È sempre lui a cercare la conclusione dalla distanza con la quale gli Azzurri sfiorano il raddoppio. Fa la differenza, e capisci quanto ti sia mancato finora, anche quando infila lo zampino nell'azione che mette in condizione Raspadori di trovarsi a tu per tu con il portiere della Germania, peccato la sua conclusione sia respinta di piede.

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Il resto lo fanno le giocate del Matteo di Conte che per un'ora buona si danna l'anima e le incursioni di Kean, che il suo lo fa ma non è molto fortunato né sulla bordata di collo pieno (primo tempo) né sulla girata al volo che fa la barba alla traversa. Qualcosa di buono c'è. Ma è poco, davvero ancora poco. La nota stonata? Sempre la stessa, la pecca clamorosa dei gol incassati quando la palla che scotta carambola là nel mezzo. Qualcosa non va anche dalle parti di Udogie, spesso richiamato da Spalletti, scontento perché il difensore del Tottenham gli sembra un pesce fuor d'acqua, mai veramente dentro il match. Non è Di Marco e si vede. Se ne riparla tra qualche giorno in Germania.

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