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Raffaele Ranucci: “Il mio rimpianto per Di Bartolomei, gli dissi ‘a settembre’. Mi rimbomba in testa”

L’ex dirigente della Roma e della FIGC Raffaele Ranucci racconta l’ultima telefonata con Agostino Di Bartolomei, poco prima che il capitano della squadra giallorossa scudettata si togliesse la vita sparandosi in petto: “Questo mio ‘a settembre’ mi rimbomba sempre nella testa”,
A cura di Paolo Fiorenza
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Raffaele Ranucci ne ha viste tantissime nella sua lunga carriera di dirigente sportivo, che lo ha portato prima sulla poltrona di vicepresidente della Roma di Franco Sensi negli anni '80 e poi alle massime cariche del calcio italiano, capodelegazione della nazionale e direttore generale della FIGC. E poi ancora presidente del settore tecnico, incarico che gli riporta alla memoria quello che forse è il più grande rimpianto della sua vita, legato ad Agostino Di Bartolomei. Il capitano della Roma del primo Scudetto del 1983 si tolse la vita il 30 maggio del 1994, ma poco prima fece una telefonata proprio a Ranucci per chiedergli una mano, in un momento che doveva essere per lui di profonda oscurità. Il suo vecchio dirigente non lo poteva sapere né colse qualche segnale nella voce di ‘Ago', invitandolo a risentirsi "a settembre", dopo i Mondiali di USA '94 che in quel momento lo assorbivano completamente.

Raffaele Ranucci oggi a 67 anni è AD dell'Auditorium Parco della Musica a Roma
Raffaele Ranucci oggi a 67 anni è AD dell'Auditorium Parco della Musica a Roma

Ranucci e la telefonata di Di Bartolomei prima del suicidio: "Risentiamoci a settembre"

Ranucci riavvolge il nastro dei ricordi e gli pare di risentire la voce dello schivo Di Bartolomei, esempio come pochi di sportivi nella sua carriera, mentre gli parla al telefono: "A inizio maggio del '94, mentre ero presidente del settore tecnico FIGC, mi chiamò Agostino Di Bartolomei. Mi disse che gli sarebbe piaciuto fare qualcosa con noi e io risposi: ‘Certo Agostino, ma adesso c'è il Mondiale, ne parliamo a settembre'. Questo mio ‘a settembre' mi rimbomba sempre nella testa", dice alla Gazzetta dello Sport.

Agostino si sarebbe suicidato qualche giorno dopo, sparandosi un colpo di pistola nel petto con una Smith & Wesson 38 Special. Di Bartolomei lasciò una lettera, rinvenuta strappata nella sua giacca dai carabinieri, in cui esprimeva il suo scoramento per le difficoltà incontrate nelle attività post ritiro, anche per la mancanza di aiuti ricevuti. "Vi abbraccio, vi chiedo scusa, ogni lira passata per le mie mani l'ho spesa per voi", scriveva Ago alla compagna e ai figli. E poi ancora: "Mi sento chiuso in un buco".

Pure il calcio gli aveva voltato le spalle, Ranucci – che gli voleva un bene dell'anima – non poteva sapere, nessuno poteva, vista anche la riservatezza proverbiale di Di Bartolomei.

Agostino Di Bartolomei con Bruno Conti ai tempi della Roma negli anni '80
Agostino Di Bartolomei con Bruno Conti ai tempi della Roma negli anni '80

Bruno Conti: "L'ultima volta che l'ho visto è il mio rammarico, non ci ha fatto capire cosa aveva dentro"

Rimpianto è la parola che usa anche Bruno Conti, uno degli amici più veri di Agostino: "L'ultima volta che l'ho visto è il mio rammarico – racconta l'ex romanista a Repubblica – Poco prima che succedesse quello che è successo avevo organizzato una partita al palazzetto dello sport con tutti gli amici dello Scudetto per raccogliere fondi per un amico rimasto paralizzato. Venne anche Agostino: era sereno, si rideva, si scherzava, non c'è stato nulla che potesse far pensare, non ci ha fatto capire cosa aveva dentro. Mi è rimasto quel rimpianto. Il giorno che arrivai in prima squadra alla Roma fu il primo a accogliermi. E poi è diventato il mio capitano, con tutto quello che abbiamo vissuto insieme: Scudetto, finale di Coppa dei Campioni: lo amo davvero".

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