Omeonga smonta le accuse della Polizia: spiega perché non è mai finito nella black list di Israele
L'arresto di Omeonga a Fiumicino, smontate le accuse della polizia: "Ho un permesso di lavoro valido"
Stephane Omeonga ha deciso di raccontare la propria verità riguardo l'episodio che lo ha visto coinvolto la vigilia di Natale quando, a bordo di un aereo verso Tel Aviv dal Belgio nello scalo a Fiumicino è stato prelevato di forza e portato via dalla Polaria con l'accusa di essere inserito nella black-list di Israele. L'ex giocatore di Genoa, Avellino e Pescara, ha denunciato la brutalità della polizia e le falsità delle accuse nei suoi confronti: "Ho atteso per parlare fino ad oggi perché ho voluto verificare. È tutto falso io ho un permesso di lavoro regolare: si tratta di discriminazione razziale".
Il video di Omeonga trascinato fuori dall'aereo con la forza dalla Polaria di Fiumicino
Gli agenti della Polaria sono intervenuti lo scorso 24 dicembre a bordo di un'aereo in transito a Fiumicino, proveniente dal Belgio e diretto a Tel Aviv, per far scendere con la forza il calciatore Stephane Omeonga. Il 28enne di origini congolesi e oggi in forza al Bnei Sakhnin, nella serie A israeliana, sarebbe stato sulla black list di Israele e la Polaria sarebbe intervenuta su richiesta del capo scalo e del comandante della compagnia aerea. L'intervento delle forze dell'ordine è stato immortalato da un video di un passeggero in cui si vede Omeonga trascinato a forza giù dal velivolo per poi essere stato portato negli uffici della polizia e, come riferiscono le fonti stesse della Polaria, denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni.
Omeonga decide di parlare dopo un lungo silenzio: "Nessun problema al check-in o al controllo di frontiera"
Fin qui la ricostruzione dell'accaduto secondo le fonti dirette della Polizia di Fiumicino e da quanto visto dalle immagini del video che è poi stato diffuso sui social, ma dietro si celerebbe un'altra durissima e amara verità che lo stesso Omeonga ha deciso di raccontare a cinque giorni dall'episodio. "Ho aspettato cinque giorni prima di scrivere il mio messaggio su Instagram perché all'inizio non ero pronto a parlarne", ha detto l'ex nazionale belga U21, "ora però voglio denunciare queste ingiustizie chiaramente razziali. Sono stato in Belgio per la vigilia di Natale e stavo tornando in Israele il 25 dicembre fermandomi a Roma", ha raccontato Omeonga che spiega anche ciò che non si è visto nelle immagini.
"Non mi era stato detto nulla al check-in, o al controllo di frontiera o al gate di imbarco. Tutto è accaduto solo poco prima del decollo, all'interno dell'aereo: uno steward si è avvicinato e mi disse che c'era un problema con il mio passaporto e che non potevo decollare. Convinto diversamente, gli ho chiesto di spiegarmi la situazione prima di seguirlo. Non è riuscito a farlo e così ha chiamato la polizia. Mi hanno chiesto di seguirlo senza darmi spiegazioni anche se ho chiesto con molta calma perché. È lì che è degenerato tutto".
La denuncia di Omeonga alle forze dell'ordine: "In cella senza cibo né acqua, maltrattato e picchiato"
Omeonga racconta su Istagram anche altri particolari che nessuno conosce, denunciando le angherie subite senza motivo: "Sono stato portato in aeroporto in un veicolo della polizia, ammanettato come un criminale. Arrivata un'ambulanza, ma in stato di shock, non ho potuto rispondere alle domande dei sanitari e poco dopo ho sentito alla radio della macchina della polizia: ‘Ha rifiutato le cure mediche; va tutto bene'. Questo era del tutto falso, ho chiesto loro di portarmi in ambulanza con loro, spaventato da quello che la polizia poteva farmi"
"Successivamente" scrive sempre il giocatore sui social, "sono stato messo in una stanza, senza cibo né acqua, e lasciato in uno stato di totale umiliazione per diverse ore. Al mio rilascio, ho appreso che un agente di polizia aveva sporto denuncia contro di me per lesioni presumibilmente causate durante l'arresto, anche se ero ammanettato. Inoltre, ancora oggi, non ho ricevuto alcuna giustificazione per il mio arresto".
Altre dichiarazioni, Omeonga le ha rilasciate ai media belgi: "Sono rimasto in cella per tre ore. Ho chiesto se potevo chiamare mia moglie ma hanno rifiutato. Ho spiegato loro chi fossi e cosa stavo facendo, ma non è cambiato nulla. Anzi, la cosa più folle in questa storia è che il poliziotto che mi ha arrestato ha deciso di esporre una denuncia contro di me perché si è fatto male, picchiandomi… quando sono stato io ad essere picchiato e fermato con la testa bloccata a terra dal ginocchio di un poliziotto, una volta l'esterno dell'aereo".
Cosa non quadra: l'accusa della black-list e il permesso regolare di lavoro
Alcuni elementi su questa torbida vicenda non sono ancora del tutto chiari. Le due testimonianze, della polizia e di Omeonga, divergono in diversi punti nevralgici. Soprattutto in un elemento determinante, il motivo del fermo – la presenza del suo nome nella black-list di Israele secondo le forze dell'ordine italiane – che sembra non coincidere con la realtà. Omeonga solo il 21 dicembre era proprio con la sua squadra Bnei Sakhnin in campo per 90 minuti nel match di campionato pareggiato contro il Beer Sheva e il viaggio intrapreso era stato condiviso con la società per le vacanze natalizie. Difficile pensare che fosse in una black-list "indesiderata" solamente qualche giorno più tardi.
Ed è questa la tesi sostenuta dal centrocampista: "La polizia italiana non mi ha ancora fornito né scuse né spiegazioni valide. Hanno cercato di far passare tutto questo con la scusa dell’immigrazione illegale in Israele, dicendo che mi avevano negato l’accesso al territorio. Ma li ho contattati il giorno dopo per scoprire se era vero e mi è stato detto di no: ho un permesso di lavoro valido, quindi mi è permesso di andarci tranquillamente".
L'ultimo messaggio di Omeonga: "Come uomo e come padre non posso tacere, è discriminazione razziale"
Ora Stephane Omeonga ha deciso di adire alle vie legali, denunciando a sua volta le forze dell'ordine, anche per far arrivare un messaggio preciso: "È tempo di riconoscere che non siamo trattati allo stesso modo per il nostro colore della pelle. Questa volta è capitato a me ma ogni giorno, tuttavia, le persone come me subiscono ingiustizie: come essere umano e come padre non posso tollerare alcuna forma di discriminazione. Questo arresto è solo la parte visibile dell’iceberg".