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Barbara Zangerl ha scalato a mani nude il terribile El Capitan: un muro imponente quasi senza appigli

La 36enne alpinista austriaca ha compiuto la missione di una vita: mai nessuno era riuscito ad affrontare, senza cadere, una delle rocce più iconiche al mondo. “Stentavo a credere di avercela fatta”.
A cura di Maurizio De Santis
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Barbara Zangerl impegnata durante una salita (immagine tratta da Instagram).
Barbara Zangerl impegnata durante una salita (immagine tratta da Instagram).

Barbara ‘Babsi' Zangerl è stata la prima persona a scalare al primo tentativo e senza mai cadere quello che per gli appassionati di arrampicata sportiva è considerato una sorta di totem. El Capitan, nella Yosemite Valley in California, è sfida che in pochi possono permettersi. L'intera ascesa è durata circa quattro giorni, con notti trascorse accampati sul primo ciglio disponibile.

Se riesci nell'impresa, scolpisci il tuo nome nel libro mastro degli scalatori che, a mani nude, con agilità e forza nelle braccia, sicuri sulle gambe, abili e coraggiosi, arrivano fin lassù a 3000 – 3300 piedi di altezza (900 – 1000 metri), dominando il panorama da uno dei picchi di roccia più iconici al mondo. L'austriaca ha portato a termine la missione "flash" e chiuso un capitolo che annovera ben 30 anni di tentativi falliti per diverse ragioni. È il traguardo di una vita, al quale molti (ammesso che ce la facciano) giungono servendosi di un attrezzo e dopo diversi giorni appesi alla parete.

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Da basso alla cima la 36enne è stata impeccabile oltre che tenace, perché basta davvero poco per rovinare tutto e cadere nel vuoto (sia pure aggrappati alle corde e ai ganci). Lei stessa ha raccontato le emozioni che porta dentro dopo quella bellissima avventura. "Stentavo a credere di esserci riuscita – ha ammesso l'alpinista nell'intervista a CNN Sport -. Non pensavo che ce l'avrei fatta senza cadere nemmeno una volta. Durante la scalata ho rischiato così tanto ma ce l'ho fatta".

Il punto critico è stata la sezione Monster Offwidth, una fessura lunga quasi 60 metri a metà della salita: lì ha dovuto fare appello a tutta la propria forza d'animo per superare quella linea spartiacque. Una volta superata, ha capito che nulla sarebbe stato impossibile. "Le aspettative erano davvero basse… Ci sono alcuni tiri davvero piatti dove non hai appigli, ti ritrovi a mettere i piedi su punti d'appoggio e puoi sempre scivolare". Il Boulder Problem ha rappresentato forse la parte più dura e insidiosa della intera scalata: superata anche quella, il resto è sembrato molto meno arduo.

La domanda sorge spontanea, come ha fatto a restare calma abbastanza da non lasciarsi sopraffare dall'emotività? "È più facile essere davvero concentrata mentre si scala – ha aggiunto la scalatrice austriaca -, in quei momenti non altro che mi passa per la testa. Sono focalizzata solo su me stessa e nient'altro. Diciamo che è più facile concentrarsi, ma non appena ho smesso di scalare e vado a letto allora sì che sento la pressione".

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