Wanna Marchi e Stefania Nobile: “Non ci pentiamo di nulla, nel nostro futuro c’è l’Albania”
Dopo 9 anni scontati in carcere con l’accusa di aver truffato un pubblico ammaliato dalle loro strategie di televendita della fortuna, Wanna Marchi e Stefania Nobile non si pentono affatto. Sono entusiaste all’idea che, con la serie Netflix “Wanna”, il mondo potrà conoscere gioie e dolori della loro esistenza, arrivata all’apice per poi crollare miseramente, con una sola regola: nel loro vocabolario la parola insuccesso non è contemplata. “Questa serie dà la possibilità al mondo di conoscere una parte della nostra storia”, racconta al Corriere di Bologna Stefania Nobile. “Se potessimo tornare indietro? Non ci pentiamo di nulla”.
Wanna Marchi e la figlia non si pentono delle truffe
C’è stato un momento in cui la strabiliante capacità di Wanna Marchi di “vendere qualunque cosa”, ha preso una piega rovinosa. Dopo i miracolosi scogli pancia e le “alghette” dimagranti, le due donne delle televendite hanno cambiato campo di azione, capendo il potenziale della loro strategia e puntando sul disperato bisogno di molti di aggrapparsi ad una misteriosa quanto impalpabile fortuna. Hanno iniziato a vendere promesse. In cambio di milioni di lire, fortunati numeri del lotto. “Lo facevano già tutti. Per una volta nella vita, ho copiato un’idea di altri. Ho preso spunto dallo Stato”, spiega Wanna Marchi al Corriere. “Se non fa un passo indietro lo Stato, non vedo perché Wanna Marchi dovesse pentirsi”, aggiunge la figlia. “E poi, e si trattava davvero di persone senza soldi, che si sono indebitate, come hanno raccontato in tribunale, come mai all’epoca riuscirono a pagare 300 milioni di lire ad un mago?”.
Gli anni in carcere e la nuova vita in Albania
Eppure la vicenda è costata a madre e figlia, incredibilmente unite anche nella sfortuna, 9 anni di carcere. “Anni tremendi”, spiega Stefania Nobile. “Nonostante una pena così severa, siamo uscite sane da questa esperienza e abbiamo ripreso in mano la nostra vita, ricominciando a lavorare. Eppure, è rimasto su di noi il marchio del sale e dei numeri”. Dopo il loro ritorno in libertà, le due donne hanno avviato una nuova vita in Albania. “Io sono in pensione”, spiega Wanna Marchi che oggi si dedica a tutt’altro, con lo stesso carisma: “L’unica cosa che so fare bene nella vita è cucinare e non temo nessun cuoco. Ho anche un diploma, rilasciato dal Comune di Bologna, preso in carcere”. La figlia invece racconta di occuparsi di locali notturni. “Li ristrutturo. Lavoro da 15 anni in questo settore, nel nostro futuro c’è l’Albania, spero potremo trasferirci a vivere l’ molto presto”. Di recente, la morte dell’ultimo compagno di Wanna Marchi, Francesco Campana: “È mancato tre settimane fa, ora non abbiamo più motivo di dare niente: io mi dedicherò a mia madre e lei a me”.