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Vostro onore

Vostro Onore: Stefano Accorsi è Bryan Cranston su Rai 1 e il pubblico dovrebbe costituirsi parte civile

Il nuovo legal drama Rai, tratto dalla serie USA Your Honor, è un dramma vero: funziona forse solo come teaser per metterci in guardia circa l’imminente Noi, remake di This is Us con Lino Guanciale, in arrivo sull’ammiraglia del Servizio Pubblico.
A cura di Grazia Sambruna
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Come ogni qual volta in cui la Rai sceglie di lanciare la qualità oltre l’ostacolo dell’Auditel cimentandosi così nell’azzardo di mettere in palinsesto un prodotto seriale che non riguardi mondine, sacerdoti detective in velocipede o agiografie di santi del mese con sinossi messa giù da Frate Indovino, c’era grande apprensione intorno all’arrivo della nuova serie Vostro Onore, con protagonista Stefano Accorsi.

Le prime due puntate dell’altamente probabile flagello a 8 code (pardon, episodi), sono andate in onda lunedì 28 febbraio nel prime time dell’ammiraglia, 50 minuti l’una per due ore circa in compagnia dell’ex Maxibon nel ruolo dell’integerrimo giudice meneghino Vittorio Pagani assalito, per la prima volta in vita, da un dilemma morale di proporzioni potenzialmente fatali.

Prima di addentrarci nel merito della vicenda, è doveroso osservare che Vostro Onore altro non è che l’adattamento italiano di Your Honor, serie a stelle a strisce giunta a noi grazie a Sky, con Bryan Cranston nei panni del tormentato protagonista. Stefano Accorsi, dunque, è Bryan Cranston. Sì, Walter White di Breaking Bad. Questo il dato di fatto. E, alla vigilia della partenza di Noi (dal 6 marzo su Rai 1), remake tricolore dell’inarrivabile capolavoro seriale statunitense This is us, ecco tutti i motivi per cui siamo qui a rimpiangere, fortemente, le mondine.

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Con Vostro Onore siamo purtroppo ben lontani dalla felice occasione che fu Skam, la serie norvegese diventata cult nel mondo, grazie ai riuscitissimi adattamenti nazionali (nostro Stivale compreso). Intendiamoci, se a digiuno del retroscena Cranston, Vostro Onore non risulta una produzione criminosa e, anzi, sicuramente spicca, Amica Geniale esclusa, sul desolante panorama geriatrico che infesta il palinsesto delle fiction Rai. Questa è, dunque, una buona notizia? Potrebbe, ma no. Perché non basta: arrendersi alla logica del meno peggio è quanto di più tristanzuolo e provinciale possa esistere, nell’ambito dell’intrattenimento e non solo. Quindi, affrontiamo con coraggio il peggio con buona pace del “meno”. Cosa non funziona? 

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Prima di tutto la storia, già nella versione originale, si sarebbe prestata meglio a un film (una cosa tipo Tre Piani di Nanni Moretti). Lo stimato giudice protagonista, inarrivabile faro morale per chiunque calchi il nostro globo terracqueo, senza macchia dalla nascita, scopre che il figlio, guidando senza patente, ha stirato un motociclista e ha poi volutamente omesso di soccorrerlo. Da qui, il dilemma morale: denunciare il fattaccio o attuare qualsiasi strategia, sfruttando pure la propria indiscutibile influenza, per salvare le terga della sciagurata progenie?

La risposta è: chissenefrega. Se l’originale, dieci puntate, si regge sull’incredibile perfomance di Cranston, qui abbiamo uno Stefano Accorsi che riesce nell’impresa di risultare epidermicamente insostenibile fin dall’entrata in scena: retto, saccente, infallibile, più sagace di tutti sempre e comunque, è un Leonardo Notte (di 1992 e successive sciagure) votato al bene più puro e assoluto. Quindi, noiosissimo. Uno vorrebbe anche empatizzare con la tragedia che grava all’improvviso sulla collottola di questo padre che in sorte ha avuto il tiromancino di un figlio demente e allergico a qualsivoglia responsabilità civile come umana. Eppure, l’impresa fallisce. Scena dopo scena.

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A non aiutarci arriva anche il figliolo in questione, Matteo: più che partecipe del dramma (o anche cinico, disinteressato allo stesso), un Matteo Oscar Giuggioli perennemente assonnato. Ho stirato uno? Vabbè, vado da nonna (Betty Pedrazzi, la strepitosa Baronessa dalla “super fessa” di È stata la mano di Dio, Paolo Sorrentino). Di più: la mia fidanzatina potrebbe essere incinta? Eh, vediamo. Magari domani le passa. Indolente fino al midollo, nulla può toccare l’atarassia di questo giovane disastroso. E ciò potrebbe pure funzionare: non è richiesto a nessun personaggio di essere gradevole per ottenere il patentino da protagonista.

Il punto è, però, che nemmeno la recitazione, perennemente bofonchiata come a farci un favore di malavoglia, pare accenderlo granché. Ecco, tale coinvolgente scelta interpretativa a sillabe masticate resta diffusa per tutta la durata della serie (o, almeno dei primi due episodi): inoltre, ogni dialogo è sommessamente bisbigliato. Come un solenne, perpetuo rosario. Siamo davanti alla tanto cara recitazione “in serpentese” che infesta pressoché ogni produzione italiana dai tempi di Elisa di Rivombrosa, almeno. Andrebbe fatto sapere, prima o dopo, che tale escamotage non conferisce fascino e sintomatico mistero, piuttosto fa rivalutare l’arte dei sottotitoli. Ma andiamo avanti così, facciamoci del male, continuiamo a leggerle le serie tv.

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Il vero legal drama, viene da pensare, è insistere nella patriottica trasposizione di opere già perfette per conto loro e che da tempo sussistono beate nella propria lingua madre (nonché opportunamente doppiate per noi). Ci son cascato di nuovo, direbbe Beato Lauro da San Marino. E tocca accodarci al Vate del Titano – oh sì – perché domenica 6 marzo, sempre su Rai 1, toccherà a Noi. Stiamo uniti. Ma qualcosa di buono, dopotutto, c’è. Vostro Onore, se non altro, ha il vantaggio di valere come ottimo teaser per Noi, la sciagura che, con ogni probabilità, verrà: propedeutico, porta avanti la pratica dell’assuefazione al rito del copia e incolla provinciale, a tutta quella maniera “molto italiana da parte nostra” di scrivere, dire e recitare che, ora come ora, purtroppo o per fortuna, ci fa dire: This is us.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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