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Vincenzo Malinconico, la consacrazione di Massimiliano Gallo

Il ruolo dell’avvocato di insuccesso proietta definitivamente Massimiliano Gallo tra i volti di riferimento della fiction italiana, ambito nel quale, attraverso tanti ruoli da comprimario, ha costruito nel corso degli anni il suo sodalizio con il pubblico.
A cura di Andrea Parrella
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Negli ultimi anni di fiction Rai abbiamo assistito a rinnovamento del patrimonio di personaggi di successo. Se un tempo i titoli di grande impatto sul pubblico potevano ridursi essenzialmente al binomio Montalbano-Don Matteo, campioni d'ascolti e riferimenti sovrastanti della tradizione seriale all'italiana, le stagioni che ci siamo appena messi alle spalle e quella in corso hanno concesso spazio ad alcuni nomi che sembrano destinati a lasciare il segno. Vincenzo Malinconico, il personaggio nato dalla penna di Diego De Silva e incarnato sul piccolo schermo da Massimiliano Gallo sembra destinato a inserirsi in questo "bestiario".

È forse presto per dirlo, ma lo spessore letterario che sorregge la serie Tv di Rai1 pare visibile ad occhio nudo, al pari della capacità interpretativa del suo protagonista. Sì, è vero, per ragioni di generalizzazione si corre spesso il rischio di elogiare i prodotti televisivi attraverso il meccanismo riduttivo dell'esaltazione di un solo nome, quando è chiaro che siano frutto di processi collettivi e alchimie difficili da intravedere. Quello di Massimiliano Gallo (qui la sua intervista a Fanpage.it) che arriva con il personaggio di Malinconico a coronare una carriera già eccellente, completando un percorso lungo e fatto di molti ruoli da comprimario, è tuttavia un percorso che merita di essere evidenziato.

Dal debutto al cinema con Salemme al ruolo di Valentino Gionta in Fortapàsc, il film che racconta la storia del giornalista Giancarlo Siani, passando per il Mine Vaganti al servizio di Ozpetek e i lavori con il regista Edoardo De Angelis, o ancora quelli con Garrone, Martone e Paolo Sorrentino in È stata la mano di Dio. Quelli elencati sono solo alcuni passaggi di un percorso cinematografico di quelli altisonanti, che non passano inosservati.

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Ma è attraverso la televisione che Massimiliano Gallo costruisce lentamente il suo sodalizio con il pubblico, prima legandosi a prodotti che lo identificano fortemente con le sue origini partenopee e che sono diventati simbolo di una stagione in cui la serialità televisiva italiana riusciva a vedere Napoli principalmente attraverso il filtro delle storie malavitose (pensiamo a Il Clan dei Camorristi, a suo modo un caso televisivo che nel 2013 fece molto discutere, oppure Per amore del mio popolo, ispirato alla vicenda di Don Peppe Diana); poi discostandosi a piccoli passi da quel paradigma con la partecipazione a prodotti come Volare, dedicato alla vita di Domenico Modugno e Una grande famiglia di Ivan Cotroneo.

Gallo sul set di "Vincenzo Malinconico, avvocato d'insuccesso"
Gallo sul set di "Vincenzo Malinconico, avvocato d'insuccesso"

Torna Napoli con Sirene e I Bastardi di Pizzofalcone, ma sembrano ruoli più centrati e riusciti, che valorizzano le sue capacità e lo proiettano verso Imma Tataranni – Sostituto procuratore, serie grazie alla quale, pur avendo ancora un ruolo da gregario al fianco della bravissima Vanessa Scalera, pare entrare definitivamente in connessione con il grande pubblico, ottenendo una riconoscibilità precisa.

Il ruolo di Vincenzo Malinconico, fiction partita con ottimi ascolti nelle prime puntate, assume i caratteri di un coronamento di una carriera, grazie a un personaggio nei cui panni Gallo pare molto a suo agio, anti-eroe qual è questo avvocato di insuccesso che si aggira per le strade di Salerno alla ricerca del tempo speso a cercare risposte giuste, date in ritardo e nel momento sbagliato. Scoraggiamento, avvilimento, abbattimento, leggerezza, tutto questo si fonde nel volto di Malinconico, che si chiama così non a caso, ha trovato in Massimiliano Gallo il suo corrispettivo in carne e ossa, anche se da guardare attraverso il filtro di uno schermo. "Ci mostra i nostri limiti", ha spiegato l'autore Diego De Silva, e forse funziona proprio per questo.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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