A sorpresa esce su Netflix Unica, il documentario di Ilary Blasi che racconta tutta la sua verità sulla separazione da Francesco Totti. L’estate 2022 è stata la più bollente di sempre per il gossip, quella in cui per giorni e mesi non abbiamo fatto altro che raccontare la fine di un amore che prometteva di essere eterno, almeno quanto il mito di Francesco Totti. A distanza di oltre un anno, si può dire che il racconto dei giornali sia stato puntuale (nella serie non c’è nessuna rivelazione inedita rispetto alla vicenda già nota), ma indubbiamente di parte, almeno fino a quando il sistema di protezione attorno all’ex Capitano non è crollato. Ilary aveva ragione, i giornali hanno fatto “una figura di mer*a”, ma soltanto perché non hanno ammesso sin da subito una verità che non era davanti agli occhi di tutti. “La stampa era contro di me”.
Unica è il racconto personalissimo di una donna ferita, è una chiacchierata tra amiche fra lacrime e confessioni, in cui è impossibile non stare dalla sua parte. È l’arma personale e vincente della conduttrice di negare le sue colpe e di riaffermarsi come d’ora in poi come “unica”, non più come metà di una storia che appartiene al passato, come una vecchio abito nascosto in soppalco.
Ilary ci apre le porte di un loft, uno studio, uno spazio con i riflettori puntati che sembra segretamente ricavato per custodire le sue confessioni private. È un’occasione esclusiva a cui siamo chiamati ad assistere. Gambe incrociate su una poltrona da psicanalisi, la conduttrice si lascia andare ad un racconto che ricorda in parte quello dei Ferragnez nella docuserie per Amazon. Ha la validità di una seduta di terapia, ma il grado di confidenza di un caffè in poltrona tra amiche. Ci fa leggere chat, ascoltare vocali e si spinge a confessioni piuttosto intime: “Facevamo sesso regolarmente, forse anche più di una coppia che sta insieme da 20 anni”.
Dai primi segnali di insicurezza di Francesco Totti ad una gelosia ingiustificata e apparentemente inspiegabile, dai primi sospetti alle bugie, fino al crollo. Il tracciato della vicenda è molto chiaro e lineare: quello che ci racconta Ilary è il più classico dei cliché sul tradimento. “Un Re in esilio a soli 40 anni” i cui bisogni sono inascoltati, lasciato in un angolo dall’inaspettato successo della sua donna, forse troppo impegnata per comprenderlo e a lenirlo con le cure che merita. “Se mi ami smetti di lavorare, cancella i tuoi profili social e smetti di frequentare certe amicizie”, è il culmine di una richiesta di attenzioni che ha perso ogni grado di lucidità.
Ilary scoppia spesso in lacrime, facendo leva su un’emotività alla quale raramente ci ha abituati, ma senza mai scomporsi. Ha un’integrità da difendere e un’identità forte che passa soprattutto per l’auto ironia, un’arma validissima che ci disorienta completamente.
Lei è la stessa di sempre in tutti i suoi contrasti: personaggio pubblico abituata agli eccessi, ma al tempo stesso ragazza di borgata. Le vicende che racconta sono rocambolesche. Si apposta in macchina davanti a casa di Noemi Bocchi nel tentativo di incastrare il marito, ma sbatte contro un albero nella fretta di scappare. Ingaggia un investigatore privato tra i più affidabili di Milano, ma alla fine anche lui riesce a farsi scoprire dalle sentinelle del marito.
L’episodio dei Rolex è senza dubbio l’apice del racconto tragicomico. Ormai sul finale, il docu si trasforma in un ingaggiante thriller di coppia, con spie, appostamenti, ricatti e missioni segrete tra le mura di casa. “Non solo migno**a, pure ladra”, ironizza Ilary sulle accuse del marito. Simpatizziamo con lui nel goffo tentativo di nascondere le borse nel soppalco, ma poi tifiamo per lei che mette a soqquadro la villa per trovarle. Per un attimo Francesco e Ilary sono di nuovo vicini, di nuovo complici pur essendo nemici. Per un attimo li amiamo ancora e quasi speriamo in un lieto fine.
Da Ilary però non arriva mai la minima ammissione di colpa e alla fine ci lascia con l’amaro resoconto di un uomo che si è rivelato totalmente incapace di gestire una crisi matrimoniale. “Mi aspettavo un uomo maturo che si sedesse davanti a me si prendesse le sue responsabilità”. La difesa di Totti? Un’intervista rilasciata ancora troppo a caldo con dichiarazioni che già ora, forse, sarebbe disposto a ritrattare. Ilary ha scelto 80 minuti di docufilm e una sceneggiatura impeccabile e lucidissima scritta un anno dopo. D’altronde questa è la sua rivincita e, una volta presa e messa in borsetta, gira i tacchi anche a noi e continua per la sua strada.