Siamo alla follia. Perché tale è la decisione del tribunale di Taranto di sospendere la pubblicazione della serie Avetrana – Qui non è Hollywood, ispirata ai drammatici fatti che sconvolsero l'Italia nell'estate del 2010: l'omicidio di Sarah Scazzi. Una follia. Avrebbe dovuto debuttare, dopo l'anteprima alla Festa del Cinema di Roma, il 25 ottobre sulla piattaforma Disney+, ma un giudice ha deciso di accogliere la richiesta del sindaco della cittadina pugliese, Antonio Iazzi.
Perché il sindaco ha presentato un esposto ed ha vinto? Perché è preoccupato che l'associazione tra la serie e il delitto porterebbe l'opinione pubblica a pensare di Avetrana come di una realtà "criminogena, retrograda e omertosa". Ma la serie, diretta da Pippo Mezzapesa, avrebbe invece dato la spinta a riflettere non su Avetrana in quanto città "criminogena", città "omertosa", ma avrebbe suggerito spunti sulla nostra società. Su come è cambiata. E, soprattutto, su come NON è cambiata. Ricordiamo benissimo tutta la pornografia del dolore a cui siamo stati costretti in quei giorni drammatici. E un sindaco si permette di fermare tutto questo? E Gomorra, allora? Che doveva fare la comunità di Secondigliano con Gomorra? E Mare Fuori? E I Soprano? Anche in New Jersey andava bloccata una serie capolavoro come I Soprano?
Un'opportunità sprecata
La comunità avetranese, col sindaco in testa, invece di fuggire a gambe levate dalla propria storia, dovrebbe abbracciarla, affrontarla e cercare di trasformarla in un nuovo inizio. Lasciando alla serie, e agli abbonati Disney+ che aspettavano un prodotto per il quale hanno pagato, il proprio spazio. Alla luce di nuove sensibilità, la serie può sicuramente mettere in luce la vicenda da nuovi punti di vista, contribuendo a un dibattito del quale il sindaco ha dimostrato di avere paura. Così si relega Avetrana al suo destino di minuscolo paese, invisibile sulla cartina, conosciuto da tutti se non altro per il delitto che lui cerca di oscurare. Come un Jorge di Burgos, ma con meno carisma.