Ieri sera è terminata la prima stagione di "Vincenzo Malinconico, avvocato d'insuccesso" e ci ha lasciato con un finale completo, ma di certo apertissimo sul piano sentimentale al punto che lo stesso regista Alessandro Angelini a Fanpage.it, intervistato da Ilaria Costabile, ha lasciato intendere che, sì, c'è ancora tanto da raccontare. Gli ostacoli da superare sono ancora tanti, ma tra quelli che il nostro avvocato – animato da un Massimiliano Gallo in stato di grazia – è riuscito alla fine a superare brillantemente è in riferimento al rapporto con i suoi figli.
Non ci vuole niente a diventare un padre, ma è assai difficile esserlo. La paternità è il conflitto più interessante che un uomo possa trovare sulla propria strada. Perché, per fare in modo che un rapporto funzioni davvero, tocca guardare ai figli con gli occhi del mondo e non con i propri. E Vincenzo Malinconico, di per sé, è già un padre che compie uno sforzo straordinario rispetto alla media perché di figli naturali ne ha soltanto uno, Alf (Francesco Cavallo). Alagia (Chiara Celotto) è invece la prima figlia della sua ex moglie, che lui ha riconosciuto da subito, senza ripensamenti, anzi rivendicandolo con orgoglio.
Ma uno sforzo ulteriore, Malinconico dovrà pur farlo mettendo mano ai suoi tabù per infrangerli. Nella prima puntata, è ancora un uomo che guarda i suoi figli secondo il suo metro di giudizio: Alf, il figlio che sogna di fare il regista, è apertamente fluido. Si innamora degli uomini, come delle donne. Quando Malinconico lo capisce, non sa come affrontare l'argomento. E finisce per non affrontarlo.
Il superamento del conflitto avviene attraverso una digressione delle sue, mentre è al cinema proprio con suo figlio a vedere un film coreano senza dialoghi:
Potrei prendere l'argomento e dirgli, non so: "Alf sappi che ti vorrò sempre bene perché sei mio figlio". E lui mi dirà: "ma che stai dicendo?". E io gli dirò: "ma non penserai che io voglia affrontare il problema della tua omosessualità?". E lui mi dirà: "e perchè l'omosessualità dovrebbe essere il problema? E io dirò: "ma infatti non lo è". E lui dirà: "e allora perché né stiamo parlando?". E io dirò: "non stiamo parlando dell'omosessualità in generale, ma della tua". E lui dirà: "quindi l'omosessualità in generale non sarebbe un problema, ma lo diventerebbe se io fossi omosessuale". E io dirò: "ma sì, ma no, ma che stai dicendo". E lui dirà: "allora per te non è un problema se io sono omosessuale". E io dirò: "no". E avrò parlato a vanvera.
Nell'ultima puntata della prima stagione, Vincenzo Malinconico riesce a superare anche un altro tabù. Quello del matrimonio di sua figlia Alagia, che lui considera prematuro e che ammetterebbe solo se fosse incinta. Il colpo di scena è che Alagia è anche incinta, ma lei – interpretata da una bravissima Chiara Celotto – ammette candidamente di volersi sposare a prescindere.
Malinconico: Se ti aspetti una reazione del padre geloso che ti dica non lo fare, è una cazzata, ti sbagli di grosso. Non potevi pensarci un po'? È una cazzata, non lo fare. Trovami una ragione valida per fare questa cosa e non mi dire che sei innamorata, perché non è una valida ragione. Le ragazze, alla tua età, fanno questa cosa quando sono incinte.
Alagia: E infatti sono incinta, ma mi sposo a prescindere.
Malinconico: Stai scherzando?
Alagia: No.
Malinconico: Come, no?
Alagia: Ma perché non sei contento?
Malinconico: È vero?
Alagia: Che c'è di sbagliato nel "a prescindere"?
Malinconico (in digressione): E non lo so, davvero. Ma l'unica cosa che mi viene in mente in questo momento è che: mi sento vecchio.
Esistono padri e figli – e qui parla l'esperienza personale – che sono campioni del mondo nel trovare i momenti meno opportuni per provare a parlarsi. Le ragioni sono culturali, certo, e da quando non esiste più il padre "che porta a casa il pane", la paternità si è finalmente riscoperto un affare emotivo. Vincenzo Malinconico è un esempio abbastanza calzante del tempo in cui viviamo: un figlio cresciuto da un padre che porta il pane a casa, diventato padre in un mondo che ha finalmente compreso che essere padri vuol dire sentirsi pienamente coinvolti nel processo di crescita dei propri figli.