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Opinioni

Più forti del destino gioca col fuoco del trash ma non si brucia

La nuova fiction di Canale 5, remake della francese Le Bazar de la Charité, convince all’esordio: il cast d’eccezione supporta una trama forte che si concede la tentazione del trash senza rimanerne incenerita. Avvisate nonna.
A cura di Grazia Sambruna
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Uno poi non è che si aspetti Black Mirror. Quando Mediaset piazza in palinsesto una nuova fiction, il massimo a cui il telespettatore medio sotto i 60 anni aspira è che possa favorire materiale sufficiente per fantastici meme da viralizzare. In genere, l’ammiraglia del Biscione assolve tacitamente tale compito. Spesso perfino dal titolo, come fu nel caso di Svegliati amore mio (che mamma non ce la fa) con Sabrina Ferilli. Quindi, questo e niente altro era ciò che ci si aspettava dalla nuova Più forti del Destino, la cui prima puntata è stata lanciata nel primetime di Canale 5 mercoledì 9 marzo. E invece ci siamo trovati davanti a un capolavoro? No, non ci siamo trovati davanti a un capolavoro. Ci sorprendiamo però a dire, non senza stupore, che siamo incappati in un progetto a fuoco. E non solo perché la trama prende la mosse da un devastante incendio. Vediamo come mai potrebbe valer la pena di dare un occhio a questa produzione Mediaset. O comunque per quali ragioni sia il caso si avvisare nonna e prozia della sua esistenza.

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Un tempo qui all’ombra del Biscione era tutto Ares, la casa di produzione che è stata sicuramente un caso unico nel panorama dello spettacolo italiano. Questo non significa che abbia comportato cose belle, naturalmente. Dal 2001 al 2018 la Ares ha goduto di un quasi esclusivo monopolio regalando al pubblico di Canale 5 titoli dagli sviluppi fotoromanzeschi con un cast che, purtroppo, oltre alla fisicità, di marmoreo aveva anche il recitativo eloquio. Partita col cult Il bello delle donne, ossia lanciando Gabriel Garko sul piccolo schermo ma con l’accortezza di doppiarlo, la società gestita dallo sceneggiatore Teodosio Losito e soprattutto dall’ex attore Alberto Tarallo, ha livellato verso l’abisso lo standard delle fiction italiane regalando al palato molle delle italiote massaie prodotti seriali come Il peccato e la vergogna, L’Onore e il rispetto, Furore e quella “disonorata” di Pupetta. Connivente al reato di continuare a far recitare Manuela Arcuri post Carabinieri, la Ares ha chiuso i battenti nel 2018 e solo due anni più tardi si è ritrovata protagonista dell’Ares Gate, l’unica storia che tra orientamenti sessuali taciuti, finte love story, un suicidio (di Losito) e confessioni choc da parte di chi ci aveva pur lavorato, varrebbe bene una fiction. O ancor meglio, una docu-serie Netflix. Ma quei tempi, dicevamo, sono finiti. Per quanto la color apparizione mariana style, sciaguratamente, sia rimasta tale e quale.

Nel post-apocalittico vuoto lasciato da Ares, ecco intervenire Fabula Pictures che ha la sua forza nella diversificazione: ha prodotto, infatti, Zero e Baby (3 stagioni) per Netflix e nulla di cui potersi davvero vantare, il film Un’Avventura con Laura Chiatti e Michele Riondino che cantano tutto il repertorio di Lucio Battisti (praticamente, l’Across the universe de noantri) accolto da sonore pernacchie e, per Mediaset, la già citata Svegliati amore mio. Oggi, invece, la Fabula,  mentre si assicura di lasciare Manuela Arcuri dove si trova, ovvero a smarchettare indefessamente aziende di tubature via storie Instagram, ci propone questa Più forti del Destino, una fiction in costume che nasce come remake dell’originale francese Le Bazar de la Charité (disponibile su Netflix da qualche annetto senza che nessuno ci avesse mai fatto troppo caso – per fortuna).

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Se i promo facevano subito Elisa di Rivombrosa, seguendola si scopre di essere davanti a qualcosa di diverso. Questa fiction in costume ambientata nella Palermo del 1897, pur essendo stata girata in Puglia, prima di tutto ha una trama. No no, non è qualcosa da dare per scontato. Soprattutto perché stiamo parlando di una trama tentacolare, ovvero provvista di tante piccole storyline, lasciate in cliffhanger al termine dei 50 primissimi minuti d’esordio: era davvero da tanto tempo che, quantomeno su Mediaset, non si vedevano così tanti inneschi in una sola puntata. E la parte migliore è che tutte queste storyline nell’originale francese non c’erano. O meglio, c’erano ma appena accennate, buttate lì, tanto si capisce poi. Il lavoro di adattamento, quindi, è andato oltre al mero copiaeincolla, ridando vita a situazioni e personaggi che senza il nostro patriottico intervento sarebbero rimasti in 2D.

Questo per molte ragioni: una volta che si arriva alla scena dell’incendio, episodio da cui prendono avvio tutti i vari snodi della trama, sappiamo già parecchio dei protagonisti che ne vengono, in maggior o minor misura, travolti. Ad aiutare, e molto, sono per esempio i dialoghi recitati (pur benino) fin lì che, riadattati quando non riscritti proprio da zero, danno vitalità e moventi a tutti gli attori principali, comparse comprese. È chiaro fin da subito, quindi, che quelle fiamme segneranno la rovina per qualcuno e una insperata possibilità di catarsi per altri. Si fa in tempo, pure, a empatizzare, a chiedersi: “E adesso?”. Non dovremmo stupircene, certo, ma l’amara verità è che non capita poi così spesso avere di queste reazioni davanti a una fiction italiana.

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Più forti del destino è una storia al femminile, di forza e di avversità. Come se il messaggio di Girl Power delle Spice Girls fosse arrivato ai giorni nostri, traslitterato dagli hashtag Instagram su femminismo e parità. Concetti chiaramente troppo progressisti per la fine dell’Ottocento, ma qui narrati nel modo in cui le affezionate comari fedelissime al quinto canale si aspetterebbero di vederli raccontati, ovvero in un linguaggio che possano comprendere. Insieme a costumi d’epoca niente male. Il fatto poi che gli attori scelti, da Giulia Bevilacqua a Sergio Rubini passando per una Loretta Goggi inaspettatamente credibile nella totale crudeltà del suo personaggio, recitino con cura le battute che gli son toccate in sorte è, a tratti, commovente.

La fiction, poi, oltre a farci passare qualche ora in compagnia di intrighi, riscatti e “la” fu Mattia Pascal, ricorda una semplice verità: gli uomini sono sempre stati stronzi. E le donne non sono da meno (soprattutto, tra di loro). Un colpo al cerchio, uno alla botte e soprattutto un gancio sul grugno alle solite fiction italiane che infestano i nostri palinsesti solo perché qualcosa lì, nel primetime, andava pur messo. Ciò detto nella speranza che, presto o tardi, potremo goderci il lusso di non stupirci più davanti a una produzione televisiva italiana che abbia senso di esistere, al di fuori dei meme.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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