Se dovessimo elencare i motivi per cui la serie “Non ho mai…” , dall'8 giugno disponibile su Netflix, sia diventata un successo, potremmo stare qui più di qualche minuto, perché, davvero, è uno dei titoli che riesce ancora a salvare la piattaforma streaming più importante del mondo, grazie ad un mix di sagacia, divertimento, ma anche una sottilissima profondità.
L’errore che molti commettono è quello di ritenere le serie teen dei prodotti leggeri, rivolti esclusivamente ad una sola fascia di pubblico, quando in realtà non è affatto così, anche per un assunto molto semplice: leggerezza non è sinonimo di superficialità.
In una serie come Non ho mai, arrivata alla sua quarta e, ahinoi, ultima stagione si avverte perfettamente quella necessità di toccare tanti aspetti del vissuto di un individuo in un’età altalenante come l’adolescenza, in cui ogni giorno si è alla ricerca del proprio equilibrio, di quella identità che ci differenzia dagli altri, ma non troppo, per paura di essere esclusi. Quell’età in cui nella lunga lista delle cose da spuntare ci sono esperienze che cambiano, per sempre, il modo di vedere il mondo.
Quello di Devi Vishwakumar, interpretata da una incredibilmente brava Maitreyi Ramakrishnan, è stato un cammino verso l’accettazione delle sue fragilità, dei suoi modi di fare stravaganti “Non a caso mi chiamano Devi la pazza, no?”, verso l’accoglienza delle sue scelte impulsive e disastrose. Ma quello di Devi, innanzitutto, è stato un viaggio verso la ricerca di sé e di quella spinta, necessaria, per conquistare i suoi sogni.
L’aspetto corale della serie, dove ritroviamo non solo Devi, ma anche Eleonor, Fabiola, Ben, Paxton e gli altri protagonisti, pronti ad affrontare il loro ultimo anno al liceo di Sherman Oaks, rende perfettamente la pluralità di emozioni che, in maniera diversa, meno confusionale, alle volte meno potente, tutti noi abbiamo vissuto e continuiamo a vivere.
L’amore, le relazioni, la scoperta del sesso, la paura della delusione, la rincorsa verso al college, il ghosting, il sentimento di rivalsa, ma anche di estremo spaesamento nei confronti di un mondo che non è come ci aspettiamo, caratterizza gli episodi di questa quarta stagione.
Devi, come i suoi compagni, è maturata e lo dimostra nelle sue scelte. Accetta la “scomparsa” di Ben, dopo aver vissuto con lui la sua prima volta, accoglie pur con sofferenza, l’idea che lui possa essere innamorato di un’altra, anche se ha sempre saputo di provare dei sentimenti per colui da sempre è stato la sua nemesi. Inizia a leggersi dentro e a far prevalere non più quell’istinto capriccioso (anche quando le rubano l'agognato posto a Princeton), ma la razionalità di riconoscere quando è giusto lasciare spazio anche ai desideri degli altri e al loro modo di vivere nel mondo.
Non c'è riuscita da sola, ovviamente, il supporto della sua strampalata famiglia indiana e di una psicologa, che le ha insegnato ad ascoltarsi, le hanno permesso di aprire la porta ad una nuova consapevolezza di sé.
A condire il tutto c’è un umorismo, così lampante, che è difficile non cedervi. Si ride e anche tanto, guardando Non ho mai, si ride per i plot twist che mettono a dura prova l’asticella del nostro pudore, si ride per le battute sarcastiche, per le espressioni di Devi, per la spensieratezza che disperde l’adolescenza, si ride per la voce di John McEnroe nel commentare tutti gli episodi, una voce narrante che quasi stona col contesto, ma stranamente ci sta a pennello.
Alla fine dei dieci episodi, che si chiudono con un happy ending che, stavolta, è davvero happy e non apre a possibili disavventure, si avverte una sensazione di malinconia, come quando si deve lasciare andare qualcosa che per noi è stato piacevole, ma il cui tempo è destinato a finire.
La quarta stagione di Non ho mai, consacra il genio di Mindy Kaling e Lang Fisher, capaci di raccontare le varie sfumature dell'adolescenza in maniera scanzonata, e confermandoci ancora una volte che, forse, il motivo per cui le serie dedicate agli adolescenti ci piacciono così tanto è perché, in fin dei conti, ci infondono la speranza che tutto sia ancora possibile, che i sogni non sono poi così irraggiungibili e ci insegnano che, alla fine, non abbiamo mai smesso di crescere davvero.