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Non c’entra Mare Fuori se un sedicenne ha ucciso Giovanbattista Cutolo

Dopo la storia di Caivano e l’omicidio di Giovanni Battista Cutolo ritorna l’attacco a film e serie tv che raccontano il fenomeno della criminalità come Gomorra e Mare Fuori. Ma non esistono prodotti che fanno da modello culturale sbagliato per la società. Esistono storie scritte male e storie scritte bene.
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Una volta era Gomorra, adesso è Mare Fuori. Al centro c'è ancora una volta Napoli come teatro di un fatto di sangue che ha sconvolto le coscienze. La morte di Giovanni Battista Cutolo, talento dell'Orchestra Scarlatti Young, assassinato per un motorino parcheggiato male da un ragazzo di 16 anni già noto alle forze dell'ordine per precedenti di truffa e tentato omicidio, ha ripescato il vecchio refrain che se certe cose succedono, è perché vengono magnificate all'interno dei prodotti audiovisivi. Il punto è che se un ragazzino di 16 anni esce con una pistola e con la contezza di poter uccidere, non può essere colpa di una serie tv. Sarebbe la soluzione più alla portata per trovare sollievo da tutto questo dolore e da tutta questa violenza.

La narrativa, così come la fiction, le storie criminali come le vediamo rappresentate, hanno la funzione di mostrarci l'irrazionale. Il male esibito, il suo risultato. Il suo fascino, certamente. Ma già qui, proprio su questo giornale, ci siamo chiesti più volte se un episodio di Gomorra – ma vale anche per Mare Fuori, per Breaking Bad o la trilogia del Padrino, fa lo stesso – possa davvero diventare una palestra per chi ha intenzione di ammazzare qualcuno, di fare una vita criminale. Io invito anche il più critico a spingersi nell'esercizio contrario: voi conoscete qualche storia edificante che è riuscita a trasformare la società in meglio? No. Perché la società reale è cosa assai più complessa di come ce la raccontiamo. I casi come quelli del Parco Verde esistono forse perché a Caivano hanno tutti visto Sleepers o Mystic River? Direi di no. Però la scrittura – un libro, una serie tv, un film, un documentario – aiuta a catturare tutti quegli spaccati di realtà. Prova a raccontarcela e, in alcuni casi, a trasformarla.

Foucault ci ha sempre detto che per capire veramente come funzionano le persone, e quindi il mondo, tocca andare negli ospedali – dove i medici sono spesso in trincea, a difendersi da pazienti e familiari che sfogano contro di loro ogni frustrazione, pretendono cure immediate e certe manco si stessero rivolgendo a degli stregoni; nelle carceri – dove le vite di tutti si intrecciano, fino a non riuscire più a stabilire con chiarezza dove comincia il bene e dove il male; nelle caserme – dove la concezione del potere, attraverso la disciplina, forma una propria rappresentazione della società. L'esibizione di questa concezione del potere, dal punto di vista di Foucault, è uguale per tutti: per un magistrato come per un sedicenne con una pistola tra le mani. Dove voglio arrivare? Tocca lavorare sulla società. Non sulle serie televisive. Non esistono serie violente che fanno da modello culturale sbagliato. Esistono solo storie scritte male e storie scritte bene. Nei casi dove manca una cornice familiare forte, certe narrazioni rischiano di essere assorbite in maniera sbagliata. Ma è fallace addossare le responsabilità a prodotti di finzione.

In Campania abbiamo quartieri che toccano il più alto tasso di dispersione scolastica in Italia. A Secondigliano, dove nasco e vivo, non abbiamo librerie. Ci sono rioni che non hanno neanche le edicole. È la scuola che rende i ragazzi umani e non bestie. Il padre di Giovanni Battista Cutolo a Fanpage.it ha detto una frase che mi ha stroncato: "L'azione sul territorio con i laboratori, il teatro, le orchestre, ha sicuramente una valenza, ma se non si tolgono i figli alla malavita, se tu non togli questa parte marcia, è tutta fuffa, tutta retorica che serve per arricchire chi organizza le cose, perché è la famiglia che crea i simboli, i modelli, e che decide di non mandare i figli a scuola, laddove la scuola è l'unico mezzo per creare le persone civili, punto". Gomorra e Mare Fuori non c'entrano.

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Gennaro Marco Duello (1983) è un giornalista professionista. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Lavora a Fanpage.it dal 2011. Ha esordito nella narrativa nel 2022 con il romanzo Un male purissimo (Rogiosi). California Milk Bar - La voragine di Secondigliano (Rogiosi, 2023) è il suo secondo romanzo.
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